Django in Lomellina

18 Gennaio 2013 di Fabrizio Provera

The time is come. Non ce ne vogliano cineasti e cineamatori di ogni foggia, ma il film più Indiscreto del 2013 esce in questi giorni: parliamo ovviamente di Django Unchained, che nelle oscure (per noi profani) traiettorie artistiche di Quentin Tarantino dovrebbe essere una delle sue ultime opere, siccome il geniale regista nato in Tennessee nel 1963, quindi prossimo al compimento del mezzo secolo di vita, appenderà al chiodo la macchina da presa al decimo film. Il profluvio di critiche, lette in modo compulsivo nelle ultime settimane, non ha certo placato la nostra sete; per scegliere il luogo maggiormente adeguato dove ammirare le gesta dei bravissimi Leo Di Caprio, Samuel L. Jackson, Christoph Waltz e Jamie Foxx (ci mancheranno moltissimo le due icone tarantiniane per eccellenza: Uma Thurman e Michael Madsen), invece, ci abbiamo messo un po’.

Alla fine abbiamo scelto Parona Lomellina, un luogo decisamente Indiscreto e molto spaghetti western style: con meno di 1800 abitanti, è il comune lombardo più piccolo ad ospitare un cinema multisala. Sperso in Lomellina, un lembo agricolo di pianura a metà tra il Klondike della Disney, il Montana e certe parti periferiche dell’Idaho (che è forse lo stato americano periferico per eccellenza), Parona è luogo d’elezione per i tarantiniani devoti come noi. Stiamo cercando di trattare con un maneggio per raggiungere il cinema a cavallo, avvolti in uno Stetson e in un giubbotto preso a nolo dai costumisti di Ombre Rosse. Se facesse troppo freddo, siccome ci andremo domani sera, ripiegheremo su un Dodge d’annata, che fa molto stato del Montana o dell’Arizona..

Saremo deliziati, ne siamo certi. Dal film? Non solo. Dalla commistione di genere, dall’omaggio all’estetica di Sergio Leone e allo spaghetti western, nato a metà degli anni Sessanta proprio quando il western americano stava tramontando e che ha re-inventato le regole del genere, svecchiandole e rendendole più immediate a un pubblico giovane. “Tutti i western americani usciti tra il 1963 e 1965”, ha confessato Tarantino nel 2007 a Nocturno , la cult-rivista che annovera i fan più ortodossi del regista di Pulp Fiction, “sono estremamente datati e poco interessanti, persino Peckinpah… In quei film era tutto stereotipato, sai, cose del tipo, il buono porta il cappello bianco e il cattivo lo porta nero. C’era un senso del bene e del male molto elementare, mentre negli spaghetti western i personaggi avevano molte sfaccettature e spesso i buoni erano più bastardi dei cattivi. Anche la violenza e il sadismo dello spaghetti western era qualcosa di sconosciuto al cinema americano, senza contare il look dei personaggi che era molto più cool. Questi aspetti hanno cambiato e dato nuova linfa vitale anche al western americano. In un certo senso, poi, tutto diventa un’enorme catena di influenze e richiami”.

Nel cammino di avvicinamento alla visione di Django Unchained abbiamo finalmente visto il Django originale con Franco Nero, anno 1966 e regia di Sergio Corbucci. In effetti si tratta di una pellicola zeppa di tarantinismi ante litteram: una donna frustata con violenza in apertura, Nero che trascina una bara che non contiene un morto (ma una terribile fonte di morte), il rivoluzionario messicano che infligge alla spia nemica una terribile menomazione, tagliandogli l’orecchio e facendolo ingoiare al malcapitato figuro. 27 anni dopo, nel 1993, sarebbe toccato a Michael Madsen replicare questo macabro rituale, sulle note di Stuck in the middle with you. Basta, ci fermiamo.. C’è il rischio di dilungarci troppo. Ora parli solo la macchina da presa. ‘Signori, avevate la mia curiosità. Ora avete la mia attenzione..’. Straordinario.

Share this article