Il valore finanziario del giornalista

25 Agosto 2009 di Dominique Antognoni

di Dominique Antognoni
Quando il direttore di Indiscreto torna dalle vacanze ha quel tono blando e vellutato da sembrare quasi un giornalista di quei prodotti che qualcuno pietosamente ancora definisce ‘giornali importanti’. Torna buono e buonista e ci dispiace: comunque siamo certi che qualche giorno di telefonate a clienti non paganti e a cialtroni millantatori ce lo restituiranno cattivo come prima. Per adesso va a San Siro, incontra tanti colleghi e quasi gli scappa una lacrima per la commozione. Noi invece siamo già incattiviti e visto che non abbiamo alcun rispetto per la categoria (attenzione, per la categoria non per alcuni dei suoi componenti) ci sentiamo liberi di dire quello che per davvero accade nel mondo del giornalismo. Un grande Berlusca a fare il punto della situazione, come in tanti hanno riportato, peccato che il direttore abbia omesso un particolare: senza i soldi portati dall’ufficio marketing i giornali, cosi pieni di notizie positive, neppure riuscirebbero a uscire in edicola. La crisi ha avuto anche un effetto positivo nel mondo dell’editoria: ha fatto scendere dal piedestallo la categoria dei giornalisti, convinti nella loro infernale presunzione di essere il quarto potere dello stato e amenità simili. In pratica sono l’ultima ruota del carro, con pochissime eccezioni, per esempio Vittorio Feltri che porterà con sé almeno 20-30.000 lettori da Libero a Il Giornale. La situazione è molto semplice: in un giornale contano i soldi del patron e la bravura dell’ufficio marketing. Per un quotidiano italiano è drammatica la partenza di un venditore di pubblicità e non quella di una redazione intera. Esempio pratico: i due prodotti giornalistici più importanti hanno visto abbassare dell’80 per cento il costo di una pagina pubblicitaria. Da 10.000 a 2.000 euro. Cosa significa? Che in un anno, fatti due conti, a parità di numero di copie distribuite, i problemi finanziari saranno devastanti e la gente andrà a casa non per via della qualità del prodotto ma per i mancati introiti pubblicitari. Ma mettiamo che le vendite aumentino: le perdite saranno comunque forti per via della pubblicità che non c’é. Riassumendo: i giornalisti non fanno domande, non scrivono quello che sanno, le interviste le fanno in ginocchio (abbiamo sentito uno chiedere: ”Quanto ti piace lavorare con Mourinho?”), vengono trattati come cani da uffici stampa e calciatori e contano meno del due di briscola nell’economia dell’azienda. Aggiungiamo che si fanno riconoscere sempre e dappertutto, basta rileggere l’articolo sulle botte fra di loro al G8, quando si presero a schiaffi e pugni per mettere le mani sui gadget. Ecco, sono gli stessi che poi vedi in tv sbrodolando verità assolute come se da quelle parole dipendessero le sorti dell’umanità. Peccato che senza la pubblicità dell’olio Bertolli e dei cracker Pavesi starebbero a casa loro a raccontare quelle verità alla moglie mentre si sistema i bigodini. Questa è la libertà di stampa.
dominiqueantognoni@yahoo.it
(in esclusiva per Indiscreto)

Share this article