Il muro di Liedholm

25 Novembre 2008 di Stefano Olivari

Il Nils Liedholm dei media è sempre stato molto diverso da quello vero, ricordato da molti suoi giocatori come uomo di grande intelligenza e grandissima durezza. Forse perché la sua classe di calciatore nasceva dal cervello prima che dall’istinto, da chi aveva la fortuna di giocare per professione pretendeva un’applicazione maniacale che esaltava i più intelligenti e deprimeva gli stupidi. Poi sui giornali filtravano solo le battute e le storielle scaramantiche (dai maghi al sale, al confine con Oronzo Canà), ma Liedholm aveva ben altro spessore. Chissà che Barone avrà consegnato ai posteri Sebastiano Catte, che ha presentato a Roma il suo ‘Nils Liedholm e la lieve memoria del calcio’ (Ethos edizioni), frutto di conversazioni fra l’autore ed il fuoriclasse svedese scomparso di recente. Dall’oro olimpico di Londra 1948 al quasi ultimo urrah nel Mondiale casalingo di dieci anni dopo, piegato solo dal Brasile di Garrincha e Pelé, passando per un Milan fortissimo a cui mancò la consacrazione europea per cause di forza maggiore (la Coppa Campioni nacque nel 1955-56, a ciclo quasi finito, comunque una finale fu persa con il Real di Di Stefano) e proseguendo con una carriera in panchina più da costruttore che da gestore. Ecco, per motivi che ci sono sempre sfuggiti Liedholm non ha mai avuto una squadra di campioni già fatti, eppure per carattere e formazione l’avrebbe fatta funzionare meglio di tanti ‘vincenti’ della sua e della nostra epoca. Ingiustamente considerato inventore del gioco a zona, in un’Italia in cui si giocava a uomo ma dove fino agli anni Cinquanta la zona nelle sue varie declinazioni era l’unica filosofia calcistica conosciuta (c’è stata quindi un’epoca in cui il gioco a uomo rappresentava il ‘nuovo’), la forza di Liedholm era quella di lavorare sul miglioramento individuale anche dei campioni, come pochi allenatori di alto livello hanno l’umiltà di fare: gli aneddoti sui palleggi contro il muro di Pruzzo sono tutt’altro che invenzioni, a detta dello stesso Pruzzo. In termini di marketing, per quello che si è capito, ci si rivolge più al mercato romanista (solo così si spiega il capitolo su Totti) che a quello milanista o degli appassionati di storia: peccato, perché Liedholm è uno di quei pochi personaggi calcistici il cui valore prescinde dal tifo.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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