Caccia al tigrotto

5 Agosto 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
L’attesa per Pianigiani, il pronostico di Petrucci, le vacanze di Melli, tre ragazzi al bivio, la contea di Pini, una giornata con Tanjevic e il campionato della Rai. Voti a Molteni, Facchini, Silvestri, Milano e Crosariol.

Oscar Eleni con le ali per volare dallo zoo di Bangkok a quello di vetro costruito con legno massello a Bormio deve vive una Nazionale con pochi filtri per reni, fegato e testa. Come succede a Do Do, giovane scimpanzè adottato dai thailandesi, che si è inventato mamma per allattare un tigrotto di due mesi, anche Dino Meneghin, presidente federale, si è inventato babbo, nonno, amico di tutti quelli che mettono un bastone fra le ruote della Nazionale costruita intorno al trio dei Tiranos. Facciamo sempre riferimenti valtellinesi su Tirano Italia e Giro d’Italia, ai carissimi Gallinari, Belinelli e Bargnani, i Gabeba che dovrebbero togliere ogni ansia al Simone Pianigiani che nei giardini del Palace sembrava davvero una tigre a cui danno la caccia in troppi perché il bando di concorso sulla “cazzata dell’estate” prevede il colpo alla nuca per l’allenatore di Azzurra.
Finalmente, diranno i super battuti. Questa la motivazione del tribunale chiamato all’infelicità davanti al duomo di Bormio, sotto le statue dei santi Gervasio e Protasio che assomigliano così tanto a certi giocatori nostri: non hanno forma, sostanza, un espressione almeno confortante: “Se non vince con la Nazionale dei tre NBA (pensate alla faccia tosta di chi, Scariolo in testa, fa girare una balla del genere) allora è dimostrato che soltanto Minucci e l’organizzazione senese tengono in piedi il grande bluff”. Certo cinque scudetti in fila per qualcuno sono ancora un bluff. Italia nostra dove il presidente del Coni parla a sproposito di medaglia europea, di Londra sicura per l’Italbasket affidato ai migliori, messo al lavoro con tutte le agevolazioni se nello staff ci sono ben 15 persone, una cosa che faceva un certo effetto al Pentagono di Bormio perché al Pianigiani erano concessi 12 giocatori in tutto per l’allenamento visto che in quattro erano infortunati, considerando che le convocazioni di riserva erano state osteggiate da famiglie allargate a società e allenatori. Eh sì.
Non si è parlato tanto del caso Melli convocato a Bormio, sparito in Croazia con il benestare dell’Olimpia Milano, su consiglio dell’allenatore che non tanto casualmente guida pure la Spagna. Eh sì, hanno fatto tutti finta di non capire i certificati medici da renitenza alla leva scritti in bella calligrafia per tenere lontano da Azzurra certi giocatori messi sotto schiaffo: se vuoi firmare con noi devi rinunciare alla Nazionale. I nomi? Beh li conoscete anche voi, non ve li facciamo per invitarvi ad una cena danzante con Do Do la scimmia, così vi allenate a capire il linguaggio del corpo. Italia da sballo almeno fino a quando si trasferirà in Lituania. Laggiù, al santuario di Siauliai, vedremo di che pasta sono fatti davvero questi giocatori che Pianigiani prova a vestire con la tuta del Cruise di Missione Impossibile, uno e due, facendo diventare giapponesi da boscaglia uccelli da voliera dolomitica. Fa bene il lupo senese a diffidare di tutti. Non gli vogliono bene in tanti perché chi vince troppo sta sui maroni a tutti. Lui, per fortuna, lo sa, ma, per sfortuna, spera pure che sfogandosi con tutti quelli che arrivano a tiro troverà un partito della comprensione. Niente. Si tenga soltanto il vantaggio che ha sempre dato benzina atomica alla mente dei giocatori italiani: autorizzati a perdere. Un grande vantaggio.
Thailandia e poi Bormio. Massaggi per la mente dopo aver visto il tigrotto poppare dal biberon della carissima Do Do. Contea sforzesca e viscontea, fra profumi che vanno dalla mitica cucina del Palace al Ciuk dove nella reggia de Carlo scopri che il lardo con il miele può diventare delizia e tormento sul pane di segale. Delizia e tormento come quando guardi i tre ragazzi NBA: Gallinari deve essere protetto dal suo orgoglio perché lui sposta davvero. Bargnani deve essere liberato dall’idea che qui ci si mette in ginocchio soltanto davanti alle etichette. Belinelli ha davanti un bivio che potrebbe cambiare il suo destino: con la Nazionale può essere il giocatore a cui portare fiori in ogni stazione del campo, basta che lui smetta di correre dietro al canestro babbano per babbei.
Dicevamo Bormio, la contea del balivo Diego Pini, uno che dovrebbe davvero scriverla questa sua vita al servizio dell’umanità ululante, guerriero templare che ha sfidato il mondo con la sua idea di sport che, fortunatamente, gli ha permesso di essere quello che voleva nel suo regno senza accettare casotti romani, casotti federali, casotti regionali. Pini e i suoi sogni dal Burundi ai martiri del Valtellina circuit, i collaboratori che non lo tradiscono mai, Diego il mistico che non ne poteva più di portare giocatori all’ospedale dopo averli visti sanguinare fra i vetri di tabelloni infranti e ha messo nell’orecchio dei costruttori di canestri l’idea dell’anello sganciabile. A uno come lui che per Bormio e provincia muove il grande turismo non da panino e rabbia, quello che resta per i lasciti aurei per manifestazioni da sbarco nel Burundi. Pazienza se poi al Circuit vengono ancora 20 società importanti, se ci si ritrova sempre con i veri amici. Dalla nuvola vicino alla piazza della chiesa ecco materializzarsi, sotto braccio, Boscia Tanjevic, primo esploratore dell’ospitalità valtellinese, dell’atollo Pini, e il sindaco di Sondrio Alcide Molteni, parte politica distante dal partito fascio comunista che vogliono fondare il Boscia e il Diego, l’uomo medicina che ha combattuto stregoni di ogni tipo, prima come calciatore perché a Sondrio ci arrivò per fare il libero, ai tempi in cui proibivano sganciamenti dalla difesa, in giorni di sofferenza per lui mediano offensivo, poi come medico condotto e, infine, come sindaco giunto al terzo mandato, passando attraverso ogni tipo di trappola scoprendo mondi diversi come medico sportivo per Caserta, per il basket, per il rugby.
Tanjevic il primo anche se Tony Cappellari, educatamente, si tocca il baffo arruffato perché i primi veri esploratori della preparazione in Valtellina sono stati i suoi marrani dell’Olimpia, ma per lui questo è il periodo dove non ti riconoscono nulla, pazienza se hai fatto storia, se hai continuato la grande tradizione della pluriscudettata, meglio godersi un Braulio e mandare tutti in mona perché questo alla sua trevigianità lo dobbiamo comunque. Mondo cane quello dove ti aspetti riconoscimenti, quelli vengono calpestati dagli stessi che pensano di aver rifondato il basket moderno, senza rendersi conto di averlo fatto a loro immagine e somiglianza, guardandosi nello specchio deformante. Una giornata con Tanjevic grande califfo del progetto turco che fa girare girare i suoi omoni del 1992 fra i tavoli del Palace intimidendo gli azzurri che si sentono piccoli come capita spesso alle squadre giovanili quando vanno in pellegrinaggio dai piu grandi. Boscia e le sue battaglie in tutte le trincee, la sua dolcezza e durezza che gli permettono di guardare in faccia ogni rospo del reame e gli consentono il sublime tocco imperiale per cavalli senza denti, perché lui parla bene di tutti, persino di Toti, persino del mondo Virtus, persino del generone romano che lo fa tanto ridere, persino dei giocatori che erano in palestra con Filipovski quando l’allenatore sapeva di doversene andare, quando tutto era già in macerie: sul campo gli stranieri, degli italiani soltanto piccole ombre cinesi. Tanjevic e il libro del grande mist
ico che lo sfugge. Dovevamo regalarglielo visto che qualche capitolo è dedicato a lui come grande maestro, grande persuasore, diabolico rapitore di virgulti benedetti dal talento (a proposito, visto come Mirotic assomiglia Bodiroga con quella respirazione adenoidea?), ma poi abbiamo preferito darlo a Pianigiani perché deve ancora camminare su molti marciapiedi prima di capire che il gioco dell’oca, in questo mondo sportivo, ti manda spesso al punto di partenza senza colpe e senza i sorrisi di chi lo può fare giocando cone le battute di Gene Gnocchi su Sport vatte a la pesca.
Succede alla squadra di SKY dove tutti dovranno trovare nuove collocazioni. Quelli assunti se la caveranno, gli altri? Valeva la pena essere più buoni di San Francesco con certi cani dal fischio debole, dal tiro asmatico, dal palleggio ingordo? A proposito di SKY non diteci che vi manca se la RAI posticipia l’inizio di una partita della Nazionale per celebrare, giustamente, l’oro della pallanuoto che in Italia ha 12000 tesserati e medaglie meravigliose dai tempi del principe Rubini, casa della gloria per basket e waterpolo, che avrebbe davvero baciato tutti i campioni di Campagna, cominciando dal super portiere Tempesti, un due e zero cinque che sta nell’acqua mentre noi abbiamo pivottini che arrivano a 2 metri con le scarpe. Non avremo certezze fino in fondo, guai a chi si lamenterà nei play off dove il caos sarà totale anche perché è difficile capire che senso può avere l’investimento de “ La7” se ha la prima scelta per il campionato e poi passa in seconda fila quando sarebbe il momento di godere davvero. Siamo perplessi davanti alla voglia di immagini chiare, forse non limpide, forse non freschissime in mezzo al solito ballo della retorica, dei legaioli che girano a petto in fuori perché non incasseranno quasi niente e, dovendo spendere di più, hanno addirittura ridotto gli orari di lavoro e i compensi del personale che ha fatto andare avanti l’organizzazione anche quando nella foresta giravano sabotatori. Produrre in proprio costerà davvero tanto e poi in mano a chi andrà il cono gelato? Postilla: la partita domenicale delle 20.30 che tipo di share dovrebbe avere per soddisfare la voglia d’immagine legaiola? Pagelle da Bormio mettendosi in ginocchio davanti ai santi, ai navigatori, ai fenomeni che vestono azzurro tenebra: non avranno la nostra benedizione. Se passeranno il primo sbarramento saranno bravissimi, se andranno più avanti avranno il diritto di chiedere la testa di chi non l’aveva persa davanti ai ballerini che squittivano dietro al trio GABEBA cercando di fare affari il più presto possibile, prima della prova finestra, quella del campo.  
10 e lode A TANJEVIC perché basta una giornata con lui per rigenerarsi, per sentire il profumo della vita anche quando questa ti dice che ci sono da rifare i conti del noleggio cuore, fegato, milza e polmoni.  
10 e lode al sindaco di Sondrio MOLTENI che dopo anni ha fatto con Cappellari come quelli che a Livorno, dove ogni tanto il tricheco imperiale va per lavoro, sventolano il manifesto campioni d’Italia per 40 minuti, ma senza infierire, anche se gli insulti petersoniani al tupamaros Lopez gli fanno ancora male.  
10 e super lode a Diego PINI che per i classici dell’avventura avrebbe un milione di storie da scambiare con qualche euro perduto da chi vuole le tappe del Giro e non sa di avere in casa la miniera.
10 Al grande arbitro FACCHINI che per dare un tecnico ai bulgari nella finale del Gianatti vinto dall’Italia ha minacciato in russo la panchina. Da, da, caro arconte del fischietto.  
9 Al primo AGENTE dei giocatori italiani famosi, costosi che capirà dove potrebbero finire certi suoi ragazzi d’oro: si passa dalle stelle alle stalle e lo si sapeva da tempo.  
8 All’eterno SILVESTRI che per farsi capire dall’agente americano di Bargnani ha dovuto fare i salti mortali. Ci è voluto tempo, pazienza, ma purtroppo e questo il mondo dove bisogna navigare. Bargnani ha avuto finalmente l’assicurazione all’ultimo giorno di raduno, peccato che la bilancia non fosse dalla sua parte e rischiare i tendini con peso esagerato non era una buona idea.  
7 Agli AZZURRI che non sono nella NBA perché fare la parte dei gregari diventa una sofferenza se i capitani si mostrano egoisti. Per ora la loro pazienza premia il gruppo e quando Gallinari dice che sta proprio bene nella squadra allora vuol dire che tutti hanno fatto più del loro lavoro. Se sarà così fino alla Lituania allora il naufragare potrebbe anche essere dolce, soprattutto se avverrà il più tardi possibile.
6 Agli ALBERGATORI di Bormio e CEPINA che fanno sentire in famiglia ragazzi in viaggio per mondi troppo lontani da casa.  
5 Alla STREGA che ha rovinato la stagione di Montegranaro e che ancora non libera dal maleficio i tre che pure l’hanno lasciata: Maestranzi, Cavaliero e Cinciarini si sono fermati per guai muscolari e Azzurra ne ha sofferto.  
4 Al COMUNE di Milano che ha fermato i lavori al Palalido, forse anche giustamnete considerando certe scelte economiche, lasciando il vecchio santuario come una chiesa sconsacrata. Per fortuna in casa Armani si sono ricordati che il Forum era pur sempre in piedi, brutto, ma in piedi, e allora via al contratto. Un capestro quiquennale, ma la città Europea regala soltanto questo. Ai non milanesi della nuova società, quasi tutti, promuovere colletta per nuovo tabellone luminoso al Forum. Costa? Eh sì, ma l’Emporio non va tanto male.  
3 Alle SOCIETA’ che hanno chiesto a probabili azzurri di rinunciare alla Nazionale se volevano il contratto. Meschinità anche se a dire il vero possono consolarsi perché non hanno certo tolto nessuno che a livello internazionale possa spostare anche una borsa.  
2 Alla FEDERAZIONE che tace sui dispetti delle grandi società, che tace sulla crisi del sistema anche con nuove formule: nel campionato di A nazionale chi cerca giovani da inserire per regolamento deve fare mutui alla broccaggine, per la gioia di agenti con u pielo inttu stommaco.  
1 A CROSARIOL perché se un paese che pensa di essere cestisticamente evoluto deve rimpiangere un pivot come lui vuol dire che proprio qualcosa non funziona nel sistema e qui non è questione di budget.
0 A Niccolò MELLI che dopo un bellissimo torneo europeo under 20, finito nell’argento, è diventato il caso emblematico dell’estate dei finti abbracci fra Nazionale e grandi Società. Ci dispiace per lui e per chi non gli ha ancora detto che nella super Armani del prossimo anno farà fin troppe vacanze.

Oscar Eleni

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