Sabermetrica e Chanel

17 Novembre 2012 di Oscar Eleni

Strano davvero questo catastrofismo sulla Milano battuta ad Istanbul dall’ Efes, un muro del pianto. Parliamo di giornali non certo dei visir di casa che erano positivi anche dopo il bagno con Reggio Emilia e la Reyer, inadatti alla situazione: la serie di sconfitte si allunga, ma questa volta c’erano tante buone scuse, l’assenza di Bourousis, l’incidente che ha tolto Gentile dalla partita, l’influenza alla vigilia di Langford dagli occhi di velluto che non stregano tutti compagni, una cosa nota da Bologna  alla Russia, ma cadere e perdere anche il doppio confronto con  la squadraccia di Mahmuti che si diverte a regalare ai nemici un sesto ed inatteso uomo come quel presuntuosone di Erden, che devi sempre pregare di avere come presunto avversario, costa poco nella fase di eurolega che stiamo vivendo: basterà battere in casa Zagabria, anche se ha fermato quelli di Kaunas che, lo sapete, sono la più bella banda di babbi Natale dello sport come spiega la storia lituana, per andare oltre il primo muro. Era il minimo richiesto al los milionarios del Proli, ma per come si erano messe le cose ci siamo tutti spaventati e, ancora adesso, pur con un compitino facile facile da finire, restiamo sul cauto perché non è difficile dimostrare che si può persino difendere, soprattutto quando sei sul burrone della sfiducia di un pubblico mai conquistato, di una società spaventata e piena di dubbi su tutto, su tutti, figurarsi giocatori che a fine mese battono cifre da super campioni, pazienza se in campo, molto spesso, lo dimenticano. Certo non era un tormento difendere contro l’Efes cocciuta  che Farmar aveva abbandonato, preso a misurarsi gli attributi davanti allo specchio delle prime settimane felici, contro una squadra che dava ad Erden la possibilità di ardere come il più triste dei fuochi fatui. Comunque sia qualcosa si è mosso nell’animo in cachemire dei ragazzi in rosso,  in nero, in bianco, vedremo se all’esame di coppa Italia che avremo a febbraio,  sul campo “amico” del Forum, quello sarà il giorno dello sbarco sulla luna dei vincenti o del vagare per anni nello spazio come il Navarro di Alto Gradimento. Ragionare su altre cose non ha senso direbbe don Sergio. Concordiamo. Ha solide carte in mano per dire che lui arriva spesso dove vuole.

Per Cantù, invece, il cammino europeo nel girone di ferro sta diventando troppo difficile anche se la corsa sul Panathinaikos non  è ancora chiusa. Passare sui greci nel prossimo turno potrebbe allungare i tempi del sogno, anche se nelle trasferte di  Mosca ed Istanbul ci sarà da mangiare  zuppe di rapa con panna e mandorle all’aceto. Lubiana era il crocevia. Un’avversaria orgogliosa, il Blazic che si è visto portare via dal bel Vujacic matamoros sui rossi di Livio il titolo di MVP di eurolega per il sesto turno, ha scavato nella ferita evidente dopo l’infortunio di Smith perché Tabu, da solo, non può farcela. Anche la Mapooro ha pagato debiti alla sorte dovendo fare a meno di Scekic e alla fatica digestiva dei nuovi, cominciando dal Brooks che non sa ancora di aver fatto un passo avanti nell’evoluzione come giocatore e, troppo spesso, torna a voler essere una prima punta con paraocchi come in A2, ma certo la sua vera colpa non è stata cadere a Lubiana sotto i colpi degli sloveni e degli arbitri quando comandavano Bianchini e il suo alter ego Moizo, ma quella dell’esordio quando la fatica  di una qualificazione sofferta aveva alterato tutto.

Si torna al campionato, si brinda pechè adesso sembra quasi codificato il turno di mezzogiorno pro tv, la dual dei dispetti fra il parco Francica e quello di  Trigari su Sport Italia, con La7 che dovrà sostituire il Pozzecco pronto a stupirci come allenatore perché ha giurato che sarà un rompiglione nella culla di Capo d’Orlando. Insomma la grande metamorfosi che  un tempo fece diventare Dado Lombardi, livornese, fenomeno sul campo in gioventù, stella olimpica a Romna 1960. orco mangiapalloni in una carriera da capocannoniere senza mai uno scudetto, un  allenatore spietato con chi non difendeva, a lui per fargli seguire un avversario non bastava neppure cospargerlo di Chanel numero 5. Quello di Pitt, appunto. Siamo curiosi. Arrivederci.

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