La Champions che ti rovina

25 Maggio 2011 di Igor Lario Novo

di Igor Lario Novo
La partita che ha deciso lo scudetto, i demeriti dell’Inter, la rincorsa dell’Udinese, la danza di Guidolin e la spiegazione di Beckenbauer.

1. Scriviamo questo pezzo con qualche giorno di ritardo un po’ per scelta e un po’ per forza. Il massimo campionato di calcio italiano si è chiuso domenica scorsa, ma sembra già passata un’eternità. Una sensazione che si spiega facilmente. La battaglia per il primo posto si è in effetti chiusa la sera del 2 aprile. Derby scudetto della Madonnina. Vittoria netta del Milan sull’Inter per 3 a 0, primo posto (e quindi scudetto) in cassaforte. A guardare la classifica giornata per giornata poi si scopre che un’altra sconfitta dell’Inter ha determinato di fatto le prime 7 o 8 posizioni della classifica. Cristallizzate (o quasi) già dalla 25esima giornata. Si parla addirittura del 13 febbraio. Juventus Inter 1 a 0. C’erano poi ancora molto tempo e molte partite perché potesse succedere di tutto. Ma poi non è successo niente.
2. I numeri dicono che non è stata proprio una stagione brillantissima. Per lo più per demerito dei nerazzurri, appunto. Che possono addurre tutte le giustificazioni del mondo (dalla pancia piena, a qualche scelta sbagliata di società e allenatori, alla sfortuna nei match decisivi). Però è chiaro che uno scudetto vinto con 6 punti di vantaggio su una seconda che non ha partecipato per almeno metà campionato (o più) non può essere considerato proprio un exploit. Sia chiaro, in termini assoluti uno scudetto vale un altro. E sull’albo d’oro rimarrà inciso: AC Milan. Quindi tutti i meriti del mondo ai ragazzi di Allegri. Ma relativamente all’andamento di questa stagione non si può certo dire che il Milan abbia vinto per una straripante superiorità. Solo 2 degli indicatori stagionali medi per partita e per squadra vedono il Milan primeggiare (dati della Lega Calcio). Si tratta delle “giocate utili” (119.2) e delle “palle giocate” (647). Milan battuto dall’Inter in tutti gli altri indicatori. “Gol fatti” (1.8). “Possesso palla” (29’30”). “Tiri nello specchio” (6.2). “% di passaggio riusciti” (71.3). “Supremazia territoriale” (13′:25″). “% di pericolosità” (59.8).
3. Il calcio italiano non è più solo Milan, Juventus e (a volte) Inter. Vivaddio adesso c’è spazio anche per le altre (ed è inutile insistere: fino a qualche anno fa certe sorprese erano impensabili e non solo per meriti e demeriti sul campo). E se la qualità del calcio italiano è in declino (ne parleremo tra poco), ci si può almeno consolare per l’entusiasmante cavalcata del Napoli. Che ha viaggiato tra 3° e 2° posto dall’11esima giornata in poi. E con la grande rincorsa dell’Udinese. Partita malissimo (ultima fino alla 6a giornata, con soli 4 punti su 18). E poi risalita caparbiamente fino ad agguantare l’ultimo posto in Champions League disponibile. Mettendo in mostra quello che è stato giudicato dai più come il calcio più bello d’Italia. Che di italiano però non ha molto. Se è vero come è vero che i protagonisti della squadra di Guidolin sono tutti o quasi stranieri. Alexis Sánchez. Mauricio Isla. Pablo Armero. Cristián Zapata. Kwadwo Asamoah. Mehdi Benatia. Gökhan Inler. Almen Abdi. Samir Handanovič. Una piccola Internazionale insomma.
4. Il Guardian di lunedì propone un ampio sguardo proprio sull’Udinese. Racconta di come Francesco Guidolin abbia paragonato l’ultima sfida contro il Milan ad uno Zoncolan del calcio. E di come dopo la fine della partita si sia lasciato andare ad una danza (avrebbe dovuto essere un’imitazione di Kevin Prince Boateng, nelle promesse del tecnico dei friulani) celebrativa (“a celebratory boogie”, la definisce il Guardian). Producendo movenze con adeguato abbandono. Molte le lodi per il tecnico dei friulani. Capace di trarre il massimo dalle doti dei propri giocatori (pur non avendo avuto nessun ruolo nell’allestimento della rosa). E capace soprattutto di convertire (contro la sua volontà) Alexis Sanchez da ala a traquartista. Posizione nella quale il cileno ha fatto benissimo. Un po’ contradditorio (almeno secondo noi) l’apprezzamento del Guardian per il modello della società Udinese. Basato sul costante ricambio dei suoi giovani talenti. Scovati prima con eccezionale bravura e venduti poi per realizzare profitti funzionali al mantenimento del club (i nomi dei probabili partenti di quest’anno indicati dal quotidiano inglese sono quelli noti: Alexis Sánchez, Gökan Inler, Samir Handanovic, Cristián Zapata). Contradditorio, dicevamo, perché da una parte si sostiene che, per una città della grandezza di Udine, riuscire a sostenere una squadra (soprattutto a certi livelli) in Serie A dev’essere già considerato un miracolo (e quindi sostanzialmente il modello seguito dai dirigenti dell’Udinese non può essere messo in discussione). Mentre dall’altra si mette in guardia lo stesso club nel senso di essere cauto nel considerare certe cessioni. Per non mettere a rischio le chance di passare il turno preliminare di Champions League (che potrebbe vedere l’Udinese opposta a Bayern Monaco, Arsenal o Villareal, per esempio). Non si possono secondo noi conciliare le due cose. La Champions League è costata cara a molte società “minori” in passato (anche recentissimo). Meglio secondo noi stare con i piedi per terra e giocarsela con quel che di buono si ha.
5. Terminiamo parlando di Juventus. Non si può non farlo. Tanto brutta (eufemismo) è stata la stagione dei bianconeri. Nello stesso pezzo il Guardian fa notare come la Juventus quest’anno abbia raccolto solo 30 punti dalle partite casalinghe, abbia finito solo settima e fuori da tutte le coppe (cosa che non succedeva dall’infausta stagione 1990-1991). La scelta di Antonio Conte alla guida del club torinese non ci sentiamo di discuterla. Le sue capacità di guidare una grande squadra in Serie A sono tutte da verificare. Quindi fare una valutazione ora sarebbe solo possibile in base a un qualche pregiudizio (ma se vi interessa, il nostro pregiudizio è estremamente negativo). Certo fra i grandi allenatori non c’è la fila per andare ad allenare la Juventus. Quindi la scelta di Antonio Conte è prima di tutto un po’ forzata. Se non altro accontenterà (non vogliamo dire altro) quella parte di tifoseria che pretende juventinità nella juventus. La nota positiva per la Juventus, secondo noi, viene dal nuovo stadio. Siamo d’accordo infatti con Franz Beckenbauer che il calcio italiano sia in declino (dichiarazioni rilasciate a Calcio Mercato a marzo). Che gli stranieri non vogliono più venire in Italia come una volta. Preferiscono altri campionati. E questo è soprattutto dato dalla mancanza di adeguate strutture (gli stadi italiani non sono semplicemente buoni abbastanza, dice Kaiser Franz). Quindi per l’auspicata rinascita meglio guardare allo stadio. L’allenatore si può sempre cambiare.

Igor Lario Novo
(in esclusiva per Indiscreto)

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