La passione di Scheringa

2 Novembre 2009 di Alec Cordolcini

di Alec Cordolcini

1. Non è sempre vero che tutti i sogni muoiono all’alba. Alcuni aspettano fino al tramonto, dandoti almeno la possibilità di goderti una bella giornata. Quella dell’Az Alkmaar si è appena conclusa con la peggiore della parole che una società calcistica possa mai udire: fallimento. In questo caso non del club ma del suo proprietario, il banchiere Dirk Scheringa, titolare della DSB Bank, istituto di credito che il 19 ottobre 2009 è stato dichiarato in bancarotta dal Tribunale di Amsterdam. Tolta la carta centrale dalla base, il castello sul quale era costruita la fortuna di questo ex-poliziotto, diventato businessman nel 1975, è crollato completamente. 400mila clienti, 2mila dipendenti (di cui 1400 già rimasti senza lavoro), 65 società inserite nel network DSB; una caduta a dir poco rovinosa che non mancherà di avere forte ripercussioni sull’economia e sulla società olandese, di cui solamente due anni fa Scheringa era il 31esimo uomo più ricco, grazie ad un fatturato annuo pari a 725 milioni di euro. Nell’Az ha investito oltre 100 milioni, proprio la cifra che a suo dire è mancata alla DSB Bank per poter rimanere a galla. E’ stato insomma tradito dalla sua passione per il calcio. Non l’hanno bevuta in molti.
2. Non tedieremo il lettore con noiose cifre contabili. Puntualizziamo solamente due cose: la prima è Scheringa non è il miliardario russo arrivato in elicottero o lo sceicco gonfio di petrodollari. Dell’Az è sempre stato tifoso, pertanto il suo senso di appartenenza all’ambiente in cui operava è fuori discussione. La seconda è che Scheringa non è mai stato un santo. Investiva forte, rischiava, azzardava. Il De Telegraaf ha scritto che “meritava 10 in senso degli affari e 4 in etica”. Facile tirare le somme. Dal punto di vista calcistico è stato un ottimo presidente. Dal 2004 ad oggi ha portato una squadra di metà classifica ad una semifinale di Coppa Uefa ed al titolo nazionale; nel 2005 l’Az si trovava al 56esimo posto del ranking europeo, lo scorso anno era al 20esimo. Nello stesso periodo la crescita economica della squadra ha fatto registrare un incremento del 368%, mentre i salari da 11.4 milioni di euro sono cresciuti fino a 19.1. Oggi l’Az vale 50-60 milioni di euro, ha valorizzato talenti in passato (Koevermans, Landzaat, De Zeeuw, tutti finiti in nazionale) e continua a farlo (Schaars, Mendes Da Silva, Romero, Martens, El Hamdaoui, Dembele, Moreno, Pocognoli). Proprio i nomi citati potranno rappresentare l’ancora di salvezza del club, portando nelle sue casse denaro fresco (la vendita dello stadio, già preventivata, non è sufficiente a coprire il buco, e gli introiti dei diritti televisivi in Olanda sono risibili). Nel giro di un paio di stagioni l’Az tornerà la modesta squadra da metà classifica di inizio millennio, ma perlomeno la permanenza in Eredivisie è assicurata.
3. Nel frattempo si scende in campo senza sponsor. Paradossalmente è accaduto la prima volta proprio nella Champions League dei milionari, nell’incontro casalingo contro l’Arsenal. Cercasi sponsor disperatamente, almeno per i tre rimanenti incontri europei. La vetrina è prestigiosa, ma il tutto deve ottenere il consenso del curatore fallimentare. Che ha già bocciato l’ipotesi di una sponsorizzazione benefica modello Barcellona-Unicef. Al resto ci sta pensando il campo, dove Ronald Koeman viene costantemente superato sul piano tattico (e ovviamente del risultato finale) dai colleghi, si chiamino essi Steve McClaren (Twente) o Martin Jol (Ajax). Meglio falliti che ajacidi, citava una striscione comparso sulle tribune dell’ormai ex DSB Stadion la scorsa settimana, quando l’Az ha incassato quattro sberloni dall’Ajax. Contenti voi…
wovenhand@libero.it
(In esclusiva per Indiscreto)
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