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Uno Stadium piccolo piccolo

Giovanni Capuano 09/10/2011

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di Giovanni Capuano
Nell’inchiesta de La Gazzetta dello Sport sul calo degli abbonamenti negli stadi e il contemporaneo boom dell’audience televisiva del calcio prendiamo per interessanti due aspetti. Il primo è che a reggere numericamente sono alla fine le solite note: milanesi, romane, Juventus e Napoli insieme coprono la metà esatta degli abbonati della serie A (142mila su 282mila) e ci sono realtà dove il calcio resta uno spettacolo per pochi intimi come Chievo (7mila), Lecce (poco meno di 4mila), Cagliari (4mila) e Catania (9mila).
Stiamo parlando di regioni e bacini d’utenza lontani dal raggio di attrazione delle grandi, di squadre che raramente giocano in contemporanea con gli anticipi e posticipi da record di ascolti e che, quindi, non dovrebbero avere difficoltà a riempire gli stadi. Se non lo fanno la colpa è sempre della tv o magari questi tifosi sarebbero più invogliati se i loro presidenti non gli presentassero tutti gli anni squadre sempre più infarcite di sconosciuti da lanciare e vendere a peso d’oro al primo gol? La seconda valutazione è sulla percentuale di riempimento degli stadi. A parte lo Juventus Stadium per il quale la capienza limitata a 41mila sarà sempre un limite e un vantaggio insieme, colpisce il dato del Milan fermo a uno sconsolante 52,2% pur avendo ospitato a San Siro (oltre al Cesena) due squadre di buon livello come Lazio e Udinese. I tempi dei record di abbonati sono davvero lontani, ma questi numeri fanno cadere il velo anche sulle strategie di marketing comunicativo per cui lo scudetto conquistato a maggio aveva iniettato entusiasmo in un ambiente depresso da tempo. I numeri dicono il contrario: sono calati gli abbonati (da 31.319 a 30.398) e anche i biglietti staccati. Che Ibra non sia l’unico con il mal di pancia?

(9 ottobre 2011, per gentile concessione dell’autore. Fonte: Calcinfaccia)

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