Il teorema di Cramer

21 Luglio 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Rispondendo in ritardo ad una curiosità di Dag Nasty, partita da una vecchia puntata di ‘Arrivano i Superboys’, parliamo di un argomento che farà schizzare verso l’alto le pagine viste: la medaglia di bronzo del Giappone calcistico all’Olimpiade 1968. Shingo Tamai e compagni sono quindi il pretesto per ricordare la figura di Dettmar Cramer, l’allenatore tedesco che guidò la nazionale olimpica nipponica a Tokyo 1964 e ne fu poi direttore tecnico in Messico ponendo le basi di una passione che poi si sarebbe sviluppata seguendo vie e miti più brasiliani (non solo Roberto Sedinho) che tedeschi. Ovviamente i più lo ricordano come tecnico del Bayern Monaco della seconda e terza Coppa Campioni consecutiva (a stagione 1974-75 iniziata prese il posto di Udo Lattek giubilato di fatto da Beckenbauer, un Lattek che pochi mesi dopo avrebbe iniziato la sua strepitosa era al Borussia Moenchengladbach), ma il suo periodo giapponese merita di essere citato. Cramer, classe 1925, nasce come modesto giocatore a Dortmund e Wiesbaden, prima di entrare a soli 24 anni nei ranghi della federazione. Fino al 1963 ‘Napoleone’ (così chiamato per l’1,60 o giù di lì di statura e per i modi autoritari) lavora per nazionali giovanili e rappresentative regionali, poi accetta una rivoluzionaria (per l’epoca) proposta della ZDF: fare la seconda voce nelle telecronache. L’esperimento va così così e il campo gli manca: quando viene a sapere che il Giappone ha chiesto alla sua federazione un allenatore tedesco per preparare le Olimpiadi casalinghe lui si propone a costo quasi zero. Una bella esperienza (superamento della prima fase e sconfitta nei quarti con la Cecoslovacchia) con molti seguiti: Cramer diventerà di fatto fino alla pensione (storia di pochi anni fa) il principale docente di calcio nelle scuole federali, ricevendo per questo anche un premio speciale dall’imperatore Hirohito. Dopo Tokyo 1964 entra comunque nello staff di Helmut Schoen, dove con vari ruoli, due parentesi da c.t. (Egitto e Usa) e quella già citata con il Giappone olimpico nel 1968 (con Okano in panchina e Kunishige Kamamoto trascinatore in campo), rimarrà fino al 1974. Ma che cosa ha portato Cramer al calcio giapponese? Prima di tutto, a detta dei giornalisti giapponesi, un’attenzione verso la preparazione fisica che prima di lui era sconosciuta. E poi un interesse per l’aspetto psicologico del calcio, con una sorta di ossessione per le motivazioni individuali, che ne ha fatto un caposcuola anche in Europa.
stefano@indiscreto.it

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