Le migliori canzoni di Claudio Villa

12 Maggio 2024 di Indiscreto

Il giorno della Festa della Mamma è l’occasione giusta per iscrivere al divisivo Festival di Indiscreto un gigante della musica italiana come Claudio Villa, interprete di centinaia di canzoni, fra cui la celeberrima Mamma, lanciata a suo tempo da Beniamino Gigli, e in qualche caso anche autore. Autentico divo negli anni Cinquanta, detiene ex aequo con Domenico Modugno il record di vittorie a Sanremo (4: nel 1955 con Buongiorno tristezza, nel 1957 con Corde della mia chitarra, nel 1962 con Addio… addio e nel 1967 con Non pensare a me), con una carriera lunghissima e strana, con il grande successo concentrato negli anni Cinquanta e nella prima metà dei Sessanta, la quasi scomparsa e infine il ritorno alla grande negli Ottanta con quelle che oggi sono le sue interpretazioni più cercate in streaming, ancora più di quelle degli anni d’oro.

Davvero difficilissimo anche per chi come noi conosce bene, per interposti genitori, Claudio Villa effettuare scelte indiscutibili. Fra le sue interpretazioni pure quella più iconica è probabilmente Granada, scritta nel 1932 dal messicano Agustin Lara e cantata da tanti, da Sinatra a Pavarotti: ma la versione del cantante romano, datata 1957, fa venire i brividi ancora oggi. Della prima parte della carriera, segnata dalla rivalità con Luciano Tajoli ed escludendo altre decine di successi come interprete puro, inseriamo la sua prima grande canzone come cantautore, cioè Binario, con cui in coppia con Nilla Pizzi vince nel 1959 il Festival di Barcellona. Molti fan la ritengono una sua canzone minore e forse hanno ragione, ma per Villa fu importante.

Certo per chi non ha vissuto quell’epoca il Claudio Villa stampato nella memoria è quello delle mille polemiche con gli organizzatori di Sanremo, di culto quella del 1982, e contro i colleghi cantanti rei di non saper cantare (per sua fortuna non ha visto ciò che è accaduto dopo la sua morte avvenuta nel 1987, a 61 anni, annunciata da Pippo Baudo durante il Festival). personaggio televisivo ingiustamente confinato, e autoconfinatosi, soprattutto negli anni Settanta, nel ruolo dello stornellatore romano, protagonista del gossip con storie private intricatissime e leggende metropolitane (Laura Betti sosteneva che gli intellettuali lo odiassero per le grosse dimensioni del suo pene), pose da duro. Ma al di là della cronaca l’interpretazione di Un amore così grande, del 1984, scritta qualche anno prima da Guido Maria Ferilli e Antonella Maggio, è di un livello tale da rasentare l’Assoluto, con tutto il rispetto per la bravura di Mario Del Monaco e per il compitino dei Negramaro. Che voce Claudio Villa.

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