Per Kiev suona la campana

11 Marzo 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Abbiamo seguito (via web, anche se abbiamo letto su Superbasket che sarebbe stata trasmessa da E’ Tv) quasi tutta la partita di Eurochallenge fra la Virtus ed il BC Kiev, onestamente nell’attesa di Juve-Chelsea. Battendo in casa loro gli ucraini 69 a 57 la squadra di Boniciolli si è qualificata per i quarti di finale dell’unica coppa europea maschile targata FIBA, ma la partita ci è rimasta impressa in quanto rappresentativa delle logiche attuali del basket europeo medio. Palazzetto semideserto (i recenti 22mila per Partizan Belgrado-Panathinaikos sono un altro mondo) e squadra sconvolta negli ultimi giorni dalla crisi finanziaria. Di fatto dalla sera alla mattina gli ucraini vicecampioni nazionali si sono liberati dei contratti di Clay Tucker (ex stella italiana a Teramo, andato al Siviglia), Goran Jeretin (Ael Limassol), Kenan Bajramovic (Turk Telekom Ankara) e Jovo Stanojevic (Vojvodina), oltre che di quelli di Scoonie Penn (ex Trieste, Roma e Pesaro) e Brent Wright. Insomma, i migliori sei della squadra, gente che un mese fa a Bologna era in campo: però gli altri stanno tenendo duro sia in patria che in Europa, dove sono ai quarti come la Virtus (ci rifiutiamo di nominare sponsor che cambiano a seconda della competizione). Gli ucraini hanno giocato di fatto in sei, ed i più positivi sono stati l’infortunato Drozdov e l’ex Benetton Markoishvili: esterni di talento, ben supportati da qualche pennellone locale. Solita conclusione: la crisi spazzerà via tutto quello che c’è fra il superprofessionismo europeo ed il semidilettantismo locale. Lo pseudomecenate con soldi da riciclare o da occultare all’erario è, purtroppo per tutti gli sport diversi dal calcio, una figura sempre più rara.
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