Quando i pali erano quadrati

26 Novembre 2008 di Stefano Olivari

Nessuna ricerca di mercato, nemmeno se condotta su un campione di abitanti di Agrigento, potrà mai convincerci della redditività di un libro sull’Akragas. Ma valore e prezzo sono cose diverse, quindi dopo avere letto ‘La mia Akragas – Quando i pali erano quadrati’ (Edizioni Il Fiorino), non possiamo che essere felici di avere impiegato bene il nostro tempo. Notevole è infatti il contributo alla conoscenza di un calcio raccontato sempre male, da corrispondenti di provincia che per campare fanno mille lavori (fra questi raramente è compreso il giornalista) o da grandi inviati che arrivano al paesello con la puzza sotto il naso e la pretesa di raccontare il mitico ‘uomo’ di persone conosciute cinque minuti prima. L’autore è Dario Spagnoli, modenese che nell’Akragas ci ha giocato da centrocampista, e che è riuscito a descrivere il calcio semiprofessionistico degli anni Settanta in maniera strepitosa (merito anche del curatore, Alessandro Todaro). Non è un libro di denuncia alla Petrini (fra l’altro suo amico, la prefazione è firmata proprio da lui), ma il racconto dall’interno dello spogliatoio di miserie e nobiltà morali di un ambiente che propone gli stessi difetti del grande calcio ma senza darne in cambio i vantaggi. Lo schema dell’autobiografia dà fluidità al racconto, la forza di certi personaggi permette di non perdere il filo, l’assenza di livore anche quando parla di situazioni sporche (stipendi non pagati, partite sospette, eccetera) porta chi legge ad una facile immedesimazione. Spagnoli è stato una vera bandiera dell’Akragas e di un certo calcio siciliano, dopo le giovanili nella Reggiana, ma oggi lavora al di fuori dello sport e l’onestà nel raccontare certe situazioni gli viene più facile che ad uno che vuole rimanere nel giro, anche solo come grillo parlante alla Agroppi. Gli manca Agrigento, ma non quel calcio di promesse poco mantenute.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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