Il nostro lato oscuro

4 Marzo 2013 di Stefano Olivari

Non esiste a casa nostra un vinile più consumato di The dark side of the moon, di cui in questi giorni stanno parlando un po’ tutti in occasione dei 40 anni della sua uscita. Questo disco dei Pink Floyd, oltre ad essere il più concept album dei concept album di sempre, è stato probabilmente il più venduto nella storia della musica dopo Thriller: 50 milioni di copie ufficiali, più almeno 30 di tarocchi stimati, contro quasi 120 ufficiali e 200 totali del re del pop. Ma rispetto ad altri bestseller, lo diciamo da fan di Michael Jackson e da rispettosi nei confronti degli altri vicini (Eagles, AC/DC, eccetera), The dark side of the moon non appare datato e nemmeno legato più di tanto ai suoi autori. Anzi, paradossalmente ci sembra risenta dell’influenza di Syd Barrett, da cinque anni uscito dal gruppo, più dei primi dischi con lui leader musicale e ideologico. Chiari i riferimenti a Barrett in Brain Damage, anche se meno ‘telefonati’ che in Wish you were here che sarebbe arrivata solo due anni dopo. Molto da Barrett il concept, cioè la descrizione di cinque aspetti della vita umana. Nostra arbitraria traduzione, diciamo nostra perché ognuno ha la sua e pretende che sia quella giusta: armonia, progetti, tempo, superficialità, filosofia. Anche se ovviamente il giochino per iniziati è quello di riconoscere le citazioni e le voci disseminate in ogni dove, da Ticket to ride (la canzone dei Beatles suonata in sottofondo al termine dell’album: secondo qualcuno un messaggio in codice, quindi è chiaro che anche loro sapevano che Paul McCartney è morto nel 1966) a risposte date da tecnici di studio a domande apparentemente assurde come ‘qual è l’ultima volta in cui sei stato violento?’ (qui c’è tutto Waters), con in mezzo risatine vip e citazioni di Heidegger. Di The Dark side of the moon non ci si stanca mai e non dipende certo dalle statistiche o, peggio, dalla nostalgia.

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