Il decennio di Moncler e Stone Island

8 Dicembre 2020 di Indiscreto

Moncler ha comprato Stone Island, valutandola più di un miliardo di euro. O meglio: i vecchi proprietari di Stone Island, la famiglia Rivetti, avranno una partecipazione di minoranza in una nuova società, con la maggioranza a Remo Ruffini (appunto l’attuale signor Moncler), che avrà la quota per comandare in Moncler. Una notizia che merita di uscire dalle pagine finanziarie, visto che negli ultimi anni le cessioni di grandi marchi, specialmente nel settore dell’abbigliamento, erano quasi sempre avvenute dall’Italia verso l’estero. Una buona notizia, dunque. Dal nostro punto di vista, ci pare quasi ovvio sottolinearlo, Moncler e Stone Island significano però soprattutto anni Ottanta.

Bisogna ricordare che nel decennio migliore nella storia dell’umanità la Moncler era ancora dei fondatori francesi ma che comunque l’Italia era il principale mercato di quei piumini che con gli occhi di oggi erano da benzinai notturni (nel frattempo sono migliorati) ma che con quelli di allora erano l’oggetto del desiderio della maggior parte degli adolescenti: nel 1984 un Moncler costava sulle 300.000 lire, e un paio di Timberland sulle 220.000, quindi il combo Moncler-Timberland rubato dal proverbiale tamarro dietro l’angolo di via Ricciarelli (la discoteca del sabato pomeriggio era il famoso Le Cinema, dove i tamarri dentro e fuori, vista la zona che nei decenni è riuscita addirittura a peggiorare, abbondavano), significava per la famiglia del liceale piccolo borghese una perdita secca di minimo mezzo milione.

Se negli anni Ottanta il Moncler era un po’ un must per il paninaro o aspirante tale, magari fuori tempo massimo, i capi della Stone Island di Massimo Osti (il signor C.P. Company, ai tempi) erano per un livello un po’ superiore come età e come spesa, oltre che come qualità dei prodotti. Sia Moncler sia Stone Island erano presentissimi negli stadi italiani, e non solo italiani dell’epoca, nelle curve e fra i tifosi normali. Di sicuro intorno al marchio Stone Island era nato anche un culto in quel mondo fra ultras, destra ideologizzata e ribellione antiborghese (con simboli borghesi, ma è un discorso lungo ed i post devono essere corti), che non è mai stato ben capito e che non si può ridurre a quattro banalità sugli hooligan. Poi chiaramente tutto viene digerito dal sistema e perde significato, ma nel mondo omologato di oggi i marchi contano ancora più che in quello di ieri.

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