Dopo Belinelli e dopo Sacchetti

Il punto sulla pallacanestro italiana, fra gli assenti nella Nazionale di Sacchetti e la fine dell'era Djordjevic alla Virtus Bologna

16 Giugno 2021 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’isola degli sdentati per una intervista al pescatore sputato dalla megattera, con la curiosità di sapere se Pinocchio, più di Giona, gli ha svelato il segreto  dei presidenti che vedono oltre. Allenatore alla griglia e  il successo è quasi assicurato. A Bologna, nell’angolo degli stupidi, sapevano tutti che Djordjevic, dopo essersi scontrato con il padrone e la sua corte, sarebbe stato messo alla porta. Fischiato, pensavano loro, che già dopo l’eliminazione contro il Kazan, con eurolega perduta, avevano la stessa faccia delle presidentesse che si preparavano a divorziare da Al Pacino in Ogni maledetta domenica, o, addirittura, cambiare città se i “ brocchi” ingaggiati per questo avessero perduto in quel film sulla Squadra più scassata della Lega.

I contatti con Scariolo, una storia importante con la Nazionale spagnola, una storia vera di allenatore capace, iniziarono già a dicembre. Diciamo che si chiama tattica della preveggenza. È successo spesso. Nel calcio con Bearzot e Lippi, Sarri alla Juventus, anche se adesso come dice Sconcerti tutto questo entusiasmo per Mancini sembra un po’ vigliacco. Forse lo stesso Conte aveva capito che all’Inter lo preferivano oltre la siepe dei loro problemi mesi prima dello scudetto sicuro. Lui, però, rispetto a Djordjevic, se ne è andato con una bella buonuscita. Ad altri non è capitato perché, come dice Markovic, capo dei gladiatori di Sasha alla Virtus, sulla porta ‘uscita come il genio Teodosic, non ci sono emozioni quando si parla di soldi. 

L’allenatore sostituito a metà del viaggio è una strada banale. I veri padroni del sistema sono quelli che trovano il successo con il generale che alla fine fucileranno volentieri. Il basket lo ha imparato da tempo e per questo con il presidente Petrucci, che sembra vedere oltre, non ci sentiamo di sostenere che il basket italiano sarà rappresentato alle Olimpiadi soltanto dalle ragazze del tre contro tre. Lui che ha scoperto prima di altri quanto sia difficile fare il sindaco, magari soltanto al Circeo, avrà certo letto le storie di questa pallacanestro italiana. Peterson che riporta il titolo alla Virtus Bologna, ma, per il bene dello sport che cercava di emancipare, l’avvocato Porelli lo offrì al Bogoncelli appena battuto al tavolo del bridge: “Il basket ha bisogno che Milano abbia sempre una grande  squadra e un grande allenatore”. Fu così.

Nella storia sportiva uno di quelli che chiudeva sempre in grande, sapendo di doversene andare, è stato ad esempio Boscia Tanjevic: accadde con Stefanel a Milano, gli capitò in Turchia, ne ha viste di ogni tipo con la Nazionale, come del resto Gamba che era già sostituito e regalò al basket, dopo argento olimpico, oro europeo, un bronzo continentale con una squadra dove mancavano tantissimi. Più o meno come Azzurra mille colori che andrà a Belgrado se dopo Belinelli e Datome dovesse rinunciare pure Danilo Gallinari che, contrariamente agli altri due, non ha chi lo possa sostituire come 3, magari come 4, forse anche 2 e, a addirittura 5, cioè ala, piccola o forte non conta, guardia, pivot.

Noi ingenui che non avevamo capito di avere nel basket un presidente veggente quando lo attaccammo perché dalle cucine del palazzo i suoi camerieri avevano fatto sapere a tutti che Messina sarebbe stato il dopo Sacchetti e, tanto per chiarire,  ci sarebbero stati nuovi tutori per il capo allenatore. Bravissimi, sia chiaro, ma come dice la chiromante azera la miglior sfera di cristallo per leggere il futuro è sapere cosa farai oggi. Ora, mentre la stessa Serbia vede i suoi migliori talenti girare al largo dal megafono nazionalista, cominciando da Jokic, MVP della NBA, continuando con Bogdanovic, noi speriamo che la gioventù di Azzurra, da Mannion a Tonut, da Pajola a Gaspardo, faccia “o miracolo”. Dopo sapremo come sdebitarci con il presidente federale veggente, soprattutto se offrirà una cena in zona Brera al Djordjevic che certo gli ha preparato al meglio i candidati alla maglia azzurra, meglio del Messina che aveva certo altri pensieri per la testa quando ha cancellato, uno dopo l’altro, sicuramente per colpa loro, gli italiani del gruppo cominciando da Moretti che non sarà riconfermato perché il contratto sicuro lo aveva Delaney. 

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