Come rovinare Orleans

9 Febbraio 2009 di Marco Lombardo

di Marco Lombardo

Bisogna saper perdere, e ancora una volta la Francia ci ha insegnato come non si fa. Il giusto e meritato trionfo nella Fed Cup delle nostre azzurre a Orleans è stato strumentalizzato dai nostri avversari per le proteste – invero molto fuori le righe – di Flavia Pennetta nel match vinto contro Amelie Mauresmo: per la cronaca la nostra eroina ha prima insultato la giudice di sedia per una chiamata a lei avversa e poi ha chiuso il tutto alzando il ditino medio, con un gesto che fa a pugni con la sua grazia. Capita, però, sui campi da tennis e non solo: certo, la giudice poteva andare un po’ più al di là della semplice ammonizione – in gergo un «warning» – ma di sicuro i francesi sono andati molto oltre facendo ricorso per chiedere la sconfitta a tavolino della squadra italiana. Che tra l’altro alla fine ha vinto 5-0. Insomma, non una bella figura la loro. Questo però non giustifica il solito regolamento di conti che a ogni vittoria in coppa Davis e Fed Cup si scatena in casa nostra. Puntuale infatti, sul sito della federazione, è arrivato il messaggio alla nazione del direttore della comunicazione della Fit Giancarlo Baccini, che non ha perso tempo per polemizzare con la stampa italiana, a suo dire, assente ingiustificata a Orleans. Ecco come: «La Nazionale di Fed Cup ha scritto un’altra pagina della sua ormai leggendaria epopea (ad aprile punterà alla terza finale mondiale in quattro anni: una striscia di trionfi con pochissimi precedenti nell’intero panorama dello sport azzurro) ma a viverla sul posto per raccontarla agli italiani c’erano soltanto due dei tre quotidiani sportivi italiani. Mancava il terzo, così come mancavano gli inviati dei grandi giornali d’informazione. Questo ostracismo mediatico è per certi aspetti perverso e per altri inspiegabile. Perverso, perché alcune latitanze, ripetendosi, non possono certo essere casuali. Inspiegabile, perché a me che faccio il giornalista sportivo da quarant’anni appare francamente incomprensibile come si possa non pubblicare neppure una riga su un quarto di finale di un campionato del mondo di una disciplina universalmente praticata e allo stesso tempo dedicare un’intera pagina a una nazionale che non solo pratica una disciplina conosciuta in non più di una quindicina di paesi, ma oltretutto vince una partita ogni morte di Papa. Che devono fare, Flavia, Francesca e tutte le altre nostre formidabili ragazze, perché la loro classe, il loro cuore e il loro attaccamento alla maglia azzurra trovino il giusto spazio sui giornali? Forse ribellarsi alle convocazioni e sputare sulla FIT, come certi colleghi maschi? Scommettiamo che a marzo, quando l’Italia debutterà nella “Serie B” di Coppa Davis, gli assenti di ieri, che stanno già facendo la punta alle proprie penne, saranno presenti in massa, pronti a scrivere soltanto del caso-Bolelli?». In pratica: Baccini – che poi ha fatto una seconda puntata per definire «maleodorante» un articolo di pesante critica alla Pennetta apparso sull’Unità – per attaccare i giornalisti se la prende pure con il rugby, sport – secondo lui – sopravvalutato. Forse, si potrebbe anche convenire, perché il rugby fino a un po’ di tempo fa aveva l’immagine di una disciplina perdente e di scarso appeal, così come – e lo diciamo a malincuore visto che siamo appassionati prima che giornalisti – per anni l’ha avuta il tennis. La differenza ora è che il rugby, rimasto comunque sostanzialmente perdente, ha conquistato un successo mediatico grazie al lavoro della sua federazione. Mentre nel tennis gli attacchi un po’ a sproposito di chi rappresenta il vertice (sul «nemmeno una riga» consiglio la lettura dei quotidiani di oggi) ottengono l’effetto contrario. E se c’è chi non sa perdere, di sicuro non manca chi non sa vincere. E non sa crescere.
marcopietro.lombardo@ilgiornale.it
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Il Giornale.it)
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