Basket
L’asticella dell’Eurolega
di Oscar Eleni
Pubblicato il 2015-01-03
Oscar Eleni avvolto nella calda sciarpa inglese del professor Carlà , reduce da Exeter dove suo figlio insegna, per non fargli notare che sta girando con le orecchie basse, insieme a Cappellari, il duca nero che sostiene la superiorità dalle scuola tecnica italiana, nei dintorni del Forum ghiacciato, puzzolente, ma restituito alla modernità del Wi-fi.Purtroppo non è bastato questo approdo garantito dalla solerzia del Limardi a farci digerire l’esordio dell’Emporio Armani nell’eurolega che nei sogni della real casa, di molti tifosi, a prescindere da certe facce, da certe notti senza sonno e senza fondo del bicchiere, deve finire con Milano almeno nelle otto, ma sarebbe meglio nelle quattro di Madrid. Un vecchio dirigente una volta fu inseguito dal portiere avversario perché lo tormentava con la cantilena irrisoria “La fai, tanto la fai la capelina”. La fece. Prese gol. Ma volle vendicarsi. Al Forum non è capitato. Non deve capitare. I ragazzi devono stare tranquilli, senza pressione, tanto sono tutti all’Emporio per la fede e la gloria.
Capita di sbagliare partita in mezzo alle feste, al rosolio di una critica che ha esagerato subito: tutti amano ricevere, meglio trattarla bene questa piccola armada del re. Sapevamo che l’Emporio sarebbe arrivato nella fase della stagione italiana in cui avrebbe fatto fare più fatica ai suoi campioni negli allenamenti che nella maggior parte delle “sfide” in campionato. Ma l’asticella da saltare davvero è l’eurolega, dando per scontato lo scudetto, e, probabilmente, anche la coppa Italia, pur diffidando degli scorpioni che Banchi vuole in squadra, un gruppo con tante novità rispetto all’anno scorso, ma con una base solida legata al tiro da tre piuttosto che ad un gioco vero, con una identità precisa in difesa, per fortuna.
Già, la difesa. Riprendere il discorso nella sofferenza, dopo passeggiate salutari con Capo d’Orlando e in casa di quella che è soltanto una copia sbiadita della Virtus Granarolo, in mezzo a tante bicchierate, non poteva essere facile. I generali attenti queste cose dovrebbero saperle. Chi ricorda cita il Rubini degli spogliatoi ribaltati, il Peterson che andava a caccia del martirio con gli arbitri per scuotere gli opachi. Certo al Forum erano almeno dieci con la faccia bianca come la maglia, con la mente al nero come la nuova divisa glamour. Non era facile trovare la polvere di campanellino da spargere: a chi poi? Tutti male cominciando dalla testa, cioè la panchina Hackett, Gentile, salvo Marshon Brooks, ma soltanto per il primo impatto, poi è finito pure lui nella difesa “prendilo tu”, nell’attacco che andava a sbattere contro le chele dell’uomo di Riga, l’allenatore lettone che ha sistemato davvero bene questo Novgorod.
Per capire l’Emporio, basta pensare alle risposte nel dopo partita. Tutti stupiti. Tutti ancora fiduciosi. Girone lungo. Uhm, lungo quanto? State calmi, non fatevi prendere dal pessimismo cosmico della città. Capito gente. Questi sanno già tutto. Milano che gambe, che pressione, che palle. Fateci lavorare. Se parlate di noi fatelo solo per celebrare, cantare il nuovo credo col messale dove ad ogni pagina c’è un tagliando con assegno da ritirare. Non gradite le critiche, come si fa negli annunci per ricerca di anime gemelle e consensi. Li hanno tutti intorno e ai loro piedi. Di cosa si possono lamentare? Tempi nuovi. Si torna a prendere lezioni da chi non avrebbe il titolo per darne, uno scudetto non dovrebbe bastare a far diventare “eroici” i viaggiatori viaggianti nell’astronave più confortevole.
Saltare dal palo sulla frasca. L’Eurolega tira davvero. In tutti i campi gran pubblico. Non meno di 8.000 persone, con la punta solita a Belgrado, 18.920, dove il Real ha sofferto, non come il Barcellona finito sotto il tallone dell’Alba Berlino. Chi l’avrebbe detto.
Notazione strana: 3 arbitri italiani utlizzati, uno solo, Taurino, nell’altro girone, a Berlino, mentre Chiari a Vitoria e Lamonica a Malaga, hanno diretto squadre nel girone dell’Emporio. Mistero. Ma intanto sembra d’attualità il dibattito sui giocatori dispettosi che non aiutano gli sponsor principali: la Turchia non ha mai avuto una finalista. Armani ha da poco affincato la Turkish Airlines.
Non siamo sorpresi che Rochestie, luce del Novgorod, seppure convalescente, sia stato scelto come giocatore della settimana dall’Eurolega. Ci si domanda, invece, chi siano i relatori capaci di sconsigliare il suo acquisto in Italia, pur avendolo visto a Biella e misurato a Siena. Diteci voi se le avversarie di Milano, o lo stesso Emporio, non sarebbero migliori con questo giocatore che sa far giocare gli altri e quando decide in proprio si fa davvero fatica a controllarlo.
Amarezze NBA. A Cleveland discutono Blatt, lo facevano anche in Russia e a Tel Aviv dove poi ha stravinto. Ma a loro, al mondo di troppi “er più col pallone al naso”, non può interessare. Da cosa lo si capisce? Intervista del Vanetti, sul Corsera non ancora proditoriamente aumentato di prezzo (che vergogna, che tradimento per noi cartacei) al D’Antoni angelino e golfista disoccupato, che ha saputo, per caso, da altri, del 26° scudetto di Milano, visto che lui non guarda più da questa parte dell’Oceano per la rabbia di sua moglie Laurel che, forse, in Italia ci tornerebbe anche domani, e fra un birdie l’altro, magari,è attirato dalla solita calamita a Delaware, la casa madre, dove lavora il fratello che lui ritiene un genio. A New York e ai Lakers non ne erano convinti. Arsenio sogna di ritrovare un posto con squadre che abbiano lo spirito della “sua Milano” da giocatore. Se chiede ai “ guerrieri” di Banchi gli diranno che non esiste, che non è mai esistita come la rocca della Sierra Leone di Amistad.
Restiamo al Medrano americano: partita al Garden fra Knicks e Detroit. Datome non entrato, come sempre, Bargnani fuori per infortunio al polpaccio, dopo un 0 su 2 ai liberi e 2 minuti di gioco. Purtroppo come quasi sempre. Urge visita americana al regno del piccolo principe Pianigiani che intanto ha fissato il raduno pre europeo dal 20 al 29 luglio sul campo di Folgaria dove spazierà la nuova televisione federale.
Chiusa la storiaccia brutta della Forlì dove sono finiti sulla strada tanti che al basket hanno fatto e avevano fatto del bene. Siamo solidali con Frattin, Annoni, Raffoni, ci dispiace per Alberto Bucci che per primo, forse, doveva capire con chi si era messo in viaggio. Non sarà l’ultima storiaccia in un mondo che dopo essersi liberato dal professionismo adesso ha fondato il club dei coccodrilli che lo rimpiangono.
Roba di vil denaro e di mecenatismo scomparso. Ricerche di nuove entrate impossibili. Cara gente siamo in un basket dove la società di Roma capitale è stata richiamata all’ordine perché nello spogliatoio degli arbitri non c’era il riscaldamento. Siamo nel torneo dalle tribune infami, con gabbie per tifosi, servizi ridotti, sedili scomodi, mezzi di trasmissione quasi al limite Patagonia. Siamo nel campionato lanciato con la grande innovazione dell’instant non so che dove, ogni settimana, il giudice deve ammonire, multare per mancanza della strumentazione che possa far rivedere agli arbitri piccoli fatti per grandi momenti della partita. Certo dipende molto dalle tivu locali a cui sono stati quasi regalati i diritti di trasmissionme. Ce ne sono certe che fanno vomitare, e non soltanto quando palla viene sputata.
Siamo felici di aver ritrovato il realismo del conte Faina, allenatore benemerito, tanti successi, una coppa delle coppe, promozioni, qualche scivolata, dai microfoni di Sportitalia. Una voce che aiuta a non confondere le banalità da certe verità. Sempre da Sportitalia si è staccato Gigio Gresta che, sognando sempre di allenare un giorno la sua Pesaro, è andato nel Kuwait. Buona fortuna, nella speranza che non debba farci discutere come sta avvenendo per l’Aradori che, dicono, è scappato dal Galatasaray dove sognava di tutto e di più, anche economicamente, per scoprire il mondo austero dell’Estudiantes a Madrid.
Tendenze nel basket da tre palle un soldo: si gioca volentieri con i “5 piccoli”, una trovata che spingerà i gestori dei vivai da polli in batteria a sprecare ancora meno energie per cercare il talento fisico che intanto si prendono la pallavolo e il rugby.
Bella idea nella Virtus dove c’è chi sa e chi crede per tenere legato il passato al misero presente da spiantati. Stupendo il ricordo fotografico attingendo dalll’archivio di Roberto Serra, l’uomo che prende l’anima ai grandi musicisti.
Dibattito aperto sul riscaldamento delle squadre. Siamo sicuri che tanta gente adusa a tirarsela in faccia, che tratta male la palla, abbia bisogno di correre su e giù nella metà campo agli ordini di valenti preparatori atletici trascurando l’attrezzo con cui poi giocherà. Tanto, direte voi, che se ne fanno. Pochi la passano volentieri, pochissimi sanno come passarla. Niente contro i preparatori, gente in gamba. Ma il lavoro deve essere fatto lontano dalla ribalta, dalle luce del palazzo. Il prepartita è soltanto un fatto emotivo, tecnico e se non trovi motivazioni, se non sai trasmettere il concetto di fame e famiglia finisce nel brodo primordiale del Forum.
Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto