Siena come i Beatles

18 Giugno 2012 di Oscar Eleni

Siamo nella repubblica dei sensi perduti se il presidente di Lega consegna soltanto la coppa dei campioni, mentre le medaglie ai campioni le consegnava il suo associato e creatore della meraviglia di Fontebranda, il Ferdinando che quando entrò nel basket sapeva di pubblicità, sapeva della natura degli uomini che poi ha plasmato a sua immagine e somiglianza tutti, dall’eccellente ufficio stampa all’ultimo dei magazzinieri. Era la verità svelata ai telespettatori di un’Italia baskettara che nelle ultime due partite di semifinale è stata costretta, soprattutto prima di gara quattro, a maledire quei bravi ragazzi della pallavolo che si sarebbero indignati davvero se il loro Vu day fosse arrivato in coda ad una partita di World League affrontata con la squadra B e a una finale di beach volley fra Svizzera e Germania. Niente di male. Tutto chiaro, chiarissimo. Come le facce dei protagonisti nella corsa verso il vello d’oro: sulla torre senese il Minucci teso, violino Stradivari pronto a scattare al primo segnale, pronto a ricominciare anche con meno soldi, pronto a far capire che le idee servono più dei dobloni; sul Duomo milanese vedevi quasi sorridente la squadra di esploratori mandata da re Giorgio a vedere se davvero i pigmei restano pigmei anche sui monti e se le   piramidi sono piramidi anche nelle valli.

Certo che è così e lo impararanno nelle prossime stagioni quelli che non avranno la gotta, quelli che non saranno confinati al Rincosur come dice il lettore fisso, sarà l’unico a far infuriare i pochi estimatori (?) di questa rubrica quando pensa che trattiamo troppo male i  guerrieri non sempre fieri della sua Olimpia che per quattro finali scudetto ha speso davvero tanto rimanendo senza tituli di qualsiasi genere,  umilata dall’Europa che ora la rivuole, ci mancherebbe, considerando che l’eurolega ha bisogno di campi dove non tutto è calore, gelo e rumore oltre l’inquinamento e le regole, battuta più volte sul campo anche se non umiliata come ai tempi del povero Bucchi che ora fa bene a ricordarci del pentimento del Livio Proli che con una sola dichiarazione ha sistemato il bolognese promosso con Brindisi e il Peterson che, per la gola, per presunzione sapendo di non avere più credibilità per far sputare sangue nella zona del Lido diventata sede balneare a scapito del patrimonio Liberty della vera società, gli salvò le natiche dorate nel momento in cui fare basket a Milano, anche coi soldi, era diventato inferno.

Certe parole volano. Se non hai riconoscenza, prima o poi, la freccia torna verso il tuo lato B. Non serve avere cavalieri serventi nelle grandi testate. Il popolo sente a pelle se hai la personalità per far capire a professionisti, ben diversi di quelli che trovi in una azienda, che sai dove perdono le loro partite prima di giocarle. Siena e la sua grande anima. Milano e la sua grande presunzione non sostenuta da quelle che nel gergo si chiamano sfere d’amianto. Il Monte da rifondare, dopo aver scoperto di aver fatto una squadra sbagliata, si è rifugiato sulla difesa e  sul genio. L’Armani proiettata in un domani senza tanti avversari se una semifinalista come Pesaro liquida il suo allenatore dicendo di non potersi permettere l’ingaggio, anche pensando ad una scusa resta la verità spiegata da Scavolini cento volte alla città, senza barriere, a parte Venezia e  Cantù, al momento, con il mistero senese da risolvere in pochi giorni, questa Olimpia avrà anche un orizzonte davanti, ma, come diceva quel tale nel film Boris, l’orizzonte si sposta ogni volta che fai un metro avanti e potresti non arrivare mai dove vuoi.

Finalmente, finalmente, urla dal Bosforo chi conosce  uomini, fatica, battaglia, dignità nella sconfitta, il Boscia pronto a salire verso Bormio tradita dalla Nazionale. Cosa vorrà dire quel finalmente? Secondo lui la crisi senese aprirà  davvero i cancelli del paradiso per Milano che, intanto, pensa al futuro trattando Hackett e Venard Richard Hendrix, il due metri dell’Alabama che arriva dal Maccabi. Vedremo anche questo. Il Minucci più pericoloso è quello che odia, che arriva a tutto e a tutti e che sa inventare.

Pagelle delle finaliste aspettando che entri in scena la Nazionale dove si comincia con la stessa tensione del campionato perché  Scariolo e Pianigiani che non si danno la mano rappresentano la sfida fra guelfi e ghibellini del basket dal giorno in cui don Sergio consigliò  a Melli di prendersi una vacanza rinunciando a fare lo sparring per la Nazionale A,  da questi mesi sul rancido dove i permalosi a confronto usavano amici “giornalisti” comuni per far sapere all’altro quanto era grande il disprezzo (“Hai vinto perché  avevi i migliori, hai vinto perché avevi i soldi e l’apparato ai piedi….”), dalle ultime settimane dove Scariolo giura di non aver influenzato Alessandro Gentile che il professor Porcellini di Forlì vorrebbe operare alla spalla facendogli saltare l’estate azzurra. Certo nella sosta sarà bene anche rivedere la meccanica di tiro del figlio di Nando perché senza parabola si va poco lontano, anche non parlando soltanto di televisori.

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