Dalla Rivoluzione a Pellegatti

29 Ottobre 2012 di Dominique Antognoni

Se Fidel Castro fosse già morto, si starebbe rigirando nella tomba. Non parliamo di politica, ma di cubani all’estero. Non solo hanno tradito la rivoluzione, lasciando le meravigliose strutture pubbliche di Cuba (vengono dalla Svezia e dall’Olanda per studiarle, come è noto), ma hanno anche dei comportamenti non in linea con la severità da lui imposta e con gli ideali un po’ ingenui e patetici (unica certezza sono gli stipendi, che variano sull’isola dagli 8 ai 30 euro al mese) a cui ormai credono solo italiani di mezza età. Insomma, avviso a chi ci dirà che la mettiamo sempre sulla politica: quello che vi stiamo raccontando è pura cronaca.

La settimana scorsa, un po’ per caso e un po’ per pruriti vari siamo andati nell’unico locale cubano a Milano. Il nome è molto fantasioso, Havana: chi l’avrebbe mai detto, vero? Comunque meglio Havana di Chiringuito o Besito oppure Amor Latino. In pratica siamo andati in una sera che doveva essere tranquillissima: si giocava Malaga-Milan (che non ci interessava visto che volevamo passare una serata allegra, dunque nessuna voglia di intristirci guardando Yepes e Constant) e pensavamo fosse una serata per solo donne (cubane). Niente di più sbagliato: era pieno di maschi, alcuni a dir poco invasati. Potete crederci oppure no, ma il più talebano dei tifosi rossoneri che stavano guardando la partita era un nativo cubano, molto simile come fisico ad Appiah (poi abbiamo scoperto che le cinquantenni milanesi hanno un debole per lui, ma fermiamoci qui con i commenti perché Indiscreto è un sito di grande classe). Non stava fermo un attimo, urlava come un ossesso, saltellando sulle sedie (vecchie e malandate, forse una citazione della ‘vera’ Cuba) quando il Milan accennava ad un tiepido sussulto di gioco.

L’aspetto ancor più sconvolgente è che tutti pendessero dalle labbra di Carlo Pellegatti, perché la telecronaca era la sua. Il popolo dell’Havana non voleva la telecronaca neutra, ma quella faziosa del secondo audio. Tutto normale, ma se fossimo stati al Milan Club di Legnano. Non potete immaginare la rabbia cubana sul rigore dato al Malaga e sull’errore di Mexes: sembrava di essere calato in un reality show a tua insaputa. Cubani cresciuti a Cuba, quindi non di seconda generazione, che si strappavano la camicia per la squadra di Berlusconi! Sul tiro sbilenco di El Shaarawy nel primo tempo un altro cubano, un signore attempato, ci ha detto serio: “Però Stephan c’è”. Certo, basta la presenza.

Adesso, non per essere perfidi e sbrodolare sentenze velenose, ma ci piacerebbe sapere dove e come i bambini cresciuti nel socialismo cubano si siano innamorati dello sport capitalistico. A casa loro? No di certo, perché il calcio non si vede e ancor meno le gare del Milan. Mesi fa, in vacanza sull’isola, abbiamo visto sull’unico canale nazionale un programma sportivo che aveva come argomento la preparazione degli sportivi per le Olimpiadi: per mezzora hanno ringraziato della presenza il segretario del partito comunista con la delega allo sport e per altra mezzora il segretario ha ringraziato il partito per le condizioni create. Fine della trasmissione. Una tale devozione non ci era mai capitato di vederla prima: al fischio finale il cubano più giovane voleva inghiottire la tivù, compreso il povero Pellegatti, il quale comunque si commuoverebbe se sapesse che ha tali seguaci sul suolo meneghino.

Per fortuna lo strazio del Milan B, in attesa che a Milanello ricompaia quello A, è poi finito. La rabbia per la meritata sconfitta si è quindi trasformata pian piano in allegria, quando il nostro nuovo amico ha iniziato a battere con le mani su un tamburo. Stava per iniziare la serata per così dire musicale, un esercito di donne milanesi appena uscite dal parrucchiere affollava il locale: due balli, tre sorrisi verso il sosia di Appiah e poi dei sospiri profondi, sognando chissà cosa. A proposito, oggi (lunedì) all’Havana (inteso come locale di viale Bligny, non come capitale di Cuba) c’è la festa della mozzarella. Un famoso piatto tipico cubano, d’altronde. Non si è capito se ognuno si porterà la mozzarella da casa o se qualcuno la preparerà lì sul posto, nella miglior tradizione caraibica. Fossimo in voi ci andremmo a dare  uno sguardo. Oggi non gioca il Milan, per le isterie del tifo si deve aspettare il martedì sera. La Rivoluzione continua, ma è diventata una mozzarella.

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