Moggi e la guerra fra gli Agnelli

29 Agosto 2018 di Indiscreto

L’intervista di Luciano Moggi al Corriere dello Sport di oggi, fatta da Giancarlo Dotto, è memorabile anche nelle parti non inedite e forse superiore come contenuti ai libri scritti su e da Moggi. Ne consigliamo la lettura in forma integrale: due pagine in cui l’ex re del calciomercato lascia andare un po’ i freni inibitori e propone, in alcuni casi ripropone, le sue verità su Calciopoli e tanti altri temi.

Secondo Moggi Calciopoli ha avuto varie cause e fra i colpevoli più della Juve avrebbe dovuto esserci il Milan, che controllava FIGC (Carraro) e Lega (Galliani) mentre con Meani agiva direttamente sul sistema arbitrale. Restringendo il discorso agli arbitri, poi, le pressioni pro Inter di Facchetti sui designatori non erano diverse da quelle di Moggi stesso. Cose già dette e lette, ma nessuna retrocessione e nessuna sanzione sarebbe stata possibile se Calciopoli non fosse stato un assist, chissà quanto casuale, per un regolamento di conti all’interno della famiglia Agnelli. “Il problema vero è che c’era una resa dei conti all’interno della Juventus per farci fuori – dice Moggi -, quella famiglia Agnelli è sempre stata un Far West e avevano paura che Giraudo, delfino di Umberto Agnelli, prendesse troppo potere”. Insomma, quello che (modestamente anche noi) qualcuno aveva scritto da 12 anni mentre il giornalista italiano medio si commuoveva raccontando non solo a Tirzan ma anche ai tifosi delle altre squadre di questa famiglia unita che tanto bene aveva fatto all’Italia, non solo nel calcio.

Moggi ha ben chiaro quale ala degli Agnelli abbia voluto liberarsi di lui e Giraudo, mentre a Bettega riserva poche parole sprezzanti (“Un soldatino”). Ovviamente quindi è dalla parte di Andrea Agnelli (“Un ragazzo sveglio, con lui mi sento spesso. È stato con noi 12 anni e ha imparato tutto”), pur non approvando per motivi di età l’acquisto di Cristiano Ronaldo (“Marketing Fiat”) e diverse altre operazioni del 2018, dalla cessione di Higuain allo scambio Caldara-Bonucci (“Una cazzata”). Sottile ma non troppo la distinzione che opera fra Marotta (“Bravo amministratore”) e Paratici (“Complemento tecnico fondamentale”), visto che tutti tranne gli esperti di Juventus sanno che Marotta è considerato l’uomo di Elkann e l’uomo che deve dare valore al club in vista di piani futuri tutti da decifrare. Scontata la disistima per Montezemolo, anche se nemmeno a 15 anni dalla morte Moggi si azzarda a nominare in negativo il totem Gianni Agnelli. Lì anche interisti e milanisti in canottiera, del genere tifosi di Azzurra e della Ferrari, potrebbero prendersela.

Ma gli argomenti toccati sono tanti e i racconti di Moggi, anche quelli riciclati (il pugno di Ibra a Zebina, la firma con l’Inter saltata a causa di Moriero, Moratti che gli soffia Stankovic grazie alle intercettazioni di Telecom, Lotito in realtà romanista) e quelli del genere ‘Sono un fenomeno’ (l’acquisto di Cristiano Ronaldo diciottenne saltato per colpa di Salas, Ancelotti consigliato a Berlusconi per la panchina del Milan), sono interessanti. Ironia sull’Inter attuale (“Vince lo scudetto alla grande”) e pochi sorrisi invece parlando di Collina (“Sponsorizzato dal Milan”). Leggendo le parole dell’ottantunenne ex dirigente una prima domanda sorge spontanea: la Juventus di questi ultimi sette anni è stata più moggiana di Moggi o ha soltanto vinto di più? E la seconda è ancora peggio: quanti sono i piccoli Moggi, moltissimo meno capaci di lui ma leggermente più furbi nel presentarsi, sparsi nella serie A di oggi?

Share this article