Esposito e la storia

2 Febbraio 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla valle dei Mocheni dove fanno finta di non vedere il viandante che maledice un computer, impreca contro la vita nova del basket in diretta per tutti meno che per lui. Eppure si è registrato fra i primi. Vecchiaia. Incapacità di parlare alle macchine. Fra i Mocheni c’è tolleranza verso gli sconfitti dalla tecnologia, oltre che che dall’artrosi se amano i bagni di fieno. Con loro è facile mettersi a parlare anche di basket. Ti chiedono se il rosso di sera che ispira l’Emporio Armani in campionato è una visione incantadora e un po’ bugiarda. Bugiardissima, ma nel paesino dei cesti volanti, dove chi si accontenta gode, devi accettare tutto, anche perchè non contando nulla, come certificato da chi codifica il suo misero mondo con la sua visione ristretta e mai limpida, devi sentirti dire dal presidente dell’Emporio che la Milano di Armani in testa alla classifica e fra le 16 migliori d’Europa è da elogiare nell’italbasket che non ha molto altro da offrire. Ora sarà vero anche questo, ma leccarsi le dita perché la squadra più ricca del reame è in testa con un vantaggio logico, sostenere che è già un pregio essere fra le “grandi” del Vecchio Continente, ci sembra davvero esagerato. Vero che anche il Portaluppi ha visto una cremosità da formaggio stagionato nella difesa dei rossi che giocano spesso in nero, con scarpe mai rosse, salvo casi sporadici, però le cose vanno come devono andare, secondo lui, e l’Emporio che gioca da padrone aspetta di prendersi il secondo scudetto consecutivo, scontato, la prima coppa Italia della nuova era, questo bersaglio non semplice come la vittoria in campionato.

Anche se alla prima smazzata si troveranno davanti Avellino, che dal giorno in cui ha avuto il posto alle finali nella lontana Desio dai parcheggi labirinto non ha più vinto. Peggio. Sono apparsi striscioni che chiedono a Vitucci, una volta proposto come sindaco, di abbandonare perché il suo mandato sembra scaduto. Ora chi ha memoria ricorderà bene come venne trattato il Boniciolli, vincitore di una coppa Italia per la gioia di tutti i lupi del territorio, anche di quelli che lo volevano licenziare il secondo giorno, quando, con una scusa che per la verità le scelte dei mesi seguenti non avrebbero reso credibile, decise di lasciare Avellino. Ora il presidente della società fa sapere di avere piena fiducia nel navigatore Frank, strappato a Varese quando nella città giardino lo adoravano davvero, anche se la cosa non faceva lievitare i compensi, e ancora non vivevano aspettando il messia Pozzecco che ora rischia la flagellazione e, magari, anche il Calvario.

Il girone di ritorno, diceva il saggio Bernardi a Sportitalia dove, purtroppo o per fortuna, prevale la formula baci ed abbracci, è un difficile percorso per società che non hanno fatto attenzione ai particolari, ma anche alle reazioni chimiche sbagliate del laboratorio tecnico. Nell’ultimo viaggio vi abbiamo detto che il fuoco amico potrebbe destabilizzare la posizione di Banchi a Milano se in Europa dovesse andare male come in questo inizio di seconda fase. Chi sa le cose, chi conosce questi giovani dirigenti creati da un demiurgo che aveva tutto e ci ha messo un po’ a trovare la quadratura del suo personalissimo cerchio, dice che Luca il furioso, quello che nei minuti di sospensione perde tutto, la voce, ma anche l’attenzione se i toni sono sempre fra altissimo e l’inascoltabile come la musica del Forum, ha un contratto anche per l’anno prossimo. Non ci sembra che nelle giubilazioni precedenti, da Bucchi a Scariolo, questo sia mai stato considerato un vero ostacolo. Comunque sia meglio così, nella speranza che non cambiando tecnico si decida almeno di cambiare la squadra andando a prendere giocatori che servono per progredire, non per restare allo stesso punto o, magari, andando più indietro nel torneo di vera competenza per chi è garantito da un colosso come il sistema Armani. L’unico in campo perché fra i suoi rivali, anche dove c’è benessere, come a Reggio Emilia, Venezia, Sassari, il massimo sognato è fare uno sgambetto, una volta tanto, a chi ha tutto e soffre soltanto se non canti a squarciagola le lodi per quei birichini che amano fingersi in acque difficili, schiacciati dalle pressioni per poi uscire vittoriosi. Abbiamo sentito dire che lo scudetto numero ventisei è stato un capolavoro. Giusto stare fra i Mocheni e tenere spento il PC de’ noantri, vediamo le cose da angoli sbagliati. Be’, in effetti, siamo costretti dalla scortesia di molte organizzazioni a soffrire dietro montagne di fotografi, ospiti, cialtroni travestiti al servizio del primo re travicello in circolazione, nuovi dirigenti con la puzzetta sotto il naso.

Giornata di campionato che verrà scelta dal commissario Laguardia per dimostrare che gli arbitri, da quando sono state ripristinate le coppie di fatto, vanno molto meglio e nessuno deve temere ineguaglianze competitive se nella seconda di ritorno abbiamo avuto ben sei vittorie delle squadre in trasferta. Meglio così, anche se non siamo proprio convinti.

La crisi di Avellino stupisce, ma quella di Varese avvilisce. Siamo ai re denudati. Pozzecco soffre come e quanto Vitucci, ma sapere questo non lo salverà dalla gogna che spetta a tutti gli allenatori in un paese dove tutti sanno fare benissimo il mestiere degli altri, pazienza se nel loro spesso fanno disastri. La verità irpina è che non riesci a trovare fedeltà nei soldati di ventura, se gli gira ti girano le spalle , ovunque. La risposta alle domande dell’amarissima bosinità varesina sarebbe facile: squadra mai al completo per infortuno in uomini chiave. Gli allenatori che devono fare esperienza spesso non conoscono la misura della loro coperta.

Caso differente quello della Roma che sembra essere risucchiata nella lotta per non retrocedere, con Varese e Capo d’Orlando, da quando a Caserta e Pesaro hanno trovato almeno uno dei re magi del gioco che si chiama magari leader affettivo, un americano rodato come Domercant in Terra di lavoro, uno con una grande storia umana come il neopesarese Wright. Elettrino Dalmonte ha cercato di nascondere per tanto tempo che il doppio impegno per una squadra settimina, mai in salute piena, avrebbe potuto diventare un pericoloso safari dove le trappole sono tutte aperte dalla mancanza di recupero, di energie mentali più che fisiche, in un’atmosfera che rende tutto lugubre, come ci ha mostrato la diretta rosea in streaming da viale Tiziano dove i giocatori negli angoli svanivano nel nero scarabocchio.

In un basket maleducato, ce lo dicono, fino ad esaurire la poca pazienza rimasta agli intolleranti della “perfetta parità”, tutti i telecronisti della nuova era che fanno sputare ai canestri tiri “sfortunati”, normale che non ci siano certezze e condivisioni critiche accettabili.

Mentre andiamo verso Treviso a trovare vecchi amici, felici che il canale FIP affittato nel cuore di SKY, accidenti per la grafica non risparmiate troppo, sia stato inaugurato proprio dal Palaverde dove hanno fatto le cose con la classe che un tempo distingueva i tuttiverdi di Benetton dagli altri nel sistema, ci viene in mente che si naviga fra balle spaziali. Beatificazioni se utilizzi, con il collo ben storto, il giovane italiano. Si cantano lodi che sono pura finzione, ma del resto, a questi del nuovo ciclo piace il morbido che fa scintille. Dicono, contano, pesano. Alla fine diteci davvero chi ha tirato fuori giovani che possano stare decentemente su un campo di serie A. Se ci sono non allenano dove dovrebbero.

Giornate fredde ricevendo messaggi risentiti per quella sensazione di D’Antoni che potrebbe essere stuzzicato da Milano se in America lo dovessero costringere ad un secondo anno senza lavoro. Non abbiamo mai detto che sarebbe Arsenio a risolvere i problemi della difesa emporiale, ci è venuto questo dubbio pur avendo piena fiducia nel Banchi che dietro la sua panchina, di fianco, sotto e sopra, sentirà pure le voci del dissenso come capita a chi sta fra la pazza folla e i presunti invitati di pregio.

Paragonando la diretta da Trento, dove i troppi elogi alla squadra di Buscaglia hanno fatto perdere il senso delle proporzioni, con quella di Sportitalia per Malaga vincente di 2 sul Vitoria che aveva appena cucinato l’Emporio, dobbiamo confessare che siamo agli antipodi. A favore di chi? Se dovessimo rispondere sai che reazione avremmo là dove pensano di avere potere anche sulle opinioni non ingrassabili, mentre l’unico che può in questo basket è ancora il Petrucci che la sua televisione l’ha avuta e l’avrà anche nel prossimo quadriennio presidenziale. Si ripresenterebbe anche con flop europeo? Sì, pur sognando di trovare presto unguenti magici che facciano trovare almeno un posto in panchina a Detroit per Datome, la salute a Gallinari, la resistenza ad una stagione lunghissima per Belinelli, più di 15’ sul campo all’Aradori che si trova così bene nella Madrid Estudiantes tanto che ci ha fatto sapere di considerare l’esperienza molto formativa perché nessuno regala niente in Spagna. In Italia si? Strano. Petrucci per sempre. Non esistono candidature rivali e la Lega non avrà mai un suo uomo da proporre.

Pagelle dalla fontana dove sgorgano vini tenaci del Trentino, un angolo di paradiso consigliato dal Longhi che non pensava di trovare la sua Energia così in alto, ma anche allo stesso punto della seconda di andata come interpretazione tecnica di certe partite.

10 A Vincenzo ESPOSITO che ha ridato fede al progetto Caserta, trovando la vittoria più importante nel giorno in cui la squadra giocava con il lutto nel ricordo di Ornella Maggiò che, come il fratello, come il padre cavaliere che inventò una delle storie più belle dello sport nazionale insieme a Boscia Tanjevic, ha vissuto questa avventura con il coraggio di chi amava davvero il gioco,la gente, i ragazzi della scuola di Pezza delle Noci.

9 Al PAOLINI della resurrezione pesarese che ora avrà tutto il diritto di obbligare il mitico addetto stampa Elio Giuliani ad andare alle mostre pittoriche come quella su Van Gogh e Chagall che si è goduto a Milano nella vigilia della partita di Varese. Non sarà difficile metterlo in viaggio per l’arte che è la vera vita di un collega che la sua passione l’ha sempre dedicata alla pesaresità, nella pittura e nel basket.

8 A PAPETTI, nato nell’Olimpia, e KENNEY, simbolo della vera Olimpia, per il ricordo di Pino Brumatti nel quarto anniversario della sua scomparsa. Non lo dimentcherà mai il suo basket, se avviene in quello di oggi non si preoccupi Pino-Pino, lo fanno senza cattiveria. Forse.

7 Al BASILE che ha giurato nel giorno del suo quarantesimo compleanno di non voler fare l’allenatore da grande. Di cose da insegnare da dire ne avrebbe tante, ha vissuto stagioni con allenatori straordinari, ma se non senti la vocazione allora meglio stare fuori, ma non tanto lontano.

6 Al Thomas RESS che si merita davvero di essere considerato l’uomo per tutte le stagioni, il “Sentenza” che dava gloria a Siena e oggi incanta Venezia. Ci sarebbe servito anche in Nazionale, quando ancora ci si illudeva che le ali dei campanellini italiani nella NBA fossero davvero tutte dorate.

5 Alla BRINDISI impaziente che si è illusa quando certi risultati arrivavano con un attacco sempre prigioniero dell’egoismo perché la difesa funzionava bene. Con gli infortuni e certe carezze le cose sono cambiate. In peggio.

4 Alla LEGA che manda messaggi entusiastici dei fortunati capaci di entrare nella Domenica basket, ma ancora non ha risolto un problema evidente come quello di Roma dove le trasmissioni televisive affogano nel nero lugubre.

3 Ad Alessandro GENTILE per aver rovinato la domenica di Stefano MICHELINI costringendolo a mangiarsi la lingua perché mentre l’eccellente tecnico commentatore stava spiegando al popolo bue che il nostro Megalexandros a Trento si preparava ad organizzare il gioco, lui, il capitano, faceva un bell’arresto e tiro da sette e metri e mezzo, sbagliato fra l’altro. Non si sono capiti. Succede.

2 Al MITCHELL di Trento che ha interpretato anche peggio di molti suoi compagni la sfida ai primi della classe in palazzo esaurito. Tirare sempre ha un senso se prima la difesa avversaria ha fatto un po’ di fatica e quella di Milano non voleva proprio farne di fatica se a metà gara aveva incassato 45 punti con scarso contributo del nobil moro. Insomma non lasciamo che progetti seri vengano mangiati dall’egoismo di chi crede davvero che in Italia non siano passati giocatori migliori di lui.

1 Ad AVELLINO che pensa di risolvere tutto scaricando le colpe sull’allenatore Vitucci. La società, per fortuna, sembra sostenere il veneziano passato dalla gloria alla infelicità, anche perché è lo stesso Frank rivoluto dalla piazza a gran voce ed è lo stesso che ha portato la squadra alle finali di coppa Italia.

0 All’EUROLEGA che centellina gli arbitri italiani per mandare in giro brocconi di lusso, che vorrebbe chiudere il cerchio alle 24 società più ricche del Continente, distruggendo il canale con i campionati nazionali, che vorrebbe farci credere che la nostra nobile squadra campione d’Italia non è all’altezza delle altre.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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