Panico, Ellroy venticinque anni dopo

19 Settembre 2021 di Stefano Olivari

Il periodo d’oro di James Ellroy è finito con American Tabloid ma noi fedeli abbiamo continuato a leggerlo anche negli ultimi 25 anni. Arrivando quindi a Panico, in originale Widespread panic, uscito da poco in Italia per Einaudi, romanzo che qualche punto di contatto con American Tabloid ce l’ha (la rivista di gossip su tutti, con Hush-Hush che diventa Confidential) ma che in generale è illeggibile. L’abbiamo terminato soltanto in onore ad un autore del quale conosciamo tutto e che spesso ci ha emozionato con il suo stile asciutto e le sue ciniche intuizioni.

Il solito protagonista duro dal cuore tenero, in questo caso il poliziotto e poi detective Freddy Otash, le solite celebrità citate alla rinfusa, il solito miliardo di nomi che fa perdere il filo anche ai più motivati, le solite donne misteriose che vanno e vengono (e nel 90% dei casi arrivano alla dipietriana dazione), ovviamente Kennedy qui nelle vesti di puttaniere e drogato (non è solo fiction), più una miriade di celebrità hollywoodiane che per una qualche ragione hanno rapporti personali con un poliziotto corrotto: Marlon Brando, Liz Taylor, Rock Hudson, eccetera.

Ingredienti buoni, comprese l’ossessione comunista della gente di spettacolo e quella anticomunista dell’americano medio, ma ispirazione zero nonostante gli anni Cinquanta siano per Ellroy il luogo dell’anima, almeno fino all’uccisione di sua madre avvenuta nel 1958. Il tutto con un linguaggio a metà fra l’hard boiled deteriore e certi psicologismi da rivista femminile sbavante per Recalcati. L’inconfondibile stile Ellroy è diventato, almeno da Il sangue è randagio, quasi una posa per i fan.

Fra i mille personaggi che appaiono e scompaiono intorno ad Otash il più importante è in questo romanzo James Dean, prima amico e poi nemico dopo aver svoltato, impegnato nelle riprese di Gioventù bruciata e plagiato da un serial killer del quale lui e altri colleghi chiedono la liberazione, un criminale che diventa di fatto l’unico bersaglio di Otash. Anche senza idee Ellroy rimane comunque abile nel destreggiarsi fra realtà e fiction, politicamente scorretto e critica sociale, volgarità e romanticismo.

Come al solito non spoileriamo la trama, anche perché non sapremmo da quale parte iniziare da tanto che è sconclusionata (la parte sull’Unione Sovietica anni Trenta è la migliore), e comunque riconosciamo ancora ad Ellroy la capacità di scaraventarci in un mondo con cui non abbiamo nulla in comune, la Los Angeles di 60 anni fa, capacità che hanno soltanto i grandi artisti e i grandissimi professionisti. Scrivere sempre lo stesso libro e la stessa canzone, da Moravia a Vasco Rossi, è la regola e non l’eccezione, però bisogna farlo bene. Ed Ellroy nel 2021 ci sembra stanco, pronto a tornare come ospite da Fabio Fazio.

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