Il guado dei Lakers

23 Maggio 2012 di Stefano Olivari

1. Il modello Twin Towers, che fa molto anni Ottanta o al limite Spurs dei due anelli Duncan-Robinson (1999 e 2003), ma che quando non ha alternative tattiche diventa una prigione. Un nome e un cognome: Lamar Odom, disperso fra Dallas e Kardashian. Non solo problemi difensivi, anche se certi aiuti ritardati di Bynum e Gasol sono sembrati inaccettabili, ma anche offensivi visto che non esistono solo le statistiche. E nelle fasi decisive delle partite di playoff i tre secondi difensivi non esistono, dare sistematicamente la palla dentro a giocatori poco esplosivi alla fine è stato controproducente. Poi ci sono le singole situazioni. Gasol da quando è stato messo sul mercato, quindi da molto prima dell’All Star Game, si è limitato, si fa per dire, ad una pallacanestro da clinic e anche quando è rimasto si è capito che il suo rapporto con Kobe è cambiato (anche senza arrivare alle accuse di Bryant di essere stato poco ‘assertive’ in attacco contro Oklahoma City). Bynum anche contro l’evidenza dei numeri, visto che viene dalla sua migliore stagione di sempre (18,7 punti e 11,9 rimbalzi di media), continua a irritare per la poca esplosività in attacco e per la fiducia cieca nella stoppata in difesa. Piace a Bryant, evidentemente piace alla proprietà, ma Phil Jackson aveva capito perfettamente cosa poteva dare e in quali momenti della partita. Comunque Jim Buss, figlio del proprietario Jerry, ha già dichiarato che i Lakers eserciteranno l’opzione da 16 milioni e rotti di dollari per la prossima stagione. Rimaniamo della nostra idea, da semplici guardatori dei Lakers: il problema non è Bynum, ma che Bynum venga considerato una stella intorno a cui far girare il sistema. Se avesse il rango di un Jordan Hill andrebbe benissimo, ma così non è. Previsione: Bynum rimane, Odom torna, Gasol viene utilizzato per arrivare a una point guard che sposti.

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