Inutili riunioni di cervelli

7 Novembre 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Gli staff tecnici infiniti, il serpente azteco, le palle vaganti dei mercenari, il ricordo di Bryant, le parole di Trinchieri, il palmo di Gallinari, la pizza con Bourousis e la pazienza di Recalcati. Voti a Giachetti, Casale, Petrucci, Rai, Fultz, Avellino, Pesaro, Mazzon, Stefano Gentile, Roma ed Enrico Mentana.

Oscar Eleni da New York per vedere in faccia questa NBA che se ne strafotte dei suoi tifosi, dei suoi umili impiegati, per far sparire dalle librerie il nuovo testo dove si spiega che pensare da soli funziona meglio, che la tempesta d’idee è soltanto un flop. Lo dicono due scienziati texani facendo cadere a terra i sostenitori del brain storming che dal 1953 anima le grandi adunate di cervelli per partorire quello che poi vedete in giro. Non vogliamo che questo libro arrivi anche in Italia, proprio adesso che ogni allenatore pretende uno staff che va oltre le linee del campo, dall’allenatore mentale a quello che è meglio di Spielberg quando monta i filmati sugli avversari da incontrare. Con la micragna che c’è in giro, con l’ignoranza manageriale che scopriamo ogni giorno quando vediamo tenuti a pane ed acqua gli allenatori che dovrebbero dare le basi tecniche ai probabili talenti, e se uno di questi padroncini dalla bocca larga legge che la creatività di gruppo diventa soltanto fissazione cognitiva, perché ci si incolla sulle idee dell’altro e non si avanza, non si decide, si perde tempo, vedrete che succederà un mezzo terremoto già al prossimo time out studiato in favore di telecamera. Se lo scoprono quelli del calcio che sono costretti ad assumere insieme al capo allenatore un trust di cervelli buono per tutti gli usi, dal caffè espresso alla stringa della vita, spendendo dieci volte quello che costava un Helenio Herrera, addio pace.
Per questo abbiamo preso un accordo con l’editore per far arrivare a Londra il disco che contiene questa nuova teoria bestemmiosa perché nel British Museum stanno raccogliendo i 100 pezzi che possono raccontarci la storia del mondo. Metteremo l’opera dei nemici di Osborn dietro al serpente con due teste, un prezioso reperto dell’arte azteca fra il 1400 e il 1600 prima di Cristo, dietro ai 2000 piccoli pezzi di turchese che sovrastano la scultura ricavata da un teschio di mammuth datata 11000 anni prima di Cristo e trovata a Montastruc, in Francia.
Scrivendo certe date viene in mente che spesso ci troviamo davanti a gente convinta di essere davvero unica, di aver reinventato tutta l’acqua calda per soddisfare digestioni economiche esagerate che non fruttano perché non basta avere stile, soldi e prosopoepa per convincere a buttarsi sulla palla vagante anche i professionisti di eurolandia, che nell’intimo, se non hanno più fame, sono proprio come quelli dela NBA smascherati a speculare sulla povertà altrui, in lotta con i miliardari che un giorno li hanno viziati e , adesso, fanno i penitenti dicendo al mondo che si perdono tanti soldi ad andare dietro ai Mamba del sistema.
Pensate voi la follia mediatica che si stava scatenando soltanto per avere una esibizione sul campo di Kobe Bryant, un tipo che non sarà proprio come lo descrive il nemico Shaq, pure lui un soggetto da nascondere persino sul rotolone rosa che un giorno si e l’altro pure ci parlava di questi artisti con l’obbligo di andare subito a pregare sotto i loro altari, ma che di sicuro vive al di sopra del mondo come lo pensano i normodotati.
Pensare da soli, cara gente, ci aiuta a capire meglio certe cose e avremmo scommesso sulla caduta Scavolini dopo la sbornia della vittoria a Cantù contro una Bennet che adesso guarda con sospetto il suo Giasone perché se l’anno scorso il precampionato esagerato era stato digerito con la calma concessa a chi non deve dimostrare nulla, ora, invece, adesso mentre il Custer Trinchieri incide sulla lapide ogni fra pre e post partita, tipo quella “Ci manca Micov, ma cinque buoni da mandare in campo li abbiamo…”, si scopre che per avere lo scalpo cantuchiano si fanno salti mortali e mentali tipo quello della Benetton che ha persino convinto Alessandro Gentile a dedicarsi alla squadra in una serata dove tutto gli andava male, anche se ci sarebbe da guardare con la lente d’ingrandimento questa prestazione di un talento a cui casca il mondo addosso non quando le cose vanno male alla squadra, ma soltanto a lui.
Non vorremmo che la stessa cosa passasse adesso nella mente del Danilo Gallinari che un Franco Casalini, finalmente restituito alla forza del suo nome su Milanow, ha ironicamente scovato mentre tirava a canestro usando il palmo della mano come se davvero quello che si temeva e si teme per giocatori europei non ancora pronti fosse accaduto nella sbornia colombiana fra New York e Denver. La NBA ti succhia il midollo e non si preoccupa dei tuoi tormenti. Se hai difetti fisici, tecnici, devi pensarci da solo, durante la pausa fra due campionati. Certo che hanno anche loro campi di specializzazione, ma bisogna pagare e poi serve la testa giusta.
Allarme rosso a Milano per l’atteggiamento dei due giocatori greci, per la lenta involuzione del Drew Nicholas che non è certo fuggito dal territorio del più feroce per farsi strapazzare le cartilagini in questa pianura. Quando vediamo Bourousis ciondolare nelle partite dove non si sente ispirato ci viene in mente un amico ateniese che al momento del portentoso ingaggio ci fece sapere che l’uomo non era sempre tipo da pizza insieme. Ai saccentoni che sghignazzando, chiedendo di mettersi in fila persino per poter salutare il nuovo allenatore e il suo nuovo mondo, ci pregavano di ascoltare la saggezza del campione del mondo Campagna, grande giocatore e ora allenatore di pallanuoto che, rispetto a loro, comunque, i suoi pugni in tasca sa poi dove appoggiarlo al momento della battaglia, sostenitore della teoria che se consideri i tempi di questo gioco più brutti di quello che veneravi allora sei finito, noi rispondiamo con una battuta di Mediterraneo, quando il sergente Lo Russo chiede attenzione al pericolo: “Cosa ne sapete voi di cosa mangiano i greci per essere tutti Diamantidis?”
Con meno prosopopea di tanti altri, con meno illusioni di poter davvero incrinare le certezze di Siena, il Carlo Recalcati, tricampeon e argento olimpico, sta al vertice della classifica sapendo che la prima a scivolare indietro, se gli infortunati diventeranno due o tre e non dovrà fare a mano del solo Fajardo, sarà proprio la Varese costruita ad immagine e somiglianza dell’allenatore, del Vescovi, del Ferraiolo, della città che non per caso era la culla dell’invincibile armada del professor Nikolic e di Spartaco Gamba. La sua saggezza va oltre la nostra codardia: durante il trofeo Lombardia a Desio gli chiedevamo se non vedeva Stipcevic un po’ involuto e lui pregava soltanto di avere pazienza per dare a Rannikko e al regista un po’ di tempo per la ricerca di una vera dimensione di capirsi, con il finlandese come master per lo slavo. Sta accadendo.
Pagelle gloriose sul carro dorato trovato ai confini dell’Afghanistan , un gioiello costruito 500 anni prima di Cristo quando ancora non c’erano Stern, Proli, Minucci, Sabatini e persino Trinchieri.
10 A Jacopo GIACHETTI perché eravamo convinti che Milano non avrebbe mai avuto bisogno della sua spericolata ricerca del canestro per sentirsi completa: a Casale non è stata completa, ma grazie al brodo Pancaldi si è trovata oltre la linea di confine fra le squadre in crescita e quelle che rischiano di non crescere mai.  
9 A CASALE MONFERRATO e al suo
zero in classifica che non vuol dire zero in tutto il resto perché quell’entusiasmo da svenimento della promozione dell’anno scorso resiste ancora, perché quel fuoco sacro profuma ancora tanto e lo vedi persino nei particolari tipo le ragazzine che portano un asciugamano agli arbitri mentre intorno la gente ulula e consiglia di far bere cicuta a chi supera i quiz, ma non la legge del campo.
8 A Gianni PETRUCCI che nell’intervista a Roberto De Ponti sul Corsera indica con chiarezza la strada che deve percorrere Meneghin se vuole arrivare senza scilipotismi alla rielezione. Siamo felici che persino il mondo a parte di chi voleva Bryant ad ogni costo si sia accorto di questo sgambetto del presidente in uscita dal Coni e diretto verso un posto di sindaco o, magari, di onorevole o, quasi certo, ancora di presidente di una federazione e non sarà difficile indovinare quale se garantirà a Meneghin una vicepresidenza operativa.  
7 Alla RAI per aver mantenuto quasi integro il dopo partita della diretta domenicale che vive nell’orario peggiore, ma che si eleva per l’entusiasmo della squadra da Mascolo a Dembinski e Timperi, da Michelini a Caja. Ora siamo al pericoloso bivio: accontetare i competenti come faceva soltanto SKY o buttarsi anche su chi non rolla abbastanza e non capisce tutte le regole? A loro la mossa, anche se personalmente non siamo convinti che gli ascolti diminuiscano soltanto perché la massaia di Casteggio non capisce il palming come del resto tanti giocatori che scoprono questi fischi a supercazzola nei momenti più strani perché un attimo dopo la stessa operazione viene ignorata e a Casale si è visto chiaramente.  
6 Al genietto fortitudino Robert FULTZ che si scatena quando incontra la squadra dove suo padre fu il grande Kociss della Virtus. Vedendo Teramo, il suo mondo, Casale e quel mondo, Venezia e tutte le misericordie che si merita, Cremona e quella strana frenesia da turun, turaz e tetass, vorremmo che nessuna di loro conoscesse la delusione dell’ultimo gradino nell serie A ad una sola retrocessione. In Lega chi comanda anche se finge di non farlo ha già fatto sapere che esiste una speranza per il futuro a 24 squadre professionistiche che toglierebbe di mezzo le retrocessioni, darebbe spazio ai giovani (ah, ah), ma, soprattutto, si leverebbe dai piedi la creativita di Bonamico che non sarebbe il fantoccio di nessuno.
5 Ad AVELLINO se continueranno a considerare miracoli quelli che invece sono capolavori di gestione mentale e tecnica del Vitucci-Zeman come lo definisce lo Spinelli che per certe cose, sul campo e fuori, sbalordisce davvero.  
4 A PESARO per non essersi nascosta come doveva dopo i due colpi contro Milano e Cantù, seconda e terza forza del campionato. Ci sono città dove il basket è religione, ma dove i sacrifici più grandi sono quelli da fare rinunciando alle feste con troppo incenso.
3 Al MAZZON reyerino che ha deciso davvero di far ingoiare troppi rospi a chi lo considerava un precario per la massima serie. Questa voglia di stupire è meravigliosa, ma pure lui faccia attenzione alla facile euforia.  
2 A Stefano GENTILE, regista di Casale, perché è mancato soltanto lui, pur giocando una partita migliore del fratello Alessandro nella Benetton anti Bennet, nella giornata di festa completa per la famiglia visto l’esordio vincente di Nando sulla panchina di Veroli.
1 Alla solita ROMA sperduta che insegue sempre i meno colpevoli per nascondere l’incompetenza generale. Caro Lino Lardo tienili tutti a distanza di pugnale perché quelli non sono per caso dei tifosi da spot televisivo, quello della carica finita quando devono avvisarti che è in atto una congiura. Tenersi certa gente in campo è intorno crea infezione.
0 Ad Enrico MENTANA, un gigante del giornalismo televisivo, anche se noi amavamo molto di più lo stile di suo padre Franco che in Gazzetta ci faceva strada, perché sembra sia stato proprio lui a chiedere che la boa del basket in diretta fosse portata oltre la barriera del pretelegiornale visto che gli ascolti si azzeravano. Brutto colpo per gli incolpevoli Francica Nava e Poz che ancora stanno studiando la parte del commentatore buono e quello cattivo, perché a fare il cattivo costa, per chi si illudeva che la televisione in chiaro avrebbe cambiato certe abitudini, per chi non si rende conto che la scelta delle partite è sempre delicata, anche se nessuno poteva immaginare che Roma si presentasse a Siena con il pannolone.

Oscar Eleni (7 novembre 2011)

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