Libri
Annientare, Houellebecq per l’estate
Stefano Olivari 23/06/2022
Facciamo sempre più fatica a finire i libri di Michel Houellebecq e si ha la sensazione che anche lo scrittore francese ormai si inventi qualsiasi cosa per allungare il brodo. Annientare rientra in questo naturale declino, vuoto come Serotonina e senza nemmeno la capacità di creare dibattito mediatico che aveva Sottomissione. Uscito lo scorso gennaio, in Italia per La Nave di Teseo, senza un vero perché volevamo tenercelo per l’estate ma non abbiamo resistito e in omaggio ad uno scrittore di cui abbiamo letto addirittura le poesie (punto di non ritorno del piccolo fan) l’abbiamo terminato da poco. Ecco, è un libro per l’estate, nel senso di libro per chi non legge nelle altre stagioni, scritto in maniera così piatta da non far perdere mai il filo fra una grigliata e la lettura del valzer dei portieri.
Il protagonista si chiama Paul Raison, consigliere del ministro delle finanze, ed il romanzo è ambientato nel 2027, a ridosso delle elezioni presidenziali francesi. Houellebecq in Annientare va per accumulo: un’organizzazione di hacker che tiene sotto scacco la Francia e non soltanto, gli alti e bassi del matrimonio di Paul con Prudence, le strategie politiche per isolare candidati sgraditi al sistema, la malattia ed in generale il sistema sanitario, i tanti non detti di famiglia (con colpi di scena telefonati, indegni della sua classe), il passato del padre nei servizi segreti, la disoccupazione, il contrasto fra città e provincia, il mistero del desiderio sessuale, la religione come rifugio e tanto altro. Con sottostorie che si aprono senza chiudersi mai, prima fra tutte quella degli hacker, con il problema comune di non essere appassionanti. Alla fine Houellebecq gioca con il suo stesso cinismo, senza dire mai qualcosa di forte.
Annientare è pieno di riferimenti ed ammiccamenti all’attualità francese, con messaggi in codice da intellettuale inserito nel sistema. Non è evidentemente lo Houellebecq che abbiamo amato: quello iper-nichilista delle Particelle elementari, capace di creare uno stile inimitabile, quello provocatorio di Piattaforma, ed anche quello ironico ed amaro di La carta e il territorio, che in fondo è un libro del 2010 e non del Medio Evo. Il problema non è essere divisivi o meno, ma avere qualcosa da dire. Un giornalista se la può cavare fotografando o riciclando l’attualità, uno scrittore no. Il miglior Houellebecq si trova ormai soltanto nelle interviste: nell’era del politicamente corretto lui rimane un gigante.
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