Vivere di scommesse, vivere come Bill Benter

8 Gennaio 2021 di Indiscreto

Vivere di scommesse si può, in teoria, ma nessuno nel mondo ha mai raggiunto la fama e la ricchezza di Bill Benter: a 64 anni il nativo di Pittsburgh ha tagliato il traguardo del miliardo di dollari di patrimonio senza fondare start-up tecnologiche o vendere armi, ma soltanto grazie alla matematica e allo sport, in particolare le corse dei cavalli. Ne parliamo perché da quando tre anni fa si fece intervistare, da Bloomberg Businessweek, Benter è diventato anche un personaggio pop e solo nell’ultimo mese si è scritto su di lui in tutto il mondo, dal Sun a Marca al Corriere della Sera.

Laureato in fisica, già da studente Benter mise a punto un metodo per il blackjack, che in una prospettiva matematica è uno dei giochi più vantaggiosi per il pubblico, e ci volle poco per farlo ritenere indesiderato a Las Vegas. Negli anni Ottanta si mise in società con il gambler australiano Alan Woods e spostò il mirino sull’ippica, creando un algoritmo predittivo che dietro al grande numero di variabili (130 quelle totali, ma soltanto una ventina quelle che spostano) nasconde il segreto di Pulcinella: quasi tutte queste variabili hanno una componente qualitativa, cioè dipendono anche da competenza e giudizi soggettivi. Dopo quanta pioggia si può dire che un terreno è pesante? Dopo quanti giorni di inattività c’è per un cavallo il confine fra l’essere riposato e l’essere fuori forma?

La fortuna di Benter, nata a Hong Kong che è forse la capitale mondiale delle scommesse anche per la possibilità di accedere a circuiti no limits, è basata sì sulla matematica e sulla competenza ma anche sul fatto che per gran parte della sua carriera lui ha evitato di sfidare il banco e le quote fisse, puntando invece sulle cosiddette ‘parimutuel odds’, cioè le nostre scommesse al totalizzatore. Diversamente da quanto accade con la quota fissa, al totalizzatore la fortuna di chi vince dipende soltanto dalla sfortuna (o dalla scarsezza) di chi non vince, cioè gli altri scommettitori. Il banco trattiene una percentuale per il lavoro, a Hong Kong il 17%,ed il rimanente 83 è diviso fra i vincitori. Semplificando e ipotizzando che esista un solo mercato significa che un solo vincitore incasserebbe l’83% del montepremi.

Va da sé che la fortuna di Benter e dei suoi soci, che nel corso degli anni sono cambiati, è nata puntando in maniera sistematica su cavalli sottovalutati dal mercato. Facile, no? Però a vincere in queste proporzioni è riuscito nel mondo soltanto lui. Che ha fatto frequenti incursioni in altri sport, su tutti il baseball (dove la statistica e i numeri sono un’ossessione), andando in guadagno ma con risultati lontanissimi da quelli ottenuti nell’ippica. In altre parole, vivere di scommesse si può e non si deve nemmeno essere più competenti del banco: è obbligatorio però esserlo più degli altri scommettitori.

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