Calcio

In fondo al pozzo

Stefano Olivari 01/03/2009

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di Stefano Olivari

Qualche giorno fa abbiamo rivisto ‘Maradona, la mano de Dios’, il film di Marco Risi sulla vita del calciatore più forte di tutti i tempi (o giù di lì). Ci rendiamo conto di essere in zona ‘E chi se ne frega?’, ma visto che siamo fra di noi volevamo sottolineare che questa volta le sensazioni sono state diverse. Perchè la visione è arrivata dopo quella del Maradona di Kusturica, girato praticamente in contemporanea (2007, presentato a Cannes nel 2008) ma con tutt’altro taglio oltre che con la collaborazione del Maradona originale. Il film di Risi è preciso, con inizio ed epilogo dalle metafore (Diego bambino che per recuperare un pallone finisce in un pozzo e viene salvato dalla famiglia) piuttosto telefonate e dallo svolgimento lineare: senza esaltazione del mito ma anche senza compiacimento nel sottolinearne debolezze e miserie. Tre attori diversi per tre fasi della vita di Maradona (l’adulto è interpretato da un Marco Leonardi davvero molto credibile, che coglie lo spirito senza essere sosia), il film accarezza solo in parte lo schema dello sport movie ed ha spesso una sintassi da fiction di Rai Uno pur senza essere buonista. Però è un’opera onesta, con diverse finezze che mostrano il livello di chi è stato intorno al campione: l’incompetenza dell’amico d’infanzia Jorge Cysterpiller, la pressione della famiglia d’origine, la sudditanza di alcuni compagni di squadra, i delinquenti mascherati da tifosi vip, la responsabilità dei manager Coppola e Franchi nella sua caduta verso vari vizi. Le città secondo Risi sono un po’ tutte uguali: Buenos Aires (quella dopo la fuga da Villa Fiorito) sembra Barcellona che a sua volta sembra Napoli. Tifosi urlanti, groupie pronte a tutto, conoscenti debosciati. Un po’ tirate via le parti sui Mondiali, da quello trionfale del 1986 a quello del grande inganno del 1994, ma stare sotto le due ore è un dovere nei confronti dello spettatore. Un punto di contatto con il lavoro di Kusturica è la positività della figura della moglie Claudia (interpretata da Julieta Diaz), non la classica donna che perdona ogni porcheria al marito ma persona che aiuta chi è caduto senza dimenticare il male fatto, però la prospettiva è ovviamente diversa. Dove il regista serbo si fa Gianni Minà per lasciar emergere un Maradona ‘puro’, che racconti inconsapevolmente allo spettatore i suoi pregi e difetti, Risi fa invece opera di scrittura ed è capace di spiegare il campione a chi delle sue gesta non sa nulla. Nonostante il titolo la furbata contro Shilton non viene esaltata come avrebbe fatto il Maradona originale, in generale gli episodi controversi della biografia sono trattati in maniera descrittiva ed evitando pistolotti. Due film difficilissimi da girare, per la notorietà planetaria delle vicende, ma complementari: nessuno è il capolavoro cinematografico che il calcio ancora aspetta, ma entrambi hanno ambizioni oneste e risultati buoni. Non è un caso che a Maradona non siano piaciuti né quello autorizzato né l’altro. stefano@indiscreto.it

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