Gli ascolti di Michael Jordan

13 Febbraio 2014 di Stefano Olivari

Non siamo grandi cultori dell’All Star Game, né di quello NBA né tantomeno di quelle sgambate ancora più insensate che si svolgono in altre leghe e in altre parti del mondo. Però quello di domenica a New Orleans lo guarderemo come al solito, più per il piacere di studiare le dinamiche fra campioni che per il gioco in sé stesso. Le squadre saranno le consuete rappresentative di Eastern e Western Conference. Questi i quintetti base scelti dalla gggente. Per l’Est, allenato da Frank Vogel, Irving, Wade (anche se le ultimissime lo danno di nuovo infortunato), James (suo il record di voti), George ed Anthony. Più che small ball, ‘smallissima’ ball: sicuro qualche minuto, assolutamente da non perdere, di LeBron da centro. Per l’Ovest, guidato da Scott Brooks, il popolo ha scelto Curry, Durant, Griffin, Love e… Bryant. Nonostante Kobe avesse invitato i fan a non votare per lui, infortunato ormai fisso, la gente lo ha voluto premiare lo stesso. Sarà sostituito da Anthony Davis, enigmatica prima scelta assoluta 2012 oltre che campione di casa, che sta giocando una stagione davvero buona ed in crescendo. Panchina Est: Wall, De Rozan, Joe Johnson, Millsap, Noah, Hibbert, Bosh. Panchina Ovest: Parker, Paul, Lillard, Harden, Adridge, Nowitzki, Howard. Secondo una tradizione che in molti hanno provato a spiegare (qualcuno anche con l’immancabile DNA, teoria secondo cui ad esempio Ragland a Cantù sarebbe suggestionato dalle imprese di Marzorati), più talento offensivo e creatività ad Ovest contrapposti alla solidità dell’Est. Il tipo di basket giocato in queste situazioni indurrebbe a dare l’Ovest per favorito sparato, ma ci appassiona di più, provincialmente, la gara di tiro di da tre punti che vedrà in pista Belinelli. Competizione apertissima, con favorito Curry. In gara anche i vincitori 2012 e 2013, Love e Irving, per la leggenda la bandiera è a quota 25 punti (ricordiamo che i primi 4 palloni di ognuno dei 5 carrelli valgono 1 punto ognuno e il quinto 2, quindi il massimo teorico sarebbe 30). Toccata da Craig Hodges nel 1986, nella storica prima edizione della gara (storica anche perché la vinse Larry Bird) e da Jason Kapono 6 anni fa. Nella visione americanocentrica del gioco gli europei bravi sanno solo tirare, comunque gli unici europei ad alzare il trofeo sono stati finora Stojakovic (2 volte) e Nowitzki. Per Belinelli è in ogni caso un grande onore far parte della festa, come già fu per Gallinari nel 2010. Ma cosa volevamo dire? Che ormai l’All Star Game è un’occasione per tirare il fiato e imbastire scambi a volte cervellotici, ma che ha perso molta della sua carica nonostante i grandi personaggi certo non manchino. Il suo rilancio passa inevitabilmente dal superamento della divisione Est-Ovest, per proporre un più motivante Team Usa-International Players. Una volta tanto supportiamo il nostro bar con qualche numero. Prendendo in considerazione solo la partita principale, negli Stati Uniti gli spettatori sintonizzati sull’All Star Game NBA sono passati (fonte: Sports Business Daily) dai 13,1 milioni del 2002 agli 8 dell’anno scorso, con il fondo toccato nel 2008 a quota 6,3. Ma nel 2002 a trasmetterlo era la NBC. È quindi più corretto il confronto con il 2003, cioè da quando ha iniziato a trasmetterlo TNT. Be’, erano comunque 10,8 milioni. E non ci sembra che in un decennio l’interesse per la pallacanestro NBA sia sceso del 25%. Il sempre attivo ufficio troll di Indiscreto ci segnala che quelli del 2002 e del 2003 sono stati gli ultimi due All Star game disputati da Michael Jordan, all’epoca splendido quarantenne ai Wizards e che proprio nel 2003 è iniziata l’era di LeBron James. Quindi MJ un vincente e LBJ un perdente, come ci segnala il medesimo ufficio troll? L’ufficio banalità ci ricorda intanto che nell’ultimo decennio tutto lo sport in tivù ha sofferto, da quando il web è diventato competitivo anche come qualità frammentando possibilità di scelta e abitudini.

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