E poi li chiamano brand

23 Marzo 2009 di Igor Vazzaz

di Igor Vazzaz

Non è un mistero che il calcio attragga appassionati di ogni tipo, ceto sociale e livello culturale; anzi, è questa una delle sue caratteristiche più interessanti. È pur vero che la letteratura dedicata a questo peculiare sport, non spettacolare ma vettore identitario senza uguali, sia divisa tra pubblicazioni inessenziali di tendenza agiografica, narrativa non sempre all’altezza e una trattatistica socio-antropologica che rappresenta a nostro avviso una frontiera di fondata attrattiva. A tal proposito, l’editore fiorentino Le Lettere ha dato alle stampe un volume originale che non mancherà di calamitare l’attenzione di chi sia interessato al pallone non solo per mere questioni di tifo: si tratta di ‘Tutti i colori del calcio’. Storia e araldica di una magnifica ossessione, firmato da Sergio Salvi e Alessandro Savorelli. I due autori, il primo scrittore, poeta e polemista piuttosto attivo nell’ambito del dibattito sulle identità, l’altro storico della filosofia e ricercatore presso la prestigiosa Scuola Normale di Pisa, offrono una ricerca accurata in una direzione prima d’ora quasi del tutto sconosciuta agli studiosi del football, ossia quella dell’araldica. Disciplina difficile, quest’ultima, i cui esperti rappresenterebbero alla perfezione l’icona abusata dei topi di biblioteca, intenti allo studio della polverosa simbologia d’un passato remoto e oramai inerte; in realtà, l’araldica è materia quanto mai attuale, a seconda delle applicazioni: la nostra civiltà, dominata dal concetto di marchio, da una comunicazione che non prescinde dall’efficacia grafica ed evocativa del logo, reinterpreta di continuo esigenze, strategie di matrice araldica e il calcio, più o meno inconsapevolmente, non ha fatto eccezioni, sin dalla sua “mitica” nascita in terra d’Albione. Il libro, ben scritto, spesso non estraneo a un divertito e mai fuori luogo umorismo da parte dei due autori, si apre con una prima parte introduttiva dedicata ai “fondamentali araldici”, in cui si anticipa già l’idea del calcio come metafora guerresca, peraltro non universalmente condivisa (si pensi a Desmond Morris), ma certo non priva di fondamento. Mediante l’ausilio d’una nutrita e utilissima serie di tavole a colori, il lettore viene guidato all’interno di un mondo solo apparentemente remoto, ma che, come già detto, influenza de facto la nostra percezione del mondo. Non è banale che questa sezione, a priori la più insidiosa per i non esperti, rappresenti uno un punto di forza del volume: le spiegazioni sono chiarissime, i riferimenti diretti, il tono perfettamente divulgativo. Se, a priori, tecnicismi quali brisura, palata, fasciata risultano distanti, dopo poche pagine sono bagaglio assimilato e formidabile strumento di comprensione visiva dello sport. Dalle nozioni di araldica storica si passa al riconoscimento di questa nel panorama calcistico, per sua stessa natura portato a far coagulare immagini e colori in un sistema di segni chiaro e inequivocabile. Lungi da considerare i vari fondatori di club quali studiosi attenti a questa “scienza dei simboli”, è evidente che l’araldica abbia rappresentato un riferimento potente e irrinunciabile, ancorché a livello inconscio, nel fondare questo sport mediante definizioni cromatiche e simboliche. Partendo dunque dalla patria del pallone e dedicando un accurato spazio a quello del nostro paese (senza però trascurare il resto del mondo, Sudamerica compreso), lo studio prosegue fornendo un nutrito campionario di casi, descrivendo i cambi di casacca, le unioni tra club e le oscillazioni nel bestiario pallonaro. Interessante notare, in questo senso, la disposizione ideologica di Salvi e Savorelli, inclini a considerare il calcio dei club, quello sorto dal “basso”, dall’organizzazione localistica, più “vero” e interessante di quello delle nazionali (contrariamente al parere di chi scrive e del direttore di Indiscreto), al quale è comunque dedicata l’ultima e interessantissima sezione. Lo studio è accompagnato nozioni storiche notevoli e curiose (impareggiabile quella sulle carote, divenute arancioni grazie a esperimenti di agronomi olandesi volti a magnificare la dinastia Orange!) e, a corredo, presenta un’esauriente bibliografia. Ciò che forse difetta al volume, che non manca di riferirsi anche ad altri sport, è la mancata indagine circa i motivi che rendono il calcio un vettore identitario d’inusitata potenza, ma si deve riconoscere che probabilmente tale questione non rientri negli obiettivi del lavoro degli autori. In un panorama editoriale spesso improntato a una stanca ripetitività, ‘Tutti i colori del calcio’ rappresenta dunque una vera boccata d’aria, un ulteriore modo di amare questo strano, stranissimo sport.
http://igorvazzaz.blogspot.com/
(in esclusiva per Indiscreto)
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