Libri
30 aprile 1993, monetine contro il gigante Craxi
Stefano Olivari 15/06/2021
La Prima Repubblica in Italia ha un inizio difficile da discutere, quello del referendum con la monarchia, e una fine più vaga: per qualcuno la caduta del Muro di Berlino, per altri le elezioni del 1994, per altri ancora più creativi l’uccisione di Moro o il governo Lega-5 Stelle, ma la maggioranza fa coincidere la fine di quest’epoca con Mani Pulite, o Tangentopoli che dir si voglia. Per questo Filippo Facci nel suo 30 aprile 1993 mette il linciaggio di Bettino Craxi in una prospettiva storica, anche se quelle monetine tirate da post-comunisti e post-fascisti alla sua uscita dall’Hotel Raphael, il giorno dopo che il Parlamento negò alcune autorizzazioni a procedere nei suoi confronti, furono una vergogna italiana già nel presente.
Il libro di Facci non propone una tesi nuova e del resto che quasi tutti i principali partiti della Prima Repubblica, Democrazia Cristiana e Partito Socialista in testa, siano stati azzerati per via giudiziaria non è nemmeno una tesi ma la realtà. Il tutto per almeno un paio d’anni fra gli applausi all’unanimità dei media: quelli di sinistra e quelli di destra, con menzione speciale per le reti Fininvest visto che Berlusconi per molto tempo rimase convinto che dall’azzeramento dei partiti lui in quanto ‘antipolitico’ avrebbe avuto tutto da guadagnare. Forse l’unica ingenuità della sua vita.
Facci, che nasce come cronista dell’Avanti negli ultimi anni del Partito Socialista, racconta molto bene questa parte e lo fa in maniera stupendamente impopolare. Visto che in un certo punto del libro lui, fra i principali critici di Mani Pulite e comunque nemico del giustizialismo, dà nella sostanza ragione a Davigo quando il magistrato afferma che le indagini ebbero il loro limite proprio nella diffusione dell’illegalità (memorabile il momento in cui si scoprì la corruzione di gran parte della Guardia di Finanza) e nella scarsa riprovazione sociale nei confronti di essa. Quando si passò dall’ammanettare i ‘Politici ladri’, quella che qualche anno dopo sarebbe stata chiamata ‘Casta’, al perseguire i comportamenti delle persone comuni (Davigo fa l’esempio di chi pagava milioni di lire per evitare il servizio militare), il medio cittadino che vuole accelerare una pratica, allora la musica mediatica cambiò. Tutto questo al di là degli intoccabili della situazione, dal PDS ex PCI ad alcune grandi aziende come la FIAT.
30 aprile 1993 – Bettino Craxi, l’ultimo giorno di una Repubblica e la fine di una politica, edito da Marsilio, è ovviamente anche e soprattutto un libro sulla fine di Craxi, con il quale l’autore ha avuto anche un rapporto personale nel momento della perdita del potere. Gigante convinto della superiorità della politica e dell’ipocrisia del suo finanziamento, primo a parlarne apertamente in un discorso che oggi pare ovvio ma che con il metro del tempo apparve quasi eversivo. Come nota Facci, la distruzione giudiziaria del craxismo e di un’idea di socialismo (lo stesso Craxi diceva ironicamente “Nessuno ha capito cosa sia il socialismo”) ha portato a quasi un trentennio di Italia senza un partito socialista, senza un partito liberale, senza un partito democratico cristiano, senza un partito ambientalista con numeri significativi. Cadute le ideologie, sono mancate anche le idee.
Gli spunti sono così tanti che di materiale ce ne sarebbe stato per tre libri: dalle ambiguità di Di Pietro ai consigli chiesti da Berlusconi a Craxi prima della creazione di Forza Italia, dalla figura quasi incredibile di Scalfaro (ex ministro di Craxi….) alla destra che prese il treno del giustizialismo per uscire dal ghetto, dagli attacchi della Rete (non il web, ma Leoluca Orlando) a Falcone alle mille leggende metropolitane, come la fontana di piazza Castello portata nella bolla di Hammamet (era in realtà in un deposito del Comune di Milano), dai magistrati inquirenti e poi candidati elettorali, quasi sempre a sinistra, a Blair che copiò il suo programma da quello del PSI, dalla crescente disistima di Craxi nei confronti di Martelli (forse iniziata quando scoprì la sua villa sull’Appia Antica, con i camerieri che servivano in guanti bianchi) ad un attacco concentrico contro la sua persona che uscendo dagli aspetti giudiziari diventò un attacco all’Italia degli anni Ottanta.
Tutto simboleggiato da quella mini-piazzale Loreto del 30 aprile 1993, con il morto rimandato di sei anni, e dalla compattezza di post-fascisti, in quel caso organizzati, e post-comunisti, in quel caso disorganizzati anche se arrivavano da un comizio di Occhetto. Moralisti senza morale, utili idioti che tirarono monetine nel nome di un’Italia inesistente.