Più realisti del King

24 Luglio 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

La storia del video censurato (o meglio, requisito a due operatori durante il Nike’s LeBron James Skills Academy alla University of Akron) dalla Nike e indirettamente quindi da LeBron James, letta, riletta e rilanciata da tutti i siti del mondo, è istruttiva per almeno tre motivi.
1) La schiacciata a due mani del giovane Jordan Crawford è bella ma non certo umiliante per chi la subisce: partendo dalla sua destra Crawford batte dal palleggio un difensore e penetra in mezzo all’area, dove LeBron si limita ad arrivare in aiuto. Senza grande intensità, va detto, ma l’umiliazione è un’altra cosa: il Frederic Weis sovrastato da Vince Carter a Sydney 2000 può esserne un esempio, per chi ama questo genere di highlights machisti. Insomma, il sistema Nike se l’è presa per niente e probabilmente è stato più realista del re, dove per re si intende il King al quale Shaq ha promesso devozione e anello.
2) James non ha vinto il titolo, bloccato nella finale di Conference da Turkoglu e compagni (compagni non più di Turkoglu, visto il discutibile rimescolamento dei Magic), è stato da poco operato per l’asportazione di un tumore benigno e anche fuori dal campo non riscontra più l’unanimità di consensi di qualche mese fa: l’ultima che abbiamo letto è di un libro che uscirà fra qualche mese, ‘Shooting Stars’, in cui si parla della marijuana che James avrebbe fumato insieme ad altri compagni di high school alla St. Vincent St. Mary nel suo anno da junior (cioé il penultimo). Poca cosa, ammesso che sia vera (è comunque lo stesso James a parlarne), ma quando il periodo di una stella è grigio la mediatizzazione lo fa diventare nero.
3) Per il sistema Nba il massimo commerciale sarebbe stato una finale Cavs-Lakers, LeBron contro Kobe e vittoria libera, ma così non è stato e dopo che Bryant ha avuto il suo anello senza Shaq l’Mvp della stagione dovrà conquistarlo con Shaq. Che a 37 anni è un comprimario di lusso, cosa che era già nel 2006 nell’anno di Wade (quando fu oscurato anche dai minuti di qualità di Alonzo Mourning), ma che come immagine non ha eguali. Il nervosismo del King è giustificabile, ma questo ritardo nel primo anello (che Jordan vinse a 28 anni ed altri fenomeni veri non hanno vinto mai) è una vittoria per la credibilità della Nba. In uno sport dove l’arbitro conta molto più che nel calcio, quasi a livello pallanuoto, far girare una partita punto a punto sarebbe stato uno scherzo.
stefano@indiscreto.it
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