Quasi tutti pro tempore

29 Aprile 2022 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da una chiesa sconsacrata del raffinato Marais parigino per una lettura collettiva sulle volgarità e atrocità del mondo ben rappresentate dal babbo che mette la droga nello zainetto del figlio per vendere in trasferta. Platea conquistata dal tragico balletto dei guerreggianti, dagli infiltrati del male in troppe istituzioni e poteri per credere  che il bene possa vincere  almeno ai supplementari prima che una catastrofe spazzi via non soltanto gas e petrolio.

Con questo stato d’animo non ci sentiamo certo sollevati per la colazione andata di traverso leggendo l’intervista in rosa del presidente  del basket Petrucci dove a domanda sul futuro di Sacchetti come c.t. della nazionale risponde: ”Non è che possiamo tenerlo a vita. Siamo tutti pro tempore”. Tutti chi? Direbbero quelli contrari ai doppi, tripli mandati presidenziali. Ma lasciamo perdere, nella chiesa fa già molto freddo e Macron non ci aiuta a decrittare le minacce presidenziali a spicchi per chi rinuncerà alla Nazionale, l’adorata creatura che può creare un seguito, basta che non sia sulle televisioni a pagamento, quelle del 2 per cento di ascolti quando in campo sono andate Virtus e Armani.

Ai reprobi penserà il giudice federale, ohibò: come si può negare Melli ad Azzurra, proprio adesso che è pure candidato come MVP del campionato? Anatemi, rimuginando sui 480.000 dollari sborsati all’assicurazione per avere il Gallinari che appena eliminato con Atlanta annuncia il suo arrivo per una vita lieta in Nazionale. Chissà cosa costerà far venire Banchero per l’eventuale Mondiale, magari non ci qualificheremo, tanto la colpa si sa già di chi è, ma per fortuna nel serbatoio federale adesso c’è il PozzeccoMolto simpatico e poi anche competente”. Ma dai, noi pensavamo che  fosse stato scelto per la under 23, e prima da club importanti, soltanto perché teneva allegri gli stessi presidenti che poi lo hanno spinto alla meditazione nel Getsemani del Messina che ora dovrà pensare soltanto al campionato dopo la battaglia con Ergin Ataman che lo ha messo fuori dalla finale di eurolega.

Ecco che ci siamo. Maledetta primavera per il basket di club. Con la caduta Armani ci resta soltanto la Virtus che a Valencia cercherà di scatenare la sua legione per avere un posto nella eurolega che sta sul gozzo (pro tempore?) alla Fiba e al Petrucci più della NBA che recluta tanti bravi giocatori europei e se ne fotte di quello che pensano nel Vecchio Continente. In settimana, sempre ad Istanbul, anche Reggio Emilia ha dovuto inchinarsi ad una squadra turca nella quarta delle coppe europee, una invenzione superflua dei capoccioni (pro tempore?) che dirigono il basket al di fuori del mondo NBA. Voi dite che hanno un  senso 4 coppe per i club che costano tanto, per viaggi, arbitri, incazzature varie?

Una domanda che vorremmo fare anche ai ricconi dell’ULEB, scomunicata non soltanto da Petrucci: che senso hanno tutte quelle partite che portano ai play off? Perché non coinvolgere più paesi, soprattutto adesso che nelle semifinali della seconda coppa, quella che apre lo scrigno della chiesa maggiore, ci sono una italiana, una turca, Andorra  e Valencia, lasciando fuori sloveni, serbi, francesi, tedeschi e perché no anche gli inglesi dai grandi mezzi e palazzi in mano agli sceicchi? Non sarebbe  meglio  accogliere tutti a palazzo, costruire un calendario meno invalidante per troppi giocatori già impegnati nei campionati nazionali, arrivando a primavera con squadre sane e giocatori non in riserva?

Questo lo direbbe per primo anche Ettorre Messina, massaggiandosi le mani appena bastonate dal suo presidente di fiducia federale, per le giuste osservazioni sugli arbitri “io sono io” che sanno ridere, ma, spesso, non dirigere. La sua Armani è arrivata in pezzi alla primavera del miserere nobis se ti mancano tiratori, centimetri, giocatori. Contro l’Efes che ha trovato persino un’idea difensiva dopo il burro offerto a tutti in stagione, tanto da finire al sesto posto pur essendo campione in carica, questa Milano si è sentita impotente al tiro, quasi sempre sotto il 30 per cento, si è scoperta cortissima, anche se  per i nemici del Messina pensiero questa Armani era lunghissima, magari non protetta dalla lungimiranza per avere possibili correttivi quando si entrava nel vero gioco. Sì, certo, chi immaginava la fine di Moraschini e Mitoglou  nel palazzo oscuro del’antidoping? Magari sul Covid si poteva prevedere il danno, visti tanti viaggi e la smania dei giocatori, simili a tutti, di cercare sorrisi dopo aver vissuto il duro lavoro nella miniera degli allenamenti, fra gli urli per giocate a pene di segugio in partita.

Niente da dire all’Armani battuta ed eliminata ad Istanbul, anche se aveva al piede una palla pesante sigillata dalla vergognosa gara uno finita segnando 48 punti. Hines sembrava Leonida nell’arena turca. Ha fatto di tutto, alla fine ha trovato anche il Datome appena operato. Purtroppo soltanto lui, Hall, un Tarczewski che ha dato tanto per il poco che gli era stato chiesto, mentre Bentil ha fatto rimpiangere i silurati dell’ultima stagione. Per il resto soltanto un Ricci generoso e Grant che si è guadagnato la pagnotta.

Il verdetto è stato scritto nei 5 minuti finali di partite lottate, difese bene, sofferte, mai fortunate, quando Ataman ha messo la camicia di forza a Shields, bravo in attacco soltanto nei due tempi  finali di gara due al Forum, generoso sempre in difesa, anche se questo gli ha tolto energia in gambe mai ritrovate dopo mesi fuori per infortunio. La truppa era soltanto questa con Melli a casa, purtroppo, e Delaney fuori, anche se fuori lo sembrava da tempo forse sapendo che ora in casa Olimpia interessa Pangos. Gli altri? Tutti bravi a sventolare asciugamani, nessuno, da Biligha a Baldasso o Alviti, per non parlare del Daniels che incanta soltanto per due o tre tiri a partita, ha convinto il generale che potessero almeno portare messaggi inquietanti per i nemici.

È finita come si pensava e temeva. Ora, giustamente, a Milano dicono che l’obiettivo, scudetto a parte, è costruire una squadra che l’anno prossimo possa tornare alle finali dove l’Efes difenderà il suo titolo, lei sì squadra che per tre anni è stata al vero vertice. Ci mancherebbe, direbbero i soliti che, davanti alle spese della nobil casa, sono sempre  convinti che i soldi facciano canestro o magari un gol più di quelli che ti fa subire un povero portiere come quello dell’Inter mandato nella mischia e ora al rogo insieme  a Simone Inzaghi, tre giorni  dopo la sua beatificazione. Ai nemici dell’illuminato Messina non interessano i suoi successi, bella forza, come diceva il Furbin al Beppe Viola guardando i salti in lungo del Beamon “avvantaggiato” dalla rincorsa, se hai sempre i più bravi.

Lasciamoci qui aspettando il nostro giorno di festa, adesso che non entriamo più neppure nelle rassegne stampa legaiole. Ci sono tante cose da dire dopo aver scoperto Coach Box Magazine, la rivista tecnica federale, vera miniera di bellezza, cominciando dalla storia di Taurisano. Aspettando di sapere come sono andate le votazioni per i migliori dell’anno dove nelle rose proposte c’erano  bravi davvero e quelli sostenuti dai “bravi” comunicatori in collegamento con agenti e famiglie allargate, ma di questa Lega che ha già circondato Gandini avremo tempo di  parlare perché nessuno di loro si sente pro tempore.

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