Colpo quasi vincente

6 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Nell’Indiana degli anni Cinquanta il tiro da tre punti non era nemmeno concepibile. Ma quello che il vero e purissimo ragazzo dell’Indiana Gordon Hayward stava per mettere da metà campo, sul meno due a un decimo da secondo dalla fine di una delle più emozionanti finali NCAA di sempre, l’avrebbe reso famoso come un Bobby Plump (Jimmy Chitwood nell’inevitabile, come citazione, Hoosiers-Colpo Vincente) all’ennesima potenza. 
Non è andata così, purtroppo per Butler, ma quello che hanno fatto i ragazzi del ragazzo (33 anni) Brad Stevens a poche miglia da casa resterà per sempre. Chi non ha visto la partita lo faccia, tanto fra Espn America e Sky Sport sarà replicata pensiamo parecchie volte: inutile annoiare con le nostre descrizioni. In generale si può però dire invece che Duke-Butler ha rispettato l’essenza del college basketball: tre quinti del quintetto base (Scheyer, Thomas e Zoubek) erano senior, cioè quarto e ultimo anno di college, mentre il go-to guy Singler (che ha sbagliato l’ultimo tiro, così come Hayward ha sbagliato quello del pareggio, pochi secondi prima di quello della disperazione) era un terzo anno-junior. Vere rarità nel mondo dei fenomeni annunciati alla John Wall: che non vanno criminalizzati, perchè tutti di fronte a soldi certi a 19 anni difficilmente diremmo di no, ma nemmeno presi a modello. Sarebbe molto più onesto e limpido che la NBA togliesse il limite dei 19 anni, in questo senso. I college investano su chi vuole davvero vivere il college.
Tolto Hayward, che è un sophomore (secondo anno) e che come caratteristiche ci sembra un Gallinari un po’ più bravo ad attaccare il canestro e molto più versatile nella marcatura individuale (nel corso del torneo è stato in grado di tenere avversari diretti dalle caratteristiche più diverse), nessuno dei presenti a Indianapolis ha un futuro NBA migliore di quello da specialista, ma in questo momento la cosa importa a pochi. Il rischio è quello del pistolotto anti-NBA, ma quello lo lasciamo a quegli allenatori di provincia (provincia italiana) che qualche anno fa ridevano delle lezioni di Tom Heinsohn (!!!), dandogli dell’ubriaco, dall’alto dei loro traffici di cartellini e delle loro lunghe trasferte a sei chilometri massimo da casa. Rimane il fatto che il basket NCAA quest’anno come raramente era accaduto nell’era moderna ha dimostrato di essere qualcosa di diverso e di unico. Bobby Plump dopo il titolo con Milan High School si laureò proprio a Butler e nella vita non ha mai nemmeno provato a diventare un professionista del basket, ma erano decisamente altri tempi: oggi con un passaporto bulgaro pronta cassa vivacchierebbe in qualche campionato europeo moralmente straccione. Sarebbe però bello che questo gruppo di Bulldogs rimanesse insieme (le guardie Mack e Nored, fenomeni in ogni tipo di difesa, sono anche loro sophomore, mentre il centro con maglietta della salute Matt Howard è junior) l’anno prossimo, la mancanza di grandi prospettive forse aiuterà. Di sicuro non possiamo fare la morale con i soldi degli altri, per questo è stato bello vivere almeno il presente insieme a loro.

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