Eurovision 2024: la partita di Malmö

7 Maggio 2024 di Paolo Morati

Se la memoria non ci inganna il primo Eurovision Song Contest che abbiamo seguito, in piena pre-adolescenza, fu quello del 1983. Si tenne a Monaco di Baviera con in gara Riccardo Fogli, classificatosi all’undicesimo posto. Il brano era Per Lucia. Scoperto per caso scanalando il sabato sera sul televisore a colori appena sbarcato in casa, da lì non ce ne siamo persi uno, anche negli anni di assenza italiana, A 41 stagioni (sigh) di distanza entriamo oggi nella settimana decisiva dell’edizione numero 68 che si svolge Malmö, in Svezia. Aperta parentesi: quando eravamo ragazzini per noi il Malmö (anzi il ‘Malmoe’, come ci piaceva chiamarlo) era la squadra di calcio che aveva perso la finale di Coppa dei Campioni contro il Nottingham Forest nel 1979. Finale vista in gita di classe con i compagni delle elementari. Chiusa parentesi. Riaperta parentesi: meglio o peggio del millesimo PSG-Real di cui già il giorno dopo non ci ricordiamo?

Dicevamo che oggi, con la prima semifinale, si apre la gara canora che assegna il microfono di cristallo (tre le vittorie italiane) e che vede La noia di Angelina Mango tra le canzoni favorite, almeno stando alle quote dei bookmaker. Manifestazione blindata, considerate anche le polemiche sulla partecipazione di Israele (vietate le bandiere palestinesi), e ospitata in Svezia dopo l’ennesima vittoria degli scandinavi, con Tattoo di Loreen sospinta dalle giurie ai danni del trionfatore del televoto, il finlandese Käärijä e la sua Cha Cha Cha. Con tanto di fischi. Una situazione che potrebbe ripetersi anche quest’anno, con protagonisti ad esempio il croato Baby Lasagna (Rim Tim Tagi Dim) o lo svizzero Nemo (The Code), in una situazione di pronostici a dire il vero ancora piuttosto fluida e dove conteranno gli elementi scenografici ma anche il timing dell’esibizione.

A questo proposito, altre polemiche sono state innescate dai cambi di regolamento che ora consentono di televotare fin dall’apertura della finale (come accade a Sanremo) quindi anche senza teoricamente aver ascoltato i brani o viste le esibizioni già dalle semifinali. Una,modifica, hanno fatto notare i più critici, arrivata guarda caso proprio l’anno in cui la Svezia è stata estratta come prima a cantare. Svezia tra l’altro odiata da molti seguaci della manifestazione per avere in mano ormai da tempo i fili dell’organizzazione con conseguenti accuse di godere di favoritismi. Del resto l’Eurovision Song Contest, con buona pace di Toto Cutugno che nel 1990 lo vinse intonando Insieme 1992, è una gara che da un lato promuove la cosiddetta unione tra popoli (United by Music lo slogan permanente) ma dall’altro evidenzia i legami fra alcuni di loro così come le rivalità geopolitiche. E questo ancor più dopo l’allargamento via via sempre maggiore dei partecipanti che quest’anno sono 37. Con ritorno del Lussemburgo e uscita tra le altre di Bulgaria, Romania e Slovacchia, per lo più per ragioni economiche.

In tutto questo l’Italia ha quasi sempre goduto di un’ottima accoglienza, in particolare dopo il ritorno in gara avvenuto nel 2011 (secondo posto di Raphael Gualazzi). Forse perché abbiamo buoni rapporti con tutti ma anche perché di norma portiamo un prodotto dignitoso che non strizza l’occhio a un pubblico particolare, evitando baracconate varie. Poi per vincere di nuovo sono serviti i Måneskin, con un genere non certamente considerato ‘all’italiana’, ma sarà interessante vedere cosa accadrà quest’anno con Angelina Mango che già dalle prime prove sembra – stando a chi le ha viste – portare un’esibizione de La noia capace di lasciare il segno. Vincitrice? Difficile. Top5? Probabile.

Foto: Corinne Cumming/EBU

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