Basket
Capitano di ventura
Oscar Eleni 27/12/2013
Oscar Eleni dalla capanna Gianetti in val Porcellizzo dove si accende il fuoco delle vanità per combattere l’orogoglio degli anti-Armani rimasti con poche lance per affrontare la creatura diventata molto più bella con l’acquisto di Daniel Hackett, il pregiudizio di chi teme che possa essere Milano a cambiare il carattere di questo cavaliere errante come accadde a Treviso prima che Pesaro lo rigenerasse e Siena lo facesse diventare il principe della sua ultima stagione trionfale.
Certo il turno di Santo Stefano ha fatto capire che le micce sono corte. Giochi bene un giorno e poi, a breve distanza, eccoti di nuovo nei guai, o viceversa. Restano costanti nel portare veleno invece che mirra ed incenso la Dinamo Sassari che alla ricerca di un’anima difensiva ha smarrito il suo basket naturale, prettamente offensivo, questa Enel Brindisi che ora fa tremare chi aveva scelto la sponsorizzazione sportiva di prestigio, per una squadra ed uno sport amati nel territorio dove la stessa azienda ha qualche contenzioso ambientale, sperando che tutto il resto venga nascosto sotto il tappeto dei successi. No. Brindisi è partita bene, giocavano in armonia, ma poi, come sempre succede quando i telefonini suonano troppo è arrivata la scabbia della presunzione che invade tutti i territori, anche quello arbitrale. Proprio pensando a Brindisi, mentre cercavamo di togliere lo sdoppiamento di voce che capita così spesso nello streming rosa, abbiamo visto la terna Sardella-Filippini-Calbucci iniziare l’omelia del fallo tecnico. Soste nella polemica. Tormentoni senza fine. Brindisi avanti di 15, anche per quella processione sui tiri liberi, poi rimontata e battuta allo sprint dalla zampatina del Cavaliero che sa farsi voler bene anche quando pecca molto. Perde palloni, ma il tipo sa come conquistare la gente, chiede sempre di capire, di spiegare, piace e poi se dà il colpo vincente è amato anche di più, una cosa che certo gli ha fatto vivere a lungo lo spazio azzurro anche adesso che in quel ruolo ci sono ricambi più interessanti cominciando dallo Stefano Gentile che avremmo portato in Slovenia lasciando a casa Diener che era un prigioniero, volonteroso, anche appassionato ed incuriosito, ma sempre in catene, per cercare in Chiotti, visto che i viaggiatori FIP non trovano niente, magari perché lesinano sulle spese nel pensatoio ragionieristico di via Vitorchiano, l’uomo per darci più sostanza a rimbalzo.
Avremmo portato a Capodistria più giovani d’oro del Sacripanti, ma poi è andata bene lo stesso, almeno la prima parte ed è finita senza gloria perché eravamo messi male in partenza. Per fortuna Pianigiani riceverà vini pregiati da San Antonio adesso che il Belinelli, rimesso a posto in Nazionale, entra spesso in quintetto base in una squadra che punta ancora in alto nella NBA dove si gioca pure a Natale.
Beh, lo facciamo anche qui. La Lega ha resistito al piagnisteo dei giocatori tipo quelli del calcio, in vacanza mentre in Inghilterra si gioca e si incassa pure bene. Il basket ha dato la scusa a molti, non moltissimi, campi piccoli, poche partite di cartello, caro computer il prossimo anno cerca istruttori che sfruttino le vacanze di Natale per grossi scontri, di lasciare la noiosa riunione postaprandiale, dove la gente diventa anche più cattiva, perfida, con la scusa di correre a vedere una partita. Diciamo che gli oltre seimila di Milano per una partita con l’ultima in classifica sono un segnale. Incasso? Non comunicato. Non importa. Certo bisognava salutare l’ingresso di Daniel Hackett nel regno di Giorgio Armani scelto come avrebbe fatto un cavaliere di Artù, se dobbiamo credere che il nostro principe tatuato come un maori ha capito che prima della NBA gli serve il passo in una squadra della grande metropoli. Insoma una via di mezzo con la famosa gloria che si trova soltanto in maglia Azzurra come ha scritto Petrucci nella letterina che manderà alla FIBA per avere la carta selvaggia che permetta ad Azzurra Tenera, Azzura con qualche remora, di andare al mondiale.
Hackett ha scelto bene la parte in commedia entrando da capitan Hornblower in una barca tormentata come quella degli armanidi del prode Proli che ha trovato i filtri per far arrivare nella sua azienda cestistica, la diciassettesima della nobil casa come ha precisato spesso lui pensando che non ce ne fossimo accorti, tanti eroi senesi caduti nella diaspora provocata dalla crisi del Banco, dalle invidie locali, dalle indagini della finanza che ha scoperto irregolarità che ora saranno punite, anche se, questa lentezza ha permesso che gli anti Minucci facessero il loro pigiamino di saliva acida intorno alla nobile creatura che da troppi anni non perde lo scudetto. Questa volta accadrà, anche se Fra’ Dolcino nascosto alla Tartuca giura che ci sarà un’altra messa cantata per la Mens Sana. Difficile. Poi la seconda coppa svuoterà serbatoi già al limite a meno di nuove sovvenzioni fiorentine, di arrivi più sostanziosi del riottoso Haynes.
Milano era nata per vincere. Strada facendo ha scoperto che le mancava un faro per distribuire pani e pesci a chi se ne mangia di più nel gruppo e cioè Langford e Ale Gentile. Lo ha sicuramente trovato in Daniel Hackett che almeno gioca a testa alta, memore dei terribili finali di coppa dell’anno scorso quando Siena stava per fare l’impresa di andare fra le grandi. Daniel coi tempi giusti per andare a trovare chi gli fa sapere di non aver dimenticato. Cosa? Che lui si batteva come un leone per far vincere la sua squadra contro Milano? Averne di gente così. Se poi diventa capitano di ventura e guida il tuo di esercito allora campane a festa come ai tempi del Moro, degli Sforza, dei Visconti quando la città per farsi difendere ingaggiava cavalieri errranti, ma coraggiosi.
Siamo entrati nella fase della stagione dove Bologna rischia di pagare il primo debito alla remissione dei peccati economici passati restando fuori dalle otto che giocheranno le finali di coppa Italia in febbraio al Forum di Assago. Venezia, Avellino e Caserta incalzano da vicino e la stessa Milano non deve più concedersi pause davanti allo specchio per non correre rischi, anche se per lei conta poco il piazzamento fra le otto, il problema sarà per chi la trova all’esordio e poi dalla sua parte nel tabellone.
Pagelle dal pizzo Cengalo sopra la capanna Badile felici che Sasha Djordjevic abbia trovato il suo porto di quiete naturale accettando di allenare la nazionale serba che è, per la verità, tutto, meno che un porto per stare tranquilli. Ma lui è pronto.
10 A Daniel HACKETT che nel suo destino di guerriero per un basket italiano di qualità ha scelto la strada più difficile. Il primo passo è stato elegante, da Dominguin dell’arena. Niente esagerazioni alla Cordobes come i matamoros che ha di fianco e che dovrà armonizzare nella squadra. Sarà un mese durissimo. Deve concentrarsi solo sul campo, vietato guardare intorno le troppe facce di sane ipocrisie aziendali, federali, al provincialismo in genere.
9 A Luca DALMONTE altro barone dimezzato dalla storia avara che sta vincendo una delle scommesse più difficili perché ci voleva coraggio per andare a Roma per sostituire un eccellente collega come Calvani arrivato incredibilmente alla finale scudetto. Non ha la squadra più forte dell’anno scorso, come dicono quelli che sanno d’indebolire un gruppo invece di fortificarlo, ma di certo sta ottenendo il meglio. Speriamo che sul suo pullman non voglia mai salire nesuno oltre ai giocatori e agli assistenti.
8 Al Lele MOLIN che ha tutti i motivi per sfogarsi un po’ dopo il blitz di Siena, il ritorno verso la parte alta della classifica, i tormenti che in terra di lavoro esistono a prescindere dalle dichiarazioni tossiche e dalle discariche abusive di responsabilità.
7 Al CLARK varesino che ha bevuto appena in tempo la porzione del drago per evitare sconquassi nella Cimberio tomentata da correnti negative che hanno reso difficile la ricostruzione della squadra con i principi base che l’anno scorso ne hanno fatto la società campione d’Italia come gestione virtuosa del gruppo anche se è sempre difficile governare società ad azionariato diffuso perché a molti viene la mania d’invadere territori dove non dovrebbero avere accesso.
6 Al MORETTI corsaro che ha quasi portato nelle acque tranquille della salvezza la sua neopromossa Pistoia che sembrava già condannata dopo le prime partite perché da noi non si lascia mai il tempo per lavorare e capire. Bravo Paolo e se tuo figlio è il talento che dicono, super bravo.
5 Alla LEGA basket se si farà intenerire dalle letterine dei figli, delle fidanzate, dei parenti dei giocatori, per vacanze natalizie di lavoro. Bella scelta, se il calendario avesse avuto anche partitoni dove hanno palazzoni saremmo stati a cavallo.
4 Alle SOCIETA’ spione che hanno fatto circolare la voce sulla chiusura dell’ufficio tesseramenti federali durante un periodo di attività agonistica piena. La Federpanieri incauti dice che è sempre stata aperta per abbracciare nuovi pirati del cesto nazionale, allora mentono gli altri. S’impone una indagine federale con smascheramento dei lamentosi a prescindere.
3 Al presidente PETRUCCI che tentenna e fa rispondere ai segretario quando deve inviare la statuetta assegnata al principe Rubini per il museo coi memorabilia dell’ Indimenticabile che si farà a Trieste. Non tutti sono liberi nei giorni in cui comanda il potere romano. C’è anche chi lavora e salta i Basket Day al risparmio, quelli dove si invita la gente senza neppure preoccuparsi di agevolarne il viaggio.
2 Al GADDEFORS della Granarolo che sbanda sul ghiaccio come troppe volte nelle ultime stagioni dopo partenze piacevoli. Lo svedesino è uno dei tanti che si considera di passaggio in questo basket, sicuro di trovare approdo nella NBA. Di illusi ne nasce uno al minuto. Serve lavoro serio, fatica sulla prima parte della scalata, altro che futuro dorato e milionario. Vale per lui e per i tanti, nella stessa Virtus, che parlano a vanvera di destino NBA già scritto. Dove il basket è più feroce del nostro calcio professionistico non hanno l’anello al naso. Magari ti fanno la corte ma poi devi passare l’inferno, come spiegherebbe Datome.
1 A BONICIOLLI e MESSINA, uno reduce dalla via della seta, l’altro a caccia di gloria con l’ottobre rosso del CSKA, perché nelle confessioni natalizie hanno detto di volersi dedicare presto soltanto ai settori giovanili. Basteranno stipendi decorosi e loro si metterenno a servizio. Ci sembra presto, cari generali dell’Est. Certo che abbiamo bisogno di ritrovare i maestri come li hanno avuti Milano, Cantù, Pesaro, Livorno, Roma, il Veneto in generale, molte scuole da Brindisi a Rieti poi non fiorite per povertà, ma non possiamo neppure rinunciare ad avere in prima linea chi ha spalle, cultura e talento per reggere l’urto con chi sta fuori.
0 All’arbitro SAHIN perché quando arriva lui le partite filano via quasi sempre lisce come l’ultima fra Siena e Caserta. Movimenti un po’ la scena anche se tre falli antisportivi dovrebbero avere placato la sete di sanzioni punitive del vertice. Comunque sia fra tanti arbitracci visti in giro, tremendi quelli di Avellino, a Milano si sono notati il lungagnone torinese Quarta ed il frizzante Di Francesco guidati da Cerebuch. Certo partita facile, ma abbiamo visto rovinare anche delle amichevoli da certi direttori di gara nati in epoche sbagliate dove alla competenza si è unita l’arroganza.