La mano di mio

22 Gennaio 2008 di Stefano Olivari

Indovinate chi è. Sogna di giocare nel Napoli, ma De Laurentiis glielo impedisce. Adora Del Piero. Non gliene importa nulla del padre. Gioca nel Venafro. Fa il centrocampista. E’ un ragazzo educato. Se non avete capito di chi si tratta, vi aiutiamo noi. Diego Maradona junior. La sua prima intervista dopo molto tempo, in cui racconta il suo periodo delicato, gli errori commessi, il rapporto con il padre, l’amore infinito per la madre ed i nonni.

Diego, come va?
Bene. Gioco, mi alleno. Sei settimane fa ho firmato per sei mesi con il Venafro, squadra del campionato Eccellenza, sono arrivato qui un mese e mezzo fa, mi sono ambientato in un gruppo giovane. Ho firmato la così detta lista di svincolo, il che significa che a fine stagione sono libero.
Cos’é la lista di svincolo?
E’ la legge 108, chi non la firma rimane legato alla società dove gioca, automaticamente.
Scusa, ma come sei arrivato nel Venafro? Possibile che nessuna squadra di Serie A oppure Serie B ti abbia acquistato?
Sono sorpreso anche io, cerco di darmi delle risposte. Forse l’etichetta di nullafacente mi penalizza troppo, forse la gente non vuole prendersi una responsabilità così grossa, perché gestire il nome Maradona non é facile, forse per invidia, chissà. Di sicuro io non riesco ad entrare nella testa di un direttore sportivo, proprio non ci riesco.
Com’é venuta fuori l’etichetta di nullafacente?
Non saprei, se volete andate a chiedere a tutti i miei allenatori, mai nessuno si é lamentato di me, anzi. Non é bello parlare di me stesso, però sono convinto di essere un ragazzo educato, mai piantato grane, grazie a mia madre e ai miei nonni sono cresciuto con grandi valori, ho un immenso rispetto per gli altri.
Dopo dieci anni nei giovanili nel Napoli, possibile che uno con il tuo cognome non abbia trovato spazio neppure in panchina? Per lo meno come operazione di marketing…
Nessuna polemica da parte mia, ma De Laurentiis non mi vuole, mi ha chiuso le porte in faccia. Nessuna ossibilità di mettermi in contatto con lui, avevamo preso degli appuntamenti con il direttore generale Pierpaolo Marino, che poi non ha mantenuto.
Deluso?
Il mio sogno é di giocare con la maglia del Napoli. So che può sembrare ridicolo per chi non appartiene al mondo partenopeo, sembra folle sognare una squadra che non sia Inter, Milan oppure la Juve, ma il Napoli é il mio mondo, la mia gente, ci sono cresciuto e vissuto qui. Prima o poi ci riuscirò.
Nel caso riuscissi, vorresti il padre sugli spalti?
Non mi interessa, davvero. Vorrei in tribuna mia madre e i miei nonni, sono tutto per me.
Del padre hai voglia di parlare?
Mi é indifferente. Tanto non lo considero tale, mi ha concepito ma per me padre é colui che la sera ti dà la buonanotte.
Quante volte al giorno ti fanno delle domande su di lui?
Una valanga, ma é normale. A volte rispondo, altre no, non sempre sei disposto a raccontare le stesse cose.
Ci dica qualcos’altro sul Venafro.
E’ un paesino nel Molise, due passi da Caianello, cento chilometri da Napoli. Un mix di giocatori giovani e esperti, giochiamo con il 4-3-3, io gioco a centrocampo, in mezzo.
Che numero di maglia hai scelto?
Il 4, ma qui non c’é come nella Serie A, con le maglie personalizzate.
Perché il 4?
Una volta l’ho indossato e mi ha portato fortuna, speriamo porti bene, come a Guardiola, che ammiravo tanto. Ovvio che nelle giovanili nel Napoli giocavo con il 10. Poi passato al Cervia ho preso il 30, da quel momento niente 10. Che poi qui al Venafro appartiene al capitano.
Rifaresti l’esperienza del Cervia?
E’ stato il più grande errore della mia vita. Giocavo nelle giovanili del Genoa, scegliendo il Cervia sono sceso di due categorie, imperdonabile. Si sa, scendere é facile, risalire non lo é altrettanto. Per di più l’infortunio subito mi ha tagliato fuori.
Difatti poi sei sparito dalla circolazione.
Ho rischiato grosso. Mi sono rotto il legamento collaterale e in più ho avuto anche uno stiramento dei crociati, il menisco uscì fuori asse, insomma una tragedia. La mia fortuna fu il professor Mariani, che mi consigliò di non operarmi. Posso ringraziare pubblicamente una persona?
Vai…
Si chiama Carlo Zazza, a quei tempi lavorava per la Roma, ora per la Lazio, un fisioterapista che mi é stato vicino giorno dopo giorno. Lavoravamo quattro ore la mattina, cinque nel pomeriggio.
Vero che hai fatto un provino per il Valencia?
Siamo stati contattati, ad ottobre, quando in panchina non c’era ancora Koeman, però nessun provino. Se ne era parlato, di un provino, ma poi lo abbiamo spostato a fine stagione.
La tua partita più bella sinora?
Napoli-Bari, negli Allievi, segnai due gol su punizione.
Quanti gol segni a stagione?
Una decina. Faccio però anche tanti assist.
Fra i tanti allenatori che hai avuto, c’è qualcuno che ricordi in modo particolare?
Gigi Caffarelli, giocò assieme a mio padre nel Napoli campione nel 1986-87. Mi ha dato tanta fiducia, mi diceva: fai quello che ti pare.
Il tuo idolo?
Del Piero, senza dubbio. Giocatore straodinario, che ha vinto tutto, dalla Champions ai Mondiali. Poi una persona fantastica, in un’ambiente dove trovare gente come lui diventa un miraggio. Un gran signore.
Ricordi la partita contro la Nazionale allenata da Trapattoni?
Come no, vestivo la maglia dell’Under 17, avevo solo 14 anni. Ero emozionato, avevo davanti gente come Buffon, Gattuso, Materazzi, Del Piero, con il quale ovviamente ho scambiato la maglia a fine gara.
Se dovessi fare un’analisi del tuo modo di giocare, cosa diresti?
Sono un centrocampista più di qualità che di quantità, devo migliorare in fase difensiva.
Pensi di essere un giocatore vero?
Si, non ci sono dubbi. Sono all’altezza. Se continuo a giocare é perché sono sicuro di poter arrivare in alto.
Fra quanti anni pensi di arrivare in A?
Non mi pare giusto fissare delle scadenze, c’é chi matura prima, chi dopo. Importante é arrivare un giorno nel Napoli.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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