Primo allenamento con Dan Peterson

4 Agosto 2022 di Franco Casalini

E così, sarai tu il mio assistente? Bene, non hai idea del culo che ti farai!”. E giù una risata sguaiata, come a dire: hai voluto la bicicletta? Pedala, adesso. Questo fu il mio primo impatto col coach. Stava per dirigere il primo allenamento con la sua nuova squadra, ancora in giugno, appena arrivato da Bologna e reduce dalla finale persa contro la Mobilgirgi. Era un arrivo voluto ma non all’unanimità. Infatti, dopo l’ultimo risultato la stampa scriveva: “A Milano arriva un perdente”. Da Bologna in treno, naturalmente: perché la “mia macchinetta“, come chiamava la sua preistorica 500 bianca con le portiere controvento, l’avrebbe portata a Milano in settembre: partenza al mattino, arrivo nel pomeriggio inoltrato. Non credo potesse superare i 60 all’ora. Salvo poi lasciarla posteggiata davanti alla sede più o meno fino a fine stagione, senza mai, ovviamente, usarla.

Dan non amava molto guidare, avrei capito solo in seguito il perché: forse sono stato l’unico testimone oculare della sua abilità al volante. Qualche tempo dopo, saremmo andati a Treviso a visionare la squadra che dovevamo incontrare. Treno fino a Venezia, quindi macchina a noleggio in Piazza Roma. Al momento del ritiro dell’automobile, non so per quale impulso, mentre sto per infilare la chiave, il coach mi fa: “Lascia Franco, guido io”. E via a 200 all’ora, senza pensare né a incroci, né a paesi, né soprattutto a scalare le marce. Arrivammo a Treviso in 15 minuti, circa. All’ingresso del palazzetto Le Piscine (non c’era ancora il Palaverde) il malcapitato addetto ebbe la pessima idea di fermarci. Eravamo senza biglietto. Credo se lo sogni ancora adesso cosa gli disse il coach. Resta il fatto che, non so perché, in quella occasione, dei giochi di Treviso non capii nulla…Che sia stato il viaggio in auto? Mah…

Torniamo a quel primo allenamento, alla presenza del suo predecessore, Filippo Faina. Precisazione doverosa. Non si erano mai visti né prima, né, credo, dopo: signori come Pippo ne nascono uno ogni 100 anni! Primo impatto coi ragazzi, quasi tutti giovani, Boselli, Gallinari, Friz ed altri juniores più, forse, Ferracini e il povero Borlenghi, breve presentazione, mai amato i lunghi discorsi, poi via coi suoi esercizietti. “MAI!, PALLA!, TUFFI!, STARE GIU’!, MANI FORTI!, MANI VELOCI!, AVVICINARSI, RIMBALZO STRANO”. Tutta roba di reattività, agonismo, carattere, ad altissimo ritmo: mai visto, né immaginato, niente di simile. In quella prima occasione fu lui a comandare la trafila, ed eseguire, con quasi tutti gli esercizi che prevedevano il lancio del pallone da parte del coach. Alla fine disse a me e Guglielmo Roggiani (il primo anno eravamo in due, ad assisterlo, ma al momento della frase di cui sopra, Guglielmo non era ancora arrivato in palestra): “Avete visto? Bene, ricordatevelo, perché da settembre sarete voi a fare l’allenamento, io starò in mezzo al campo.” Altra novità assoluta, per l’Italia. Non contatele, saranno un’infinità. Cominciavo a capire cosa intendesse.

Estratto di ‘E via… verso una nuova avventura! 1978-1990: la squadra della nostra vita‘, libro scritto da Franco Casalini con Mino Taveri (prefazione di Dino Meneghin, postfazione di Mike D’Antoni) e pubblicato da Indiscreto nel 2011.

 

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