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Creed III, Rocky per soli neri

Stefano Olivari 20/06/2023

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In questi giorni di quasi nulla sportivo, che ci hanno portato anche a seguire con passione Lecco-Foggia, impossibile resistere a Creed III, su Amazon Prime Video. Anche se questo franchise di Rocky non ha più niente: Stallone compare in piccolo nei credit ma non è più all’angolo del figlio di Apollo. Quasi cancellata anche la famiglia Drago, da Dolph Lundgren a Brigitte Nielsen, che pure in Creed II era stata fondamentale: si vede soltanto, e per poche scene, il figlio Viktor, il cui infortunio apre la strada a Damian ‘Diamond Dame’ Anderson.

Ed è proprio Anderson il personaggio più interessante di un film che in teoria applica lo schema del primo Rocky (uno sconosciuto che ha la chance di combattere per il titolo mondiale) ma che in pratica è il festival del politicamente corretto: sono quasi tutti neri i protagonisti e i comprimari, fino ad arrivare al pubblico a bordoring. Il 12% della popolazione, questa la percentuale degli afroamericani negli Stati Uniti, sembra essere diventato il 99, scelta inspiegabile (o fin troppo spiegabile) sotto ogni profilo.

Michael B. Jordan, al suo debutto come regista, è un Rocky, pardon Adonis Creed, perfettino, insieme a Bianca padre di Amara, bambina sordomuta (in Creed IV magari ci sarà un secondogenito che vorrà cambiare sesso: la critica vuole questo), ma non ha la simpatia travolgente di suo padre e comprendiamo come il vagamente tysoniano Diamond Dame, amico d’infanzia che si è fatto quasi vent’anni di carcere per averlo difeso in una rissa di strada, abbia una gran voglia di spaccargli la faccia.

Non è uno spoiler dire che alla fine i due se la vedranno sul ring, è ovvio che nel 100% dei casi debba finire così e se non accadesse ci sarebbe davvero la rivolta dei fan. Ma anche il match non emoziona, per colpa di effetti speciali da videogioco che banalizzano violenza e sangue: di questo fumettone, insopportabile come quelli della Marvel che sono la base di metà del cinema di oggi, non interessa nemmeno il risultato. Un film che in sala avevamo tollerato meglio, ma che in televisione non emoziona. Ed il paragone non è con Rocky, ma con i Creed precedenti.

stefano@indiscreto.net

In these days it is impossible to resist Creed III, on Amazon Prime Video. Even if this Rocky franchise has nothing left: Stallone appears in the credits but is no longer in the corner of Apollo’s son. The Drago family, from Dolph Lundgren to Brigitte Nielsen, who had been fundamental in Creed II, has also almost been cancelled: only their son Viktor is seen, and only for a few scenes, whose injury opens the way for Damian ‘Diamond Dame’ Anderson.

And it is Anderson himself who is the most interesting character in a film that in theory applies the scheme of the first Rocky (an unknown who has a chance to fight for the world title) but which in practice is a festival of political correctness: the protagonists and co-protagonists are almost all black, right down to the audience. The 12% of the population, that is the percentage of African-Americans in the United States, seems to have become the 99, an inexplicable (or all too explicable) choice.

Michael B. Jordan, in his directorial debut, is a perfect Rocky, pardon Adonis Creed, along with Bianca, father of Amara, a deaf-mute child (in Creed IV there may be a second-born who will want to change sex: that’s what the critics want), but he does not have his father’s overwhelming sympathy and we understand how the vaguely Tyson-like Diamond Dame, a childhood friend who did almost twenty years in prison for defending him in a street fight, wants to smash his face in.

It’s not a spoiler to say that the two will eventually see each other in the ring, it’s obvious. But even the match doesn’t excite, due to video-game special effects that trivialise violence and blood. A film that we tolerated better in the theatres, but which does not excite on television. And the comparison is not with Rocky, but with the previous Creed.

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