È stata la mano di Dio, di sera

15 Febbraio 2022 di Stefano Olivari

Dopo averlo visto al cinema abbiamo rivisto È stata la mano di Dio su Netflix, ma non temete: non vogliamo infliggervi la millesima recensione del film di Paolo Sorrentino, fra i cinque candidati all’Oscar come miglior film internazionale. Diciamo solo che da decenni non riusciamo a resistere ai film, alle serie e ai romanzi di formazione, è sempre stato così: sempre preferiti i giovani ai vecchi, adesso che siamo vecchi forse ancora più di prima.

E quella di Sorrentino è senz’altro una storia di formazione, liberamente ispirata alla sua stessa vita a partire da un fatto reale e cioè la morte dei genitori a causa di una fuga di gas nella loro casa di Roccaraso, in un fine settimana in cui Sorrentino sedicenne non c’era perché aveva avuto il permesso di seguire Maradona e compagni in Empoli-Napoli. Anni indimenticabili, per questo rimaniamo sempre stupiti dalle imprecisioni storiche che si trovano anche in grandi produzioni come questa.

In una scena si vede infatti la famiglia di Sorrentino (Schisa nella fiction) e un po’ tutta Napoli seguire con trepidazione Argentina-Inghilterra, quarto di finale del Mondiale 1986, come una sorta di Napoli-Resto del mondo. Una bellissima giornata, quella domenica 22 giugno: il sole del primo pomeriggio, molti che collocano il televisore sul terrazzo, il calore del tifo condiviso. E poi i gol di Maradona a Shilton, il primo proprio quello della mano di Dio.

Bei ricordi, ma… come si fa a sbagliare l’orario della partita? Perché magari Sorrentino non lo ricordava a memoria, magari quella partita nemmeno l’ha vista ed è uno di quei ricordi inventati che diventano più veri di quelli veri (alla Fellini, citato nel film non proprio in maniera benevola), però non si può dire che sia stata giocata nel primo pomeriggio una partita che si giocò alle 20 italiane.

Non siamo all’errore volontario in chiave anti-querela (Coppola nel Padrino parte III fece morire Paolo VI nel 1979 e non nel 1978, per poter raccontare gli intrighi denunciati dal cardinale Lamberto-Papa Luciani-Raf Vallone), ma all’errore-errore. Poi è chiaro che questo non è un documentario su Maradona e Maradona alla fine nemmeno c’entra troppo come angelo custode (semmai sono gli  altri a dirlo al giovane Fabio), però non si capisce dal punto di vista poetico cosa abbia aggiunto collocare una partita nell’orario sbagliato. O far vestire Adnan Kashoggi da arabo, lui che si vestiva sempre all’occidentale (a maggior ragione a Capri). Siamo i primi cultori della supercazzola sulla dimensione onirica, ma deve aggiungere qualcosa come ne Il Divo o in Loro.

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