Casa di proprietà per 3 italiani su 4

3 Gennaio 2020 di Stefano Olivari

Tre italiani su quattro, il 75,2% della popolazione, vivono in una casa di proprietà. Magari non sua, se è un bambino, ma di uno dei componenti il nucleo familiare. Lo afferma una pubblicazione dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dell’Economia, non abbiamo altri dati e ci chiediamo semplicemente se sia una buona notizia (spoiler: sì).

Di sicuro non è una fotografia aggiornatissima, visto che l’analisi si basa su dati del 2016 (l’Agenzia delle Entrate non potrebbe fare di meglio?), ma comunque va detto che nel settore immobiliare i movimenti sono così lenti da poter dire che in ogni caso la situazione attuale non sarà molto diversa da quella del 2016.

Gli immobili di proprietà di persone fisiche sono la bellezza di 57 milioni, quasi uno a testa, neonati compresi, anche se c’è il trucco visto che vengono conteggiate le pertinenze (box, cantine, eccetera). Di questi 57 però soltanto 19,5 (il 34,2%) sono considerati e utilizzati come abitazioni principali. Tornando al titolo, il 75,2% di noi abita in una casa di proprietà sua, o del coniuge, o dei genitori.

Interessante è il valore medio di queste abitazioni, stimato in un ottimistico 162.000 euro per 117 metri quadrati, quindi 1.385 al metro. Sorrideranno gli abitanti delle poche città con un mercato vivace (a Milano il prezzo medio al metro è 2.965 euro, a Roma 3.103, a Napoli 2.343), si accontenterebbero i tanti italiani proprietari di immobili invendibili e che non facendo mai prezzo (nemmeno zero, in tante zone) non rientrano nelle statistiche. Insomma, tanti discorsi di ‘patrimoniali’ sugli immobili non tengono conto della realtà.

Ma cosa volevamo dire noi? Che la casa di proprietà è al tempo stesso una ricchezza e una zavorra, di sicuro non dappertutto è un feticcio. In Germania il nostro 75 diventa 52%, il 64% in Francia, il 63 nel Regno Unito. Ma c’è anche chi più di noi è portato a mettere radici, dalla Spagna (78%) alla Polonia (84%) fino al 96% della Romania.

Curioso il caso degli Stati Uniti, mitizzati come patria della flessibilità, oggi lavoro in Ohio e domani mattina trovo un posto nel Vermont, dove anche dopo lo scoppio della bolla dei mutui la percentuale di chi abita in case di proprietà è vicinissima al 65%, più o meno come nella ‘rigida’ Francia. In Cina è al 90, in Russia all’87 e in generale nell’Est Europa la passione per la casa di proprietà è molto forte.

Non c’è la morale, non c’è il bene e il male, non c’è il progresso contro l’oscurantismo. C’è solo il nostro parere: la casa di proprietà è una zavorra per i giovani, anche (soprattutto?) quando gliela regalano i genitori, nella migliore delle ipotesi induce a fare scelte lavorative comode, a costo di essere al ribasso. Superata la quarantina è quasi una necessità fisica, un posto dove fermarsi e mandare a fare in culo tutti. Più banalmente un posto dove finalmente mettere le casse di vecchi Tex e Superbasket, strappandoli alla tristezza dello storage.

Come risposta generica diremmo che la casa di proprietà è un valore, oggi più di ieri, senza inerpicarsi in ragionamenti sul costo opportunità. Lo è perché nel mondo dello sharing e della liquidità è qualcosa di tuo, che puoi amare od odiare ma che rimane comunque tuo. Certo è più facile governare masse senza beni di proprietà e senza radici, che aspettano l’elemosina di Stato o le vibrazioni dell’uomo forte.

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