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Ferrari brut

Stefano Olivari 30/03/2009

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Non seguiamo la Formula Uno dai tempi di James Hunt, ma leggendo i giornali italiani è impossibile non sapere che Ross Brawn è stato l’artefice principale, dal punto di vista tecnico, della resurrezione Ferrari nella seconda metà degli anni Novanta. Da direttore tecnico, dal 1996 fino a di fatto due anni e rotti fa, ha firmato insieme a Michael Schumacher (e Montezemolo, e Jean Todt) cinque mondiali piloti e sei costruttori. E prima ancora era stato l’artefice, insieme a Briatore ed allo stesso Schumacher, del miracolo Benetton (due mondiali piloti infilandosi nell’era Williams). Insomma, fino a qualche settimana fa dai media montezemoliani, dei quali il più imbarazzante è quasi sempre Rai Uno, veniva giustamente descritto come un genio. Adesso che dopo l’addio della Honda guida come imprenditore, forse suo malgrado, una scuderia di Formula Uno, è diventato il demonio. Asservito alla Fia, questo il senso di molti articoli (scegliete voi il quotidiano), per l’idea della limitazione del budget, truffatore per la storia dei diffusori (ignoriamo cosa siano, ma abbiamo appena letto sull’Ansa il parere di Charlie Whiting, delegato tecnico della Fia, che sostiene siano regolari), colpevole di avere stravinto in Australia con una squadra con le (relative) pezze sul culo. Ma soprattutto, in buona sostanza, core ‘ngrato alla Altafini. Per fare carriera in certi giornali italiani, per fortuna non in tutti, devi essere lo zerbino dei soliti noti, per vincere nello sport a volte (poche volte, ma per fortuna non zero) basta avere talento. E comunque lo spionaggio industriale lo pratica solo la McLaren.
stefano@indiscreto.it

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