Cinema

Chewingum, recensione 37 anni dopo

Stefano Olivari 07/09/2021

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Ci sono film brutti, oltre i confini dell’inguardabile, ma fondamentali per comprendere un’epoca e Chewingum è senz’altro uno di questi. Nato in serie B sulla scia dei Sapore di Mare, soprattutto del secondo, con gli occhi di oggi è serie D ma una volta iniziato è assolutamente impossibile staccarsene, almeno per noi. Una classe all’ultimo anno di liceo, gli anni Ottanta, Maurino Di Francesco, Isabella Ferrari: ingredienti straordinari al di là del piatto venuto male, perché Biagio Proietti non è Carlo Vanzina.

Non esiste una vera trama, se non una serie di caratterizzazioni di questo gruppo che si ritrova nello squallido Chewingum Bar: la figa della classe (la Ferrari, ovviamente), il bello misterioso (Massimo Ciavarro, addirittura doppiato), il simpatico (un Maurino Di Francesco un po’ fuori età, visto che nel 1984 aveva 33 anni), i fidanzatini (Marina Viro e Luca Ward) con le famiglie che osteggiano il loro amore, la bruttina che con un po’ di trucco diventa passabile (Orsetta Gregoretti), il leader fintamente sicuro (Carlo Mucari), quella che vuole abbandonare la scuola (Liliana Eritrei), il secchione (Fabrizio Temperini) innamorato della supplente di lettere, una sfolgorante Mara Venier le cui apparizioni valgono tutto il film. Guest star Marina Occhiena, femme fatale nel mirino di Maurino. Non è difficile trovare fra tutti questi personaggi uno a noi affine, magari più d’uno a seconda dei periodi della vita.

Infinite le scene di culto, in un film dove salveremmo solo la colonna sonora emotivamente ricattatoria, che va da Self control di Raf a The more you live, the more you love dei fenomenali, nel genere meteore new wave a noi caro, Flock of Seagulls. Per non parlare dell’ammorbante Shadow Dancing di Betty Vittori. Diciamo che la scena di sesso fra Di Francesco (con calzino bianco) e la Occhiena, la notte prima degli esami, è indescrivibile. Ma ad ogni passaggio televisivo apprezziamo anche lo squallore della festa di classe con dj, la tirata di un Ciavarro lavoratore notturno (al mercato ortofrutticolo) pieno di coscienza di classe,  il finto suicidio degli pseudo Giulietta e Romeo, il topless della Ferrari, le scommesse di Maurino, il Bellini di mezzanotte. Poesia pura la partita di pallacanestro con Ciavarro guardia tiratrice.

Al di là dell’impossibile confronto con i Sapore di Mare o con il Terza liceo di Emmer, sono evidenti le citazioni dei terribili e sgradevoli Pierini anni Settanta e le anticipazioni di quanto, con altri registi e interpreti, avremmo visto nei Ragazzi della Terza C. Certo è che nel decennio d’oro dei teen movie, anche senza andare sulle vette di Breakfast Club, l’Italia non ne ha prodotto nemmeno uno di memorabile. L’unico valore, ma vale anche per generazioni che si prendono più sul serio della nostra, è che eravamo più giovani noi che lo vedemmo in prima visione al cinema Apollo di piazza Liberty, a Milano, dove oggi c’è l’Apple Store.

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