I ragazzi di McDonald’s

15 Novembre 2010 di Dominique Antognoni

di Dominique Antognoni
Verso la mezzanotte di ieri ci trovavamo all’uscita dagli spogliatoi di San Siro insieme al direttore di Indiscreto, cultore del trash da tribuna vip e degli entourage dei calciatori, e di altri sfaccendati come noi. Poco lontano, un famoso giornalista indossando una tuta bisunta e sformata (aggiungendo le ciabatte in pelle sarebbe stato un perfetto degente da ospedale italiano) faceva domande su una partita che non aveva visto (c’era un po’ di umidità, meglio seguire Maria De Filippi in sala stampa). Tranquilli, non prendevamo appunti: non facciamo i giornalisti, cosa che del resto vale per il novanta per cento dei frequentatori della tribuna stampa. Guardavamo le donne dei cosiddetti Vip, tanto per essere chiari. E’ che è sempre un piacere osservare sconosciuti (anche per noi che conosciamo quasi ogni elemento del sottobosco calcistico italiano, avvantaggiati dal farne parte) che escono dalla tribuna executive attorniati da dieci femmine vestite come ad una prima hollywoodiana, pronte alla passerella sul tappeto rosso. Tacchi a spillo, abiti sgargianti e sorrisi a prescindere dal risultato. Tanto si festeggia comunque. Si balla e si beve champagne se segna Ibra o se segna Milito. La notte è sempre giovane e la vita va vissuta. Il tifo è roba da tifosi, qui siamo professionisti (del biglietto omaggio). Detto questo, siamo rimasti delusi per il piccolo numero di bellezze incontrate: la colpa è nostra, siamo scesi tardi perché abbiamo ascoltato le lagne di Benitez, più morbido di un orso dello zoo in pensione. Probabilmente riesce a far giocare l’Inter peggio del suo Liverpool formato Premier (In Champions, per vari motivi, invece volava). Qui inizia la parte seria, anzi drammatica del discorso. Povero Rafa: avrà delle colpe se la sua Inter gioca a due chilometri all’ora e tiene il possesso senza mai tentare il tiro. Non si è vista mezza azione per 45 minuti, la sensazione è che se si fosse giocato fino a martedì il risultato non si sarebbe mai schiodato dallo 0-1. Il gioco nerazzurro pareva un’azione di pallamano o pallanuoto con i giocatori che fanno la transizione, spostando la palla dalla destra a sinistra e da sinistra a destra con gli avversari che nemmeno alzano le mani per fare muro. Ebbene là, fuori dagli spogliatoi aspettando personaggi che erano già al ristorante o in discoteca (la costante è che non si capisce mai chi paghi), abbiamo avuto la spiegazione della noia del gioco interista, della sua pochezza di idee e ritmo. Dalla grande porta sono usciti, uno accanto l’altro, Coutinho e Biabiany. Entrambi in tuta, piccolini, spaesati, con lo zainetto sulla spalle. Mingherlini, indifesi, tristi, inadatti fuori dal campo così come in campo. Al posto dell’infortunato Milito è entrato il brasiliano. Una volta può andare bene, ma contro un Milan per una volta tutto muscoli e zero fronzoli (a parte l’impresentabile Robinho) ci voleva qualcos’altro. Guardavamo i due ragazzi, entrambi con lo zainetto: sembravano scolaretti che vanno di fretta da McDonald’s, mangiano il McFlurry con gli smarties e bevono la Coca Cola con la cannuccia, poi di corsa a casa perché il giorno dopo si va a scuola e la sveglia suona presto. Contro Ambrosini e Thiago Silva ci vuole qualcosa di diverso. Avremmo voluto abbracciarli, Coutinho e Biabiany, da tanto che sembravano fuori posto: Allievi (anche se Biabiany ha quattro anni più di Coutinho) al primo giorno di convocazione nella Primavera. Benitez può essere colpevole per gli stiramenti e il gioco senza sbocchi, ma non certo per la cilindrata della squadra. Chissà cos’ha in testa Moratti, che di sicuro è riuscito nel suo intento principale: non far definire la sua Inter ‘L’Inter di Mourinho’. Non correrà più questo rischio. 
Dominique Antognoni
(in esclusiva per Indiscreto)
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