Tutta Italia sul carro dell’Eurovision RAI

L'opportunità per la RAI di organizzare una manifestazione seguitissima in tutta Europa ha scatenato gli appetiti di tante città. L'unica certezza è che le lungaggini di Sanremo devono essere abolite...

28 Maggio 2021 di Paolo Morati

Era abbastanza scontato che una manifestazione come l’Eurovision Song Contest, per tantissimi anni sostanzialmente ignorata in Italia per poi recuperare un certo interesse dal nostro ritorno nel 2011, sarebbe improvvisamente diventata una priorità nazionale. Dopo la vittoria dei Måneskin a Rotterdam stanno di fatto fioccando le candidature più o meno ufficiali delle città che vorrebbero ospitarla nel 2022, senza tuttavia considerare come le regole dell’European Broadcasting Union (EBU) siano piuttosto restrittive, a partire dalla location che dovrà essere alta non meno di 18 metri e garantire almeno 10.000 posti più il palco, oltre che una sala stampa per 1.500 giornalisti. A questo si deve aggiungere una adeguata capacità ricettiva e i necessari collegamenti con gli aeroporti internazionali. Insomma non certo qualcosa che tutte le città italiane possono offrire.

Su questo fronte negli ultimi giorni si è parlato in ordine sparso di Milano, Roma, Torino, Bologna, Verona, Firenze, Napoli, Reggio Emilia, Pesaro, Sanremo… Alcune ipotesi sono più credibili, altre meno, ma comunque segno di quanto l’opportunità di ricevere migliaia di persone provenienti da tutta Europa (e non solo), tra delegazioni ufficiali e pubblico, sia importante in termini economici per l’inevitabile indotto, oltre che per l’immagine generale.

Nel frattempo si comincia anche a discutere su chi potrebbe presentare l’Eurovision Song Contest con un’ottima padronanza dell’inglese (ma anche il francese è necessario) e garantendo quella perfezione in termini di tempistiche e ritmo che lo spettacolo deve offrire. Per nulla si può di fatto pensare a una costruzione in stile Sanremo, con scalette lunghissime, miriadi di ospiti, battute, interruzioni e quant’altro. Al centro solo la musica. Chi conduce deve fare un passo di lato, al di là dell’introduzione iniziale, svolgere il compito di connettore tra le varie fasi di tutte e tre le serate (le due semifinali e la finale) e gestire la conclusione con le votazioni.

I nomi che circolano, con la quasi certezza che si tratterà di una cosa a più voci, partono da Alessandro Cattelan per arrivare a Milly Carlucci, mentre Claudio Baglioni si è detto disponibile a fare da direttore artistico. Ora, qualcuno potrebbe pensare che sia prematuro parlarne ma in realtà quella del concorso eurovisivo è una macchina complessa sulla quale non si può sbagliare, anche per evitare la disastrosa esperienza dell’edizione 1991, l’ultima a essere stata ospitata in Italia dopo la vittoria a Zagabria di Toto Cutugno.

Fortunatamente dal 2011 (secondo posto di Raphael Gualazzi), l’Eurovision Song Contest ha via via guadagnato un interesse da parte dei diversi fronti coinvolti. Per cui le nostre sensazioni sono buone. E considerato cosa sta accadendo in termini di popolarità per i Måneskin non è detto che anche quei ‘grandi’ cantanti (o chi per loro) che di solito snobbano Sanremo (il vincitore si qualifica di diritto all’ESC) non ci ripensino magari sperando di potervi poi accedere.

Ci sono quindi tutte le basi perché la RAI, organizzatrice insieme all’EBU (che nominerà un supervisore), possa fare un buon lavoro (fondamentali anche le cartoline di presentazione e gli interval act), senza per questo necessariamente allinearsi in tutto e per tutto al ‘copycat’ della formula ma garantendo tuttavia quella precisione richiesta da un’impostazione che non prevede momenti di improvvisazione. Magari cogliendo anche l’occasione per ripensare il format del Festival della Canzone Italiana, a cominciare dalla formula di votazione che potrebbe ricalcare (come auspichiamo da tempo) proprio quella dell’Eurovision su base regionale.

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