Pallavolo
Italvolley mondiale, il governo dei tecnici
di Alberto Rapuzzi
Pubblicato il 2022-09-12
Il silenzio del tempo che passa aiuta a capire ciò che è stato. Ventiquattro lunghi anni sono serviti all Italvolley per tornare ad essere campione del mondo, dopo il triplete degli anni Novanta: 1990 e 1994 con Velasco, 1998 con Bebeto. Sempre a Katowice, la casa del volley polacco, dopo l’Europeo di un anno fa, ci siamo ripetuti e abbiamo sconfitto i padroni di casa, bicampioni in carica di fronte a un pubblico numeroso (12.000 spettatori), appassionato ma molto corretto e rispettoso come nella tradizione della pallavolo. Un esempio da mostrare ai giovani a scuola, nell’ora di educazione civica (c’è ancora?).
La partita contro la Polonia l’abbiamo vista tutti ed eravamo in tanti: 3.752.000 su Rai 1 e 465.000 su Sky. Togliendo il primo set regalato e qualche amnesia iniziale nei successivi, è stata dominata. Il livello espresso è stato molto alto in tutti i fondamentali, ma in questo squadrone si è indubbiamente distaccato dagli altri Simone Giannelli (MVP del torneo), palleggiatore, schiacciatore, capitano, collante di questo gruppo dove chi ha 26 anni come lui è considerato un veterano.
È bene ricordare come in uno sport come la pallavolo tutto nasca non casualmente. Dopo la delusione di Tokyo l’anno scorso la federazione ha puntato su De Giorgi, cacciato in malo modo da Civitanova, da vincente ma in rotta con i cubani. Il coach ha azzerato tutto e dato spazio ad un gruppo di giovani, che nemmeno sono tutti titolari in Superlega (esempio: Romanò a Milano) e ha costruito un gruppo che ha lavorato molto, unito e determinato, con tanto talento da coltivare. Perché bisogna ricordare anche questo: i giocatori italiani di vertice sono pochi, ma il loro livello individuale è molto alto. Paragonabile a quello della generazione dei fenomeni, che però vinse per un decennio e non per due stagioni.
De Giorgi con la sua competenza, la sua credibilità ed il suo modo di comunicare è stato seguito dai ragazzi nel progetto, senza bisogno di gridare o di atteggiamenti sopra le righe. I risultati sono lì da vedere, guardando verso Parigi 2024 con l’ambizione della gloria eterna grazie all’oro olimpico sempre sfuggito. Non dimentichiamoci i titoli di tutte le categorie giovanili in questa estate ormai passata, con la fondamentale supervisione del maestro Velasco (il 90% degli allenatori viene definito maestro, lui lo è davvero), che ci permette di aspettare fiduciosi lo sbocciare di altri protagonisti. E dal 23 prossimo speriamo nel Mondiale delle ragazze per una splendida accoppiata.
Tutto questo movimento così vincente, con anche i suoi campionati di club, necessita però di un apparato dirigenziale e politico a tutti i livelli in grado di valorizzare il prodotto, aumentandone la visibilità, migliorando l’organizzazione, attraendo risorse e investimenti. E su questo qualche perplessità rimane: non tutte le domeniche si può proporre la finale di un Mondiale, occorre un’attività ‘media’ di club che possa attirare l’interesse dello sportivo generalista. E non è un problema di livello tecnico, visto il numero di campioni stranieri che gioca da noi. Anche la Fivb ci spinge a riflettere, cedendo a Volleyball Word la parte operativa è chiara la priorità di monetizzare lasciando l’aspetto sportivo in secondo piano. Già stanno insistendo per far giocare prossimamente la VNL in autunno, con quel che consegue…
Ora però godiamoci questo risultato esaltante, che dimostra come la meritocrazia e la possibilità di lavorare in un certo modo rimanga almeno nella pallavolo la strada giusta per il successo. Non si vincerà sempre, ma questo non è possibile. Anche perché, come dice Velasco, se vuoi avere tutto ti sentirai sempre povero e la vita non deve essere questo. E l’Italia di De Giorgi è ricchissima, di tante cose che non si possono comprare.
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