Final Four di Eurolega, l’Olimpia Milano 28 anni dopo

Il punto sulla pallacanestro e sullo sport italiani prima del fine settimana di di Eurolega: l'occasione di D'Antoni, l'addio a Burgnich, lo spirito della Pigni e di Rondelli, il dramma di Conte e Donnarumma, l'eredità di Djordjevic e l'impresa da fare a Colonia...

26 Maggio 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni nella stiva bagagli del volo immaginario che ci porta al di là della frontiera fra i piangina e chi piange davvero, fra chi ti fa pagare uno spritz anche dieci euro senza una patatina come sostegno, e quelli che lavorano sul serio per aiutare la gente nel caos pandemico. Un volo che dura poco verso la Renania Palatinato, ma fa tappa a Treviri per rendere omaggio a Karl Marx e Sant’Ambrogio, prima di farsi raccontare da un amico come l’italiano Giovanni Maria Farina abbia inventato l’acqua di Colonia nella città del più bel carnevale d’Europa, se dici mondo i brasiliani che digeriscono Bolsonaro ti saltano addosso.

Prima di fingersi bagaglio appresso e compresso sul charter privato dell’Armani basket che torna in una finale  di eurolega, da cui era esclusa dall’altro secolo, era il 1992 e Mike D‘Antoni allenatore, dopo aver eliminato il Barcellona, si trovò imprigionato da Obradovic e dal Partizan di Djordjevic e Danilovic che poi vinse anche il titolo, prima di questo sogno fantasioso, dicevamo, una preghiera al pretorio romano di Colonia per ricordare Tarcisio Burgnich, l’unico interista, insieme a Facchetti, per cui accettavamo la scomunica in una casa milanista dove la sconfitta nel derby portava digiuno. Grande giocatore, bella persona, allenatore che sapeva insegnare.

Colonia, Germania. Allora perché non coinvolgere il bidello della scuola tedesca milanese dove studiava  Paola Pigni, la nostra grande pasionaria del mezzofondo, una che non si fermava davvero davanti ad un deficiente se questo tentava di farla allontanare dall’allenamento insieme ai maschi?  Cercando il suo banco le abbiamo mandato un messaggio: giorni fa, come ci ha raccontato Fabio Monti, collega di qualità, amico, badante in giorni grami, figlio di Carlino, velocista con medaglia olimpica nella staffetta 4×100 ai Giochi Londra, Missoni finalista dei quattro acca e Rosita, Rubini oro della pallanuoto, mentre passava dall’Arena (ricordi Paola le Notturne gloriose  dei primati?) ha sentito un urlo.

Quasi solo, sui gradoni, Giorgio Rondelli che urlava e inseguiva una giovane siepista con  le stesse acrobazie che rendevano mitico il maestro Venini. Passione, rischio, fede, vocazione per l’ insegnamento. Lo stesso Rondelli che inseguiva dalla Montagnetta a Los Angeles Cova, Panetta, che portava Erba ai record mondiali giovanili, l’allenatore di mezzofondo di una Pro Patria che Mastropasqua aveva innalzato oltre le cancellate napoleoniche. Non ci ha colpito scoprire che certe passioni restano per sempre, stupisce che non lo sappiano i governanti dello sport. Forse è questo che la nuova giunta Coni dovrebbe  ritrovare. Senza aspettarsi aiuti da chi non fa una piega se quelli del nuoto, dopo uno straordinario europeo, si rifiutano di parlare con chi considera le piscine più pericolose di un centro commerciale.

Già, la passione, la ricerca dei talenti, i giorni passati a convincere genitori disperati senza l’apericena, che una piscina, una palestra, una pista di atletica possono garantire ai loro figli una vita dove, se incontri chi droga il bracciante per farlo rendere di più nella raccolta frutta, pomodori a 2 euro all’ora, lo insegui e lo fai arrestare. Figurarsi se non reagirebbero davanti  a chi finge di non sapere cosa accade se vieni licenziato, se devi pagare per un visto, se non ti difenderebbero quando resti solo ed indifferente per il dramma esistenziale che porterà Conte lontano dall’Inter e Donnarumma lontano dai pali del Milan dove, intanto, in una settimana, Maldini e Pioli, accusati di tutto aspettando la partita con l’Atalanta, sono tornati sull’altare con il pass di Champions.

Con questi pensieri in testa eccoci al coito interrotto dei playoff nel basket arrivati alle semifinali. Milano finalmente con la corazza europea sul due a zero con Venezia. La Virtus Bologna, finalmente purificata nella mente dal Sale Djordjevic che non poteva essere quello della pazzerella Vu nera che fa innervosire, sul due a zero con Brindisi. Milano non è una sorpresa, la Virtus sì. Ma chi insegue è da tempo iscritto alla scuola stoica dello sport: non è finita fino a che non è finita. Lo sanno all’Armani, lo sa il Zanetti Segafredo che da giovane batteva a tennis Barazzutti, ma che da grande ha visto l’altro diventare campione nello sport, mentre lui lo diventava nel lavoro. Ora proprio Zanetti ha ragione a lamentarsi dei suoi pazzerelli, ma dovrà anche riconoscere che Djordjevic, se davvero ci sarà divorzio alla fine, gli lascerà qualcosa di più di una buona squadra.

Ci avesse pensato nella semifinale col Kazan, che comunque ora sfiderà il CSKA nella terra del freddo, quando i moscoviti torneranno dalle finali di Colonia, sperando di aver battuto, ma non sarà facile, l’Efes e, poi, magari, in finale Barcellona o Milano, fosse stato così determinato in coppa come lo è stato a Brindisi: in panca i pifferai che pensano soltanto alle statistiche personali. Dentro chi ha voglia di battersi. Gli lascerà un Pajola a livello altissimo, un Abass che forse ha capito l’essenza di un gioco dove non basta tirare, ma si deve correre e difendere davvero, un Ricci matematico anche nel cercare i propri limiti e mascherare i difetti che certo non mancano. Non è poco se poi convinci Teodosic e Belinelli che oltre la fantasia, lo spettacolo, serve pure il pane da portare a casa. Artisti che fanno sognare se capiscono.

Aspettando i verdetti italiani eccoci allora ritornati nel carnevale di Colonia. Forza Armani e non perché rappresenterai la scuola italiana, ma perché difenderai il basket nazionale come grande società che ritrova una finale da dove mancavamo ormai da 10 anni, dai giorni di Siena e dei suoi splendori, dei suoi peccati così simili a quelli di molti altri in Europa e, ovviamente, in Italia. Battere il Barcellona sarà davvero difficile, come digerire il fatto che non ci sarà diretta televisiva aprendo già adesso un contenzioso con chi ha i diritti, sapendo che SKY, dopo aver perduto il balun, vorrebbe farci credere che il nostro abbonamento, mai disdetto, anche se ci avevano tolto il motivo per cui era stato fatto, ora verrà arricchito dalla loro sensibilità “sportiva” fra scimmie urlatrici.

Una bella cosa sapere che il basket può interessare, così come ci dà sollievo sentire l’atletica raccontata da Roggero e Baldini. Momenti di riconciliazione come quelli che trovi leggendo i “ 50 ritratti del basket”  scritto insieme, per  i tipi di Centauria, dal Dan Peterson che non dorme mai e piglia tutti i pesci con il suo stile e l’Umberto Zapelloni, fratello in armi al Giornale, vicedirettore della Gazzetta, fatto fuori da chi sfruttando l’ambiguità del ruolo ora si vanterà di essere più digitale che cartaceo, dando la colpa delle vendite non esaltanti alle edicole che chiudono,  furente con chi si chiede di quale Sport parlano nella testata, loro che una finale scudetto di pallanuoto la considerano una breve in confronto al dilemma Balotelli in B, indignati come quelli che Juric, giustamente, ha mandato a quel paese, sapendo che sarà perseguitato per sempre.

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