Cara vecchia Superlega

19 Marzo 2009 di Luca Ferrato

di Luca Ferrato

Martedì 17 marzo il bisettimanale francese France Football è uscito con una boutade in prima pagina: “I piani segreti della Superlega europea”. Niente di nuovo all’orizzonte, verrebbe da dire. Sempre in questi giorni ci è capitato fra le mani un numero della rivista World Soccer, risalente al settembre del 1998. Nell’editoriale, a firma Keir Radnedge, l’autore riferiva di un incontro segreto avvenuto a Londra alla metà di luglio fra i rappresentanti dei principali club europei. Di cosa si sarebbe discusso? Della creazione di una Superlega europea, ovviamente. All’epoca la Champions League non aveva ancora il formato attuale, solo dall’estate precedente le principali federazioni avevano ottenuto il permesso dall’Uefa di iscrivere due club (il primo e il secondo classificato nei campionati nazionali) alla massima competizione europea. Ma non era abbastanza e i sodalizi più importanti si erano radunati con la volontà di riformare la Champions League, che in quel periodo ancora tutti chiamavano Coppa dei Campioni. I club che si ritrovarono in quella riunione carbonara ma non troppo furono Milan, Inter, Juventus, Real Madrid, Barcellona, Ajax, Bayern Monaco e Borussia Dortmund. I delegati di Manchester United, Liverpool e Arsenal negarono di avervi preso parte (al Chelsea non era ancora arrivato Abramovich) mentre i dirigenti di Paris St Germain e Marsiglia negarono anche di essere stati invitati. L’idea era quella di creare una lega autonoma scorporata dalla Uefa, visto che il massimo organismo europeo aveva più a cuore la mutualità verso i Paesi dell’Est e le piccole nazioni calcistiche piuttosto che il fatturato dei grandi club. Uno dei principali promotori dell’iniziativa fu sicuramente Silvio Berlusconi, che la Superlega aveva iniziato a sognarla fin dal suo arrivo al Milan a metà degli anni Ottanta. Su proposta degli uomini Fininvest, quindi, si voleva assegnare l’organizzazione del nuovo torneo a Media Partners, con il sostegno della banca d’investimenti JP Morgan. Più che una competizione ad eliminazione sarebbe stato un vero e proprio Campionato d’Europa, che avrebbe garantito introiti sicuri a tutti i club partecipanti. Sponsor come se piovesse e stadi sempre pieni sarebbero stati la logica conseguenza, almeno in teoria. Berlusconi chiese anche la possibilità di avere delle wild card per quei club che, per la loro storia e le loro vittorie europee, avrebbero dovuto sempre avere il diritto a giocare la manifestazione europea. Strano – o forse no – che il presidente del Milan chiedesse una wild card proprio nell’estate successiva a un campionato finito dal Milan al decimo posto, che significava per i rossoneri il secondo anno consecutivo lontano dall’Europa. I club sembravano fare sul serio e con quella riunione londinese diedero vita al primo abbozzo di quello che sarebbe poi diventato nel 2000 il G14. L’Uefa da parte sua non volle però scendere a patti. Già aveva modificato più volte in anni recenti il format della Coppa dei Campioni, ma accettare le richieste di quei club avrebbe voluto dire voltare le spalle al resto d’Europa. Anzi, se il torneo organizzato da Media Partners si fosse concretizzato (si sarebbe dovuto chiamare ESL, European Superleague o EFL, European Football League) avrebbe intimato a tutti i giocatori tesserati per quei club di non prendervi parte, pena una squalifica che avrebbe impedito la partecipazione a Mondiali ed Europei. Alla fine non se ne fece nulla. La Champions 98/99 ricominciò sotto l’egida dell’Uefa, che dava la possibilità alle prime otto nazioni classificate nel ranking di iscrivere due formazioni, con la seconda classificata in campionato che sarebbe dovuta passare dalle forche caudine del turno preliminare estivo. Quando la burrasca sembrò passata, ci accorgemmo però che l’Uefa a patti con il diavolo (inteso non soltanto come Milan) c’era scesa, visto che dalla stagione 1999/2000 le prime tre nazioni del ranking poterono iscrivere alla competizione addirittura quattro squadre, due che accedevano subito ai gironi e le rimanenti che vi potevano accedere dopo aver superato i preliminari. Le nazioni dal 3° al 6° posto nel ranking ne iscrivevano tre, con due subito ai gironi e la terza al preliminare con tanti saluti allo spirito della vecchia Coppa dei Campioni. Detto questo, non vediamo dove stia la notizia riportata dalla prestigiosa rivista francese (e ripresa acriticamente da mezza stampa italiana), visto che l’idea della Superlega è una cosa ormai ciclica che ogni tanto, soprattutto quando si vuol fare pressione sull’Uefa per la riforma delle coppe, risalta fuori. Ci sarebbe forse da chiedersi se questo sia il periodo migliore per una Superlega europea, durante una delle crisi economiche più grandi che il capitalismo abbia mai vissuto. Siamo così sicuri che si troverebbero sponsor alternativi a quelli che oggi l’Uefa già ha? France Football parla di tre campionati su base europea, uno di serie A, al quale dovrebbero accedere quattro squadre dai campionati di Italia, Inghilterra, Spagna, Germania e Francia, e poi campionati di serie B e C nelle quali è prevista anche un qualche tipo di formula legata al meccanismo delle promozioni/retrocessioni. A questo punto però dove trovare le date per tutte queste partite, dal momento che il calendario internazionale sembra già oggi intasato? Forse l’obiettivo è un’abolizione del campionati nazionali, o almeno la non partecipazioni agli stessi da parte dei grandi club, ma il pubblico è preparato a qualcosa di simile? Per ora prendiamo l’articolo di France Football come una il solito scenario riempipagine, certi però che l’Uefa stia preparando un’ulteriore riforma delle proprie competizioni. Paradossalmente, però, la Superlega ci sembrava più vicina dieci anni fa.
ferratoluca@hotmail.com
(in esclusiva per Indiscreto)

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