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Basket

Caccia all’untore Banchi

Oscar Eleni 11/06/2015

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Oscar Eleni, incatenato a Milano quando avrebbe preferito brindare con gli ottantenni Riminucci a Pesaro e Tonino Zorzi  nella sua terra di frontiera perenne, davanti a quella che fu la colonna infame fra corso Ticinese e la via dedicata al barbiere Gian Giacomo Mora torturato e poi massacrato come untore. Siamo in attesa che  portino proprio lì Luca Banchi, grossetano, allenatore ingaggiato in birreria, ‘soffiato’ all’odiato e amatissimo Minucci dal Proli quando ancora Milano duellava con Siena. Chi ha lavorato tutto l’anno, all’interno, per far cadere l’uomo di Maremma, lo farà passare, come i poveri Mora e Piazza (questo addirittura commissario alla sanità ai tempi della peste, insomma avete capito ogni stagione è uguale all’altra fra pestilenze vere e presunte) come l’untore che ha privato la grande Milano di Armani dei titoli che meritava.

In effetti se non è stato un flop questa stagione non sapremmo dove andare a cercare di peggio. Certo, hanno incartato il mattone che ha sfasciato le vetrine dell’Emporio nel migliore dei modi, veli profumati dalla serie quasi record di partite vinte, dall’imbattibilità casalinga fino all’arrivo dei mori di Sacchetti che hanno messo a ferro e fuoco  il giardino dove tutti si sentivano sulla nuova Vespa che porta il nome del re. Eh sì, il Meo ha fatto proprio marameo, lui vestito sempre come chi va davvero a lavorare in palestra, il suo paradiso, quando giocava, meditava, malediva, scoprendo mondi nuovi e orizzonti molto vasti, diversi da quelli delle sue origini non soltanto cestistiche. Romeo che non si avvelena per amore, ma cerca sempre una pozione giusta. E Sassari gli deve tanto. Gli stessi che a Milano stavano preparando la ruota per spezzare le ossa di Banchi avevano già fatto girare la voce che Sacchetti e Sardara, pur vincolati da un matrimonio sportivo fino al 2018, avrebbero potuto separarsi perché i flop europei avevano creato tensione e la classsifica che  ha messo Sassari sotto scacco nel play off sembrava davvero poca roba, considerando tutto, valutando certe brutte partite. Non si sono separati Meo e il demiurgo della Dinamo. Fortuna loro.

Hanno resistito anche all’onda di rimonta dell’Emporio, la squadra dei santi bevitori che nel pericolo ha sempre fatto finta di essere “famiglia”. Balle. Parenti serpenti. Fuoco amico. Anime diverse nello stesso gruppo. Anime? Be’, avrebbero detto in casa Sforza e dei vari padrini della storia, come il Rocco del Padrino, sono con te e fingono di capire fino a quando li paghi, altrimenti cercano altre maglie da baciare, stringere e lavare poco.

La cosa buffa è che fino a ieri, anche dopo il flop di Coppa Italia, e quello ancor più doloroso nell’Eurolega venduta all’egoismo interno nelle due partitacce d’apertura della seconda fase, tutto funzionava a meraviglia nella società ‘reinventata’ dal Proli osservatore attento da New York, preoccupato che il suo Gentile potesse davvero aver voglia di scappare altrove se lasciato nelle mani della coppia a cui è stato dato il mandato per questa stagione. Ogni settore un frutto dorato. Gioventù alla ribalta. Persino Portaluppi, prima di scontrarsi con la pasta del capitano, sembrava un genio prestato al basket di alto livello. Poi le incomprensioni, il gelo di Desio dove Sassari vinse la coppa nazionale, con quei quintetti dove Alessandro Gentile veniva trattato come gli altri, insomma messo in rotazione e competizione, lui che vedeva intorno a se un viavai di gente che non avrebbe certo dovuto stare  dove i giocatori cercavano tranquillità, concentrazione. Portaluppi come il Piazza della colonna infame, lui forse ha parlato per primo e ora teme che la sferza del Proli di ritorno. Con in tasca, sembra, l’accordo per avere alla guida della società  il reggiano Prandi, ex presidente di Lega, uomo di qualità, che certo non  si sarebbe mai sognato di dire le cose che ora sentiamo da questa  organizzazione societaria che si vanta di aver ridato luce al basket, uno che sa almeno cosa è il basket e non ti chiede chi erano Tizio o Caio, uno che sarebbe ascoltato anche a Barcellona che resta la sede dell’Eurolega fino a quando la FIBA non avrà infilato i suoi soldati ombra nell’organizzazione. Ma si sono guardati intorno?

Certo Milano con tutto quello che aveva, la classifica  del campionato a palle mosce, doveva stravincere, maltrattare tutti. Fate un confronto fra panchina di Sassari e quella di Milano. Ma non sempre si trovano i tenerelli di casa Virtus che la giocano come se davvero fossero al livello di questa Milano sbugiardata. Hanno sbagliato in tanti, anche i giocatori sono tutti da colonna infame: chi più, chi meno. Ora Banchi lo dica chiaro:  se è stato lui a volere Kleiza, uno che ad Istanbul non volevano più vedere, o il James in riabilitazione lentissima, allora deve farsi da parte. Se sono stati altri lo dica. Acquisti costosi e sbagliati. Correttivi mai funzionali, confusione dei ruoli. Certo non troverai mai un costruttore di gioco che possa capire quei dioscuri Armani che fanno indossare la loro maglia al re. La palla nelle mani dei ‘duri’, uno contro uno, due, tre, quattro, spesso cinque. Loro dentro a testa bassa. Non vorrete mettere in discussione Gentile? Ci mancherebbe. Sai i fulmini e poi nella fase centrale del play off contro Sassari, le cinque partite a più venti, è stato davvero il grande mattatore, il Cid della franchigia dalle maglie dorate. Certo nella prima, dimenticata da chi gliene ha fatte giocare benissimo sei, è stato espulso. E nell’ultima ha sparato alla luna. Ma è giovane. Vero. È spesso solo, non vero.

Non parliamo di Hackett, della sua stagione tormentata dall’anatema federale, del rientro umile, almeno fino a quando ha cominciato a far sapere che il suo posto sta sicuramente al piano di sopra come suggeriscono i patiti NBA di casa nostra che hanno persino intravisto in Fontecchio uno da viaggio verso il provino con Boston rinunciando al lavoro, tantissimo lavoro, che avrebbe dovuto fare con le nazionale e nella società. Caos calmo con i risolini del Brooks che , come tanti, si sente incompreso nella genialità, un talento che qui attira ancora qualche allodola, ma al piano di sopra, come direbbero loro, trattato un po’ come i nostri giocatori di baseball che vanno in America per le Major e poi scendono al triplo A.

Banchi e le sue colpe, questo dare un colpo al cerchio ed uno alla botte.  Mai quintetti omogenei fra produzione offensiva e  forza difensiva. Anche nella partita decisiva che aveva in mano dopo 10 minuti. Porta a casa il premio e poi accontenta quelli che scuotono la testolina, quelli che uscendo ti fanno capire di non averti capito. Debolezza e confusione. Lui ama i rientri difensivi rapidi, le difese ruvide  e contro Sassari, con la storiella che il playoff si avvicina, se conviene ad arbitri sensibili sulle voci da fuori e da dentro, sia chiaro, al concetto senza sangue niente fallo, ha fatto valere chili, centimetri, prestigio, potere, basta leggere, valutare cosa valgono gli uni e gli altri come peso pubblicitario e di carisma. Gli è andata male alla fine. Eh sì. Sassari che tira i primi liberi alla fine del terzo quarto è stato un guaio. Perché su quella linea, spesso, i giocatori di Meo si avvilivano e Milano poteva  scattare  per contropiedi che non erano sublimazione dell’io, ma davano pure due punti.

Eh no. Tutto è andato male. La chiamano amarezza, delusione, ci piangono sopra. Domani è un altro giorno. Se Banchi va, allora vedrete che, come a Cantù col Sacripanti prima devastato dalle voci sullo scarso lavoro in palestra, poi liquidato, ci saranno ripensamenti. Gentile a Houston? A Barcellona? A Istanbul no perché Obradovic sta facendo le valige dopo la perdita dello sponsor. Certo tutte scelte prestigiose, ma il  Cid ha precettori di qualità che sanno bene come stanno le cose dal punto di vista tecnico. Nella NBA dove potrebbe fare quello che si permette nel campionato italiano più che in Europa? È pronto davvero come dice, speriamo per cortesia, cameratismo azzurro da ricucire, il Gallinari che anticipando il viaggio si è messo poi nei guai squilibrando il suo fisico, anche se poi il super talento lo ha aiutato, nella media borghesia della NBA sia chiaro, a venire fuori bene, come del resto Belinelli più del Bargnani che non sembra far smaniare il circolo Pianigiani di Azzurra.

A Proposito. Se mandano via Banchi, che ha un altro anno di contratto, dove punteranno?  Recalcati, anche se ha più voglia di manageriato che di vita costante in palestra. Pianigiani, ma dovrebbero attendere la fine dell’europeo e con Boston che bussa alle porte già ad ottobre non potrebbero permetterselo, ammesso poi che piaccia a tutti nella nobil casa. Obradovic? Costa davvero tanto, poi ha perso qualche giro nelle’ultime stagioni. Altri italiani? Un tipo Moretti, geniale, con uno stile? Chi può dirlo. Si aspettano sirene dalla Quinta strada, messaggi dal pensatoio, per adesso l’unica cosa da fare è raccogliere le macerie di una stagione orribile, macerie con dentro l’amianto della slealtà. Un po’ come al Palalido dove, ogni tanto, si lavora, anche se il genio della lampada ha scoperto che costa davvero tanto come campo di allenamento un palazzo  inutilizzabile in eurolega e ormai ingestibile se davvero il popolo Olimpia è fisso fra i 9 e gli 11 mila spettatori. Lo sa persino l’assessore Bisconti.

Pagelle sull’EMPORIO devastato riconoscendo come unica vittoria alla Società quella di aver riportato la gente al palazzo, anche se non è tutto oro quello che hanno fatto luccicare i tantissimi che ragionano come la Rosea degli orgasmi, il giornale che ora cosa 10 centesimi in più e ti chiede di capire, anche se forse ti dovrebbe spiegare.

RAGLAND 5: triste e confuso. Si è ripreso tardi, ma difende col piumino.

BROOKS 5.5: qualche bella partita, troppe comparsate con la faccia di quello che non era davvero capito, pure per lui la difesa è una sgradevole esigenza.

GENTILE 6.5: voto  che va dall’eccellenza delle partite giocate da Matamoros, da Cid e quelle da capogiocatore non riconosciuto in panchina. Alti e bassi, umore sempre nero. Dovrà fare i conti, prima o poi, anche con le personalità forti degli altri. Esistono, o se eistono. E non basta la cazzimma.

GIGLI ng: fantasma in un opera mai buffa.

CERELLA 6: la garra, il cuore, tutto per l’allenatore, la  squadra, il popolo che lo adora. Ha dato quello che aveva.

MELLI 5.5: troppe partite da piccolo principe, con lui la difesa era assicurata, ma non ha mai fatto due buone gare in  fila ed ormai avrebbe l’età per essere uno da primo piano, non da scantinato senza riscaldamento.

KLEIZA 4: un signore in pantofole. Per difendere si aggrappa alle maglie, si salva col  tiro, ma è un super bocciato, lui e chi lo ha scelto.

ELEGAR 5: è capitato nel momento sbagliato, ma potrebbe essere coltivato.

JAMES 4: un invisibile che ogni tanto stoppava. Svitava lampadine. Poca roba per farsi dire che è arrivato perché aveva lo stesso agente dell’allenatore, o roba del genere che non manca mai  ai pettegoli se ti odiano.

HACKETT 5: ci delude il suo modo di combattere  dentro e fuori dal campo. Dentro con la convizione di valere più di tutti, fuori con l’idea che ogni cosa è lecita,  permessa, se hai talento e recuperi in fretta anche quando servirebbe dormire. Una magnum perde bollicine e costa davvero troppo come in certe discoteche e nei privati costosi. Prima squalificato, poi si è fatto squalificare. Due macigni in una stagione con troppi bassi e pochi alti.

SAMUELS 7:  è stato er più della borgata biancorossa. Certo non sempre dinamico a rimbalzo, spesso schiacciato in Europa, spesso ignorato dall’egosimo interno, ma nella sostanza uno che si è guadagnato il suo milione.

TABU ng: come il povero MEACHAM avrà capito che a questi suoi nuovi compagni non serviva davvero un regista. Loro vogliono subito la palla e poi vanno all’attacco anche quando si prospettano le terrbili Waterloo della stagione.

MOSS 5: poche partite da vero leone. Ha pedalato tanto, ma spesso è andato fuori giri, ha bucato. Uno che vorresti sempre in squadra, ma  si è consumato, in ogni senso.

BANCHI 5: senza scuse, senza se, senza ma. Il pesce puzza dala testa, questo è vero, ma lui è molto vicino alla testa. Ha lavorato sodo per il bene comune, gli scorpioni non lo hanno capito, spesso lo hanno tradito e quando è stato fatto non era soltanto per trenta denari.

 Voi direte che se la squadra che ha finito al primo posto in campionato merita voti così bassi, allora cosa si dovrà dire delle altre? Quello che meritano. Ma valutando, sempre, qualità, prezzo, condizioni di vita nella società. A Milano hanno tutto, eppure si spezzano appena vogliono apparire duri, capibastone delle curve dove quest’anno il fondo, da zero scarabocchio, è stato toccato da quell’infame che usava il laser al Forum per disturbare i tiratori avversari. Lui e chi gli stava vicino. Come sempre in un Paese dove evasori e ladri sono sempre gli altri.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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