L’Europa impossibile del PSV

10 Dicembre 2008 di Alec Cordolcini

Park-Ji Sung era il monumento dell’inutilità applicata al calcio nei suoi primi mesi in Olanda. Alex lasciava buchi grandi quanto crateri in difesa, Gomes veniva chiamato clown, Lee-Young Pyo sembrava un corridore che aveva sbagliato sport. Questo per dire che le apparenze spesso ingannano, e che prima di bollare il nuovo acquisto come bidone o fallimento bisogna armarsi di pazienza e attendere un po’. E’ ciò che faremo lasciando il beneficio del dubbio a Rodriguez, Isaksson, Manco e Amrabat, nella speranza che non diventino presto i nuovi Diego Tardelli, Robert e Archie Thompson. Ma troppo brutto è il Psv Eindhoven di quest’anno per chiedere agli ultimi arrivati (tra cui va incluso anche il prodotto del vivaio Wuytens) di dargli una scossa, quando è la vecchia guardia (Salcido, Simons, Afellay) la prima a tradire. Perché nello sfacelo tecnico-tattico del Psv in Champions League, cinque sconfitte in sei partite e un’eliminazione sacrosanta, le responsabilità iniziano proprio dai leader mancati della squadra. Il divario tecnico che separa il Psv dalle big d’Europa era presente e ben visibile anche durante la gestione Hiddink, eppure veniva camuffato dietro un’organizzazione di gioco pressoché perfetta, anche se decisamente poco estetica. Con Huub Stevens è rimasta la bruttezza del gioco ma non l’efficacia. Se c’è una critica da rivolgere al tecnico del club di Eindhoven è quella di aver insistito per troppo tempo con un modulo, il 4-5-1 (o 4-4-1-1), troppo remissivo, senza avere gli uomini adeguati per farlo. Con l’asse Gomes-Alex-Cocu la base era di cemento armato, con Isaksson-Brechet-Wuytens è argilla. Gente come Culina e Kromkamp sono bassa manovalanza, Salcido è inspiegabilmente regredito, Marcellis deve ancora fare strada prima di diventare il nuovo Stam, ma la delusione maggiore deriva dalla latitanza di Simons e Afellay, quest’ultimo soprattutto a livello di carisma. L’unica arma poteva essere un tridente, peccato che Koevermans (l’unico a tenere alta la bandiera del Psv in Europa) e Lazovic ci abbiano messo circa quattro mesi a convincere Stevens che potevano anche giocare assieme, e Nijland e Dszudszak siano stati estratti dalla naftalina solo recentemente. Inspiegabile poi il poco spazio concesso a Bakkal, jolly che riesce ad unire quantità e qualità. Con il 4-3-3 sono arrivate due belle vittorie in campionato, l’ultima un 4-2 al Groningen in rimonta (doppietta di Bakkal, tanto per gradire). Le magagne restano, perché la squadra non è stata costruita con oro e platino, però almeno si prova a costruire qualcosa. Lo scorso maggio, pochi giorni dopo la festa scudetto, il presidente del Psv Jan Reker ringraziò il tecnico uscente Seff Vergossen con le seguenti parole: “Direi che il suo apporto è stato minimo, il Psv è come una macchina che si guida con il pilota automatico”. Una macchina che in un paio di stagioni si è trasformata da Bmw in Force India.
Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it
(in esclusiva per Indiscreto)
Share this article