Il sistema invisibile, perché non siamo padroni del nostro destino

29 Novembre 2022 di Stefano Olivari

Tutti facciamo parte del sistema, con ruoli diversi e soprattutto un diverso grado di consapevolezza. Perché le facce e le istituzioni che si vedono non sono quasi mai quelle che governano le nostre vite, anche se siamo ancora convinti che il voto conti. È questo il tema dell’ultimo libro di Marcello Foa, Il sistema invisibile – Perché non siamo padroni del nostro destino, uscito un paio di mesi fa per Guerini e Associati e da noi appena letto. Il giornalista, fra le altre cose ex presidente della RAI, parte da un assunto di base: da anni le élite del mondo occidentale puntano alla disgregazione culturale della classe media, non perché ci sia un complotto o un grande vecchio, ma semplicemente perché una società globalizzata e senza punti di riferimento è più facilmente manipolabile, a vantaggio di una classe sociale capace di trarre benefici dalla situazione.

Questo libro di Foa non ha il giornalismo come protagonista, come era nei due Gli stregoni della notizia, ma in un certo senso è il loro seguito, perché continua a raccontare la disinformazione e le sue tecniche. La globalizzazione ha infatti prodotto aziende enormi, più potenti di quasi tutti gli stati, e organizzazioni sovranazionali che consideriamo acriticamente ‘autorevoli’, in contrapposizione a politici locali, di qualsiasi tendenza, che percepiamo come mediocri, provinciali, vecchi, forse anche corrotti. In altre parole la globalizzazione post 1991 invece di diffondere la democrazia nei paesi autoritari, come si diceva negli anni Novanta, l’ha svuotata di senso in quelli democratici.

Dietro a sigle apparentemente neutre e neutrali ci sono enormi interessi, in una confezione di idealismo pronta per essere venduta. Foa fa tantissimi esempi concreti, legati all’attualità. Quante volte abbiamo sentito parlare di SWIFT per quanto riguarda le sanzioni alla Russia? Il sistema internazionale per le transazioni finanziarie fra paesi diversi non è qualcosa di ‘tecnico’, ma di molto politico: la Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication ha sede a Bruxelles ed ha un consiglio di amministrazione espressione dei paesi che generano più volumi finanziari. E quali saranno questi paesi? Il Sudan? La Bulgaria? L’Ecuador? Foa ricorda lo scoop del New York Times, che scoprì che dopo l’11 settembre 2001 gli Stati Uniti ‘convinsero’ lo SWIFT a trasferirgli i dati di tutte le transazioni finanziarie mondiali.

Nessuno davvero ci racconta come vengano gestiti WTO, OCSE, FMI, Banca Mondiale, eccetera…. qualcuno di noi che passiamo la vita sul web si è mai posto il problema di chi governi l’ICANN? Come se gli indirizzi Ip esistessero in natura… Clamoroso l’esempio dell’OMS, citatissima non soltanto nell’era Covid ma anche per giustificare qualsiasi scelta sanitaria. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è finanziata dagli stati ma anche da privati: nella prima categoria svettano gli Stati Uniti con il 15% del budget totale, nella seconda Bill Gates direttamente o indirettamente con la stessa percentuale. In altre parole, l’OMS non dirà mai qualcosa che vada contro gli interessi delle grandi aziende americane (anche senza entrare nel merito dei legami fra Gates e quelle farmaceutiche). Per non parlare di chi finanzia l’EMA, l’AIFA, la FDA e tutte quelle entità che possono accendere o spegnere le nostre vite. Eppure chi solo va sul tema viene accusato di lesa maestà o di complottismo.

Interessante la parte sulle tecniche di manipolazione di CIA e KGB, in passato usate per disgregare la struttura sociale di paesi nemici o che si volevano conquistare, mentre adesso sono al servizio di interessi di una classe che con il meccanismo della cooptazione si autoalimenta e spegne sul nascere ogni forma di dissenso. Sulle questioni di fondo, ovviamente, perché sulle stupidaggini divisive la polemica è libera. Inutile fare del complottismo un tanto al chilo, quando dell’influentissimo CFR (Council of Foreign Relations) fanno parte 5.000 persone o ai convegni del WEF (World Economic Forum, sono quelli di Davos e del Grande Reset presentato senza segreti) partecipano in 3.500.

Senza stare a fare l’elenco dei tanti think tank che spingono per un pensiero unico, e di tutti gli strumenti di consenso (Intellettuali, artisti, insegnanti, sportivi), consapevoli o no, i conti sono semplici: non esiste un ristretto gruppo di cattivi che ci tiene (o vi tiene, perché dei cattivi aspirano a far parte molti giornalisti) in schiavitù, ma un pensiero di élite, non di miliardi di persone ma di qualche milione sì, che con tutti i paesi democratici resi ingovernabili sta plasmando il mondo secondo i propri interessi. La cooptazione è più utile delle armi: nei paesi ufficialmente democratici si coinvolge soltanto chi ha un certo tipo di pensiero, non è che si manganella chi la pensa diversamente.

Il sistema invisibile è di destra o di sinistra? Negli obbiettivi, il controllo della classe media ed il profitto senza limiti, senz’altro di destra. Nelle sue manifestazioni esteriori, dalla cancel culture ad un certo tipo di ambientalismo, dal potere delle minoranze al linguaggio, molto più di sinistra. All’atto pratico cambia poco, vista la facilità con cui sugli stessi temi (viene in mente ovviamente il Covid) tutto diventi trasversale e indistinto. E quindi? Foa non propone soluzioni, anzi ammette che le opportunità nate dopo il crollo dell’URSS si sono trasformate in un totalitarismo di tipo soft, con le democrazie liberali ridotte a discorsi vuoti e celebrazioni retoriche. Però apprezza che ci siano sacche di resistenza. Ancora per poco, forse.

stefano@indiscreto.net

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